La causa potrebbe costare a Big G fino a 3,2 miliardi di sterline
Google torna in tribunale per la vicenda Safari Workaround. Bisogna tornare indietro fino al 2012 per risalire al primo round di questa intricata vicenda giudiziaria. Sei anni fa infatti, la Federal Trade Commission americana accusò Google di aver raccolto illegalmente informazioni relative agli utenti che utilizzavano il browser di Apple sui dispositivi iPhone.
Nello specifico, tra l’agosto 2011 e il febbraio 2012, BigG avrebbe fatto ricorso ai cookie per profilare gli utenti. I dati raccolti, relativi a razza, salute, orientamento politico e sessuale, finanza, abitudini d’acquisto e geolocalizzazione venivano poi usati per affinare le strategie di marketing online. In questo modo, era possibile mostrare agli utenti inserzioni pubblicitarie vicine ai loro interessi.
La falla con cui Google aggirava le protezioni di Safari è stata scoperta all’Università di Stanford, in California, nel 2012.
Dagli USA al Regno Unito
Per chiudere la vicenda Safari Workaround, il gruppo di Mountain View accettò di versare 22,5 milioni di dollari, dopo aver già pagato una multa di 17 milioni a 37 stati americani.
Eppure, oggi si torna a parlare del caso Safari Workaround. Questa volta, nel Regno Unito. Circa 4 milioni e mezzo di utenti facenti parte del gruppo Google You Owe Use (letteralmente, “Google ce lo devi”), infatti, avrebbero intentato una nuova azione collettiva (guidata da Richard Lloyd, ex Which) nei confronti di Google.
Lunedì 21 maggio Google è apparsa nell’aula di un tribunale del Regno Unito per contestare la causa per violazione della privacy che potrebbe costargli un risarcimento milionario. Si parla di 3,2 miliardi di sterline.
Anche in questo caso, secondo l’accusa, tra il mese di giugno 2011 e il mese di febbraio 2012, Big G avrebbe raccolto i dati personali degli utenti a loro insaputa, aggirando le impostazioni sulla privacy di Safari.
Google non vuole risarcire gli utenti
Secondo Lloyd, «quanto fatto da Google [è] semplicemente contro la legge. Le sue azioni hanno colpito milioni di inglesi e gallesi, per questo chiederemo al giudice di garantire che ne sia tenuto conto nelle nostre corti».
Yesterday Richard Lloyd met Google in court for the first time, fighting to ensure our case is heard in the English and Welsh courts. The hearing continues today. Read more about it here: https://t.co/vktt5Bl2TP
— Google You Owe Us (@GoogleYouOweUs) 22 maggio 2018
Dal canto suo, Google non ritiene attendibile l’accusa: «la privacy e la sicurezza dei nostri utenti sono estremamente importanti per noi – ha dichiarato Tom Price, Communications Director di Google UK – Questo caso fa riferimento a eventi che hanno avuto luogo oltre sei anni fa e che abbiamo già risolto all’epoca». Google specifica anche, come sia impossibile stabilire come questa violazione abbia inficiato sulla privacy degli utenti. Sottolineando che, dai dati raccolti era impossibile risalire ai singoli individui e che le informazioni non sono mai state cedute a terze parti.
In ogni caso, in attesa della sentenza, il collettivo Google You Owe Use si sta impegnando in una campagna di sensibilizzazione a favore della riservatezza dei dati e contro Google, rea di non ottemperare alle regole del Data Protection Act britannico.