Ancorato a trenta metri di profondità, dal 1 giugno sono iniziati i test per la praticabilità del progetto Natick, il data center che contiene 864 server
Il presupposto del progetto sta nell’importanza che il cloud computing ha assunto non solo sotto l’aspetto tecnologico. Al giorno d’oggi i data center hanno un ruolo cruciale anche dal punto di vista della crescita economica. Le aziende sono alla continua ricerca di soluzioni per lo storage dei dati affidabili e dalle prestazioni elevate. Allo stesso tempo, c’è la necessità che tali soluzioni siano sostenibili dal punto di vista ambientale. È questo che ha spinto Microsoft a sviluppare Project Natick, il primo data center sottomarino che contiene 864 server completamente alimentati da energia rinnovabile.
Nella Fase 1 del Project Natick, Microsoft ha verificato la fattibilità del progetto; ora l’azienda ha annunciato la Fase 2. Questa servirà al team per monitorare il funzionamento del data center e valutare la praticabilità. Tale praticabilità deve essere verificata sia da un punto di vista economico, che ambientale e logistico.
Un server sul fondo dell’oceano
A inizio mese, Microsoft ha collocato il suo primo data center sottomarino e autosufficiente, sul fondale oceanico vicino alle Isole Orkney in Scozia. Pressappoco delle dimensioni di un container, il data center tubolare contiene 864 server ed è collegato a un grande peso triangolare che lo fissa al fondo marino a oltre 30 metri al di sotto della superficie dell’oceano.
Secondo Microsoft, l’acqua oceanica, in media più fredda dell’aria ambientale, potrebbe abbattere i costi degli impianti di aria condizionata. La vicinanza degli oceani alle città dove risiede la maggior parte degli utilizzatori dei servizi cloud potrebbe inoltre comportare un aumento della velocità di fruizione di tali servizi.
Project Natick (fase 1 e fase 2)
La fase 1 aveva preso il via nel 2015 con un prototipo sperimentale che era stato immerso a un chilometro dalla costa Pacifica degli Stati Uniti, e prosegue ora in Europa con l’implementazione di un data center sottomarino al largo delle Isole Orkney, a nord della Scozia, che sta già processando carichi di lavoro attraverso 12 rack contenenti 864 server. Il sistema richiede un quarto di megawatt per funzionare a pieno ritmo, energia che proviene da fonti rinnovabili.
L’implementazione del data center rappresenta il culmine di uno sforzo di ricerca di quasi quattro anni, con il nome in codice Project Natick, che mira a sviluppare data center implementabili facilmente in grado di supportare i servizi di cloud computing vicino alle principali città. Oltre a ridurre i tempi di realizzazione necessari per creare un data center sul locale da circa due anni a circa tre mesi, il data center sottomarino ha il vantaggio aggiuntivo di un sistema di raffreddamento naturale grazie all’acqua che lo circonda interamente, eliminando uno dei maggiori costi di gestione di un centro dati a terra. Il fondo dell’oceano è anche isolato da molti disastri che potrebbero interessare i data center terrestri, come sabotaggi artificiali o uragani. Al momento tuttavia son ancora sconosciuti i costi di manutenzione di questi impianti e quanto sia complesso intervenire per riparazioni alla struttura o ai server all’interno del contenitore in caso di malfunzionamento.
Le isole Orkney – Scozia
Le isole Orkney sono state una scelta strategica per il primo data center poiché di interesse anche per altri progetti sperimentali di energia rinnovabile. Le isole ospitano il Centro europeo per l’energia marina, che sfrutta l’acqua naturalmente turbolenta per raccogliere l’energia delle maree, oltre a una notevole quantità di energia eolica generata sulla terra per creare il 100% di energia rinnovabile per l’isola. L’EMEC genera più che sufficiente energia per i 10.000 abitanti delle isole e un cavo collegato alla rete di Orkney Island alimenta il centro dati subacqueo di Microsoft.
Project Natick – 1 anno di test
Il team di ricercatori ne monitorerà il funzionamento per un anno, considerando anche la sostenibilità dal punto di vista economico, ambientale e logistico. Il progetto nasce in un orizzonte in cui il Cloud Computing è sempre più utilizzato e rappresenta un volano per la crescita economica, rendendo sempre più centrale il ruolo dei data center. Il posizionamento nell’oceano, inoltre, permette una maggiore contiguità rispetto agli utenti finali, dato che oltre la metà della popolazione vive entro 200 km dalla costa, riducendo così il tempo di latenza (ovvero il tempo necessario ai dati per viaggiare dalla fonte alla destinazione) e offrendo di conseguenza prestazioni migliori.
Secondo i primi test condotti da Microsoft, le capsule genererebbero solo un “quantitativo estremamente piccolo” di calore, poiché l’energia che utilizzano è quella delle correnti marine e non ci sarebbe alcuna dispersione di calore, a parte quella legata alla conversione dell’energia. I ricercatori dell’azienda hanno anche registrato con sensori acustici che il ticchettio delle testine dei dischi e il fruscio delle ventole è sovrastato dal rumore di un singolo gamberetto che nuota vicino la capsula.