L’associazione riunisce i genitori di bambine e ragazze affette da questa patologia, la prima causa di malattia intellettuale femminile. StartupItalia! ha intervistato il communication manager Roberto Turrini
Hanno da poco concluso un workshop a Roma che ha attirato i genitori con le loro bambine e ragazze, e tanti ricercatori provenienti da tutto il mondo. «Alcuni si sono presentati pur non essendo riusciti ad iscriversi: volevano partecipare a tutti i costi, addirittura da Melbourne in Australia». Più di 170 persone riunite per incontrarsi e fare il punto sulle cure mediche e sulle novità dal mondo della ricerca. «Ho taggato in due post su Facebook circa 80 associazioni attive nel mondo per rilanciare l’evento su Facebook: sono arrivati dalla Corea del Sud, dal Canada, dalla Bielorussia». La sindrome di Rett è quotidianità per molti mamma e papà, lavoro e ricerca per altrettanti esperti. E poi c’è un collante, che avvicina in Italia questi mondi. «La Pro-RETT Ricerca è nata come un’associazione di genitori che volevano finanziare la ricerca scientifica». Tutto è partito così, come ha spiegato a StartupItalia! il communication manager Roberto Turrini.
Che cos’è la sindrome di Rett
Dal nome del medico austriaco che per primo la identificò nel 1966, è la prima causa di malattia intellettuale femminile al mondo. Colpisce soprattutto le bambine in tenera età, che a circa due anni manifestano i primi sintomi della patologia. La sindrome di Rett comporta disabilità intellettuale, ipotonia muscolare, tremori, epilessia cronica. Solo nel 1999, grazie al lavoro della dottoressa Huda Zoghby e dei suoi collaboratori a Houston, in Texas, si ottennero le prove definitive: la malattia è provocata da difetti del gene MEPC2, che si trova sul cromosoma sessuale X.
«In Italia era ancora poco conosciuta e così nel 2004 Rita Bernardelli, Laura Rasetti e altre mamme fondano la Pro RETT Ricerca». Senza professionalità al proprio interno, ma soltanto grazie all’impegno quotidiano di genitori che riuscivano a conciliare la cura delle figlie e il lavoro con gli sforzi per l’associazione, Pro RETT Ricerca raggiunge risultati notevoli. Uno su tutti il contributo per l’inaugurazione del San Raffaele Rett Research Center nel 2011, un laboratorio che si occupa unicamente di studi e ricerca sulla patologia nell’omonimo ospedale milanese.
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Pro Rett Ricerca tra social e territorio
«Fino all’ottobre 2017 la gestione della comunicazione si reggeva soltanto sulle mamme e sui papà. E con risultati comunque importanti». Roberto Turrini è finora l’unico collaboratore esterno (non ricercatore) dentro Pro RETT Ricerca, per la quale si sta occupando di social innovation e fundraising online. «Quando ho iniziato, la reach organica, ovvero le persone raggiunte dai post pubblicati sulla pagina Facebook, era del 40% senza alcuna sponsorizzazione. In Italia la media è del 10%». A inizio ottobre i “mi piace” superano i 2mila, non tanti se si fanno confronti (improvvisati). «Ma è la copertura totale sul target di riferimento che fa la differenza, perché ci dimostra quanto sia importante questa piattaforma innanzitutto per le famiglie: qui sanno di trovare informazioni e aggiornamenti».
Sempre su Facebook è possibile fare una donazione a Pro Rett Ricerca, associazione che ad oggi riesce già a sostenere la ricerca scientifica nei laboratori del San Raffaele Rett Reasearch Center, in quello di Biologia Cellulare e Molecolare Applicare alla Patologie del Neurosviluppo dell’Università degli Studi di Milano e tramite Fondazione Umberto Veronesi, che erogherà una borsa di ricerca specifica sulla sindrome. L’associazione dal 2011 ha poi finanziato con borse di ricerca pluriennali 8 ricercatori e sostenuto per diversi anni lo stipendio di 6 ricercatori senior, alcuni dei quali rientrati dall’estero.
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«Le donazioni vengono destinate soprattutto alla ricerca, visti i costi molto alti – spiega il communication manager – Solo con l’online non sarebbe possibile sostenere tutto questo: la raccolta fondi sul territorio durante gli eventi resta fondamentale». I genitori e chi dona lo sanno: i passi avanti sono alla portata di una ricerca scientifica sostenuta e valorizzata. Nel 2007 si è scoperta la non irreversibilità della sindrome di Rett e dal prossimo anno, grazie a milioni di dollari raccolti, inizierà negli Usa una sperimentazione che tenterà di dare nuove risposte.