Anche la Premier League ha ufficializzato l’introduzione del Video Assistant Referee a partire dalla prossima stagione. E la UEFA pensa ad anticipare il lancio in Champions League
Il VAR ha vinto, contro tutto e tutti. A cadere sotto i colpi di un sistema che permette di supportare le decisioni dell’arbitro e al contempo bloccare l’istinto alla protesta dei tifosi è stata anche l’ultimo baluardo del calcio anti tecnologia. La Premier League ha confermato, infatti, che a partire dalla prossima stagione il Video Assistant Referee sarà presente su tutti i campi del massimo campionato inglese, replicando quanto già avviene nelle sfide di FA Cup e Coppa di Lega. E se le prime spine sono spuntate subito – perché club come Liverpool e Manchester United non hanno nei rispettivi stadi i maxischermi necessari a mostrare le immagini ai tifosi – la linea è tracciata e indietro non si torna. Anche perché dopo le resistenze delle stesse compagini, quando l’anno scorso Italia e Germania hanno anticipato tutti sul ricorso allo strumento tecnologico, dopo le tante decisione errate dei fischietti sono state proprio le stesse società ad aver stabilito quanto fosse necessario rimettersi al passo con i tempi.
Polemiche zero
Gli errori degli arbitri sono i migliori alleati per la diffusione del VAR su grande scala (il cui uso, è bene chiarire, deve comunque essere perfezionato), perché davanti al vorticoso giro di soldi che pompa il sistema calcio nessun club può più rischiare di veder rovinata una stagione da un rigore, un fallo o un fuorigioco assegnato o non concesso. Ecco, quindi, che il recente penalty assegnato dall’esperto arbitro Kassai al Manchester City nel match interno contro lo Shakhtar Donetsk per una caduta in area di rigore di Sterling in procinto di battere a rete, provocata dallo stesso giocatore senza nessun contatto con un avversario, è diventato un caso internazionale con la stampa inglese che ha calcato la mano in nome del sacro VAR.
Dopo le forti proteste juventine e quelle del Bayer Monaco dello scorso anno, in entrambe le occasioni per decisioni arbitrali favorevoli all’avversario di turno (il Real Madrid poi laureatosi campione d’Europa per la quarta volta in cinque anni), l’ennesima ondata di polemiche si è abbattuta sull’UEFA: che a quanto pare potrebbe regalare una clamorosa sorpresa.
Anche UEFA ha detto sì
Costretto a tornare sui propri passi, lo sloveno Aleksander Ceferin (presidente del massimo organo calcistico europeo) aveva annunciato lo scorso settembre che dall’edizione 2019-2020 il VAR sarebbe stato utilizzato finalmente anche in Champions League (e nella Supercoppa Europea), a partire dagli spareggi del turno preliminare per l’accesso alla prima fase a gironi, mentre l’anno successivo toccherà agli Europei 2020 e all’Europa League. Per questo negli ultimi due mesi la UEFA ha organizzato due raduni per gli arbitri appartenenti a federazioni calcistiche ancora sprovviste della moviola a bordo campo, che sotto la guida di Roberto Rosetti (capo arbitro UEFA) hanno cominciato a sperimentare e prendere confidenza con il mezzo tecnologico.
“Questo è un progetto che ha bisogno di tempo e preparazione, perché è essenziale avere continuità e uniformità per parlare una sola lingua”, ha spiegato l’ex arbitro italiano. La pressione esercitata da diversi grandi club e la necessità di silenziare eventuali proteste nella fase calda della manifestazione potrebbero portare la UEFA ad accelerare i tempi, lanciando il VAR a partire dagli ottavi di finale in programma il prossimo febbraio. L’appuntamento cruciale per capire se ciò sarà realmente fattibile è in programma il 3 dicembre, quando a Dublino si riunirà il Comitato Esecutivo per decidere sulla questione, tenendo a mente che le difficoltà maggiori non riguardano se affidarsi o meno all’assistente video, bensì problematiche tecnologiche per implementare il sistema. Intanto il primo passo ufficiale è imminente, perché martedì l’amichevole che si disputerà a Genk (Belgio) tra Italia e Stati Uniti sarà il primo match in cui la UEFA sperimenterà il VAR (nota curiosa: anche il battesimo VAR della Fifa, nel 2016, vide in campo l’Italia a Bari contro la Francia).
I vantaggi della tecnologia applicata allo sport
Con Serie A, Liga, Ligue 1, Bundesliga, Eredivisie, la Liga portoghese, la Major League Soccer statunitense, i campionati di Australia e Messico, la Copa Libertadores, i Mondiali e nei prossimi mesi la Premier league e pure la Coppa d’Asia a regime, l’affermazione del VAR come elemento necessario per una manifestazione calcistica è definitiva: oltre ad aiutare gli arbitri a prendere la decisone corretta, riducendo quindi gli errori in favore della giustizia pallonara, per dirla con le parole di Antonio Conte la forza del VAR sta nel “predisporre giocatori e pubblico ad accettare senza discussioni una decisione”.
E non c’è nulla da aggiungere, se non limitarsi a ricordare che in tanti sport la tecnologia è già entrata per dirimere situazioni complesse o impossibili da vedere per l’occhio umano. La moviola in campo nel rugby (con la differenza rispetto al VAR che il ricorso alle immagini può essere chiesto solo dal direttore di gara), l’instant replay nel basket, non solo NBA, utile per determinare ad esempio la validità di un tiro, l’assegnazione di una rimessa o un tipo di fallo. E per restare al calcio anche la Goal Line Technology, con una notifica in arrivo sullo smartwatch al polso dell’arbitro che un secondo dopo il tiro avvisa se il pallone ha oltrepassato o meno la linea: sono solo alcun esempi popolari e illuminanti per scacciare qualsiasi muro contrario all’utilizzo di strumenti tecnologici nel mondo dello sport.