Il MIUR ha reso noti i dati che riguardano i dottorati innovativi con caratterizzazione industriale. Tanti i progetti di ricerca, che mirano a creare un’alleanza con le industrie e che spaziano dall’ambiente alla medicina all’industria 4.0
Sono state ben 166 le borse di dottorati Innovativi a caratterizzazione industriale attivate con il XXXII ciclo di dottorati del 2016. Le borse sono state finanziate con 20 milioni di euro provenienti dal Programma Operativo Nazionale (PON) Ricerca e Innovazione 2014-2020. La percentuale maggiore delle borse è andata alle donne. Per il prossimo ciclo sono stati messi a disposizione 42 milioni di euro e sono state presentate 717 domande, che al momento sono in fase di valutazione presso l’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca). Durante l’evento annuale dedicato al PON sono anche sati presentati alcuni progetti, che spaziano dall’ambiente all’industria 4.0 fino alla ricerca nel campo della medicina.
Più borse di studio alle donne
Secondo i dati diffusi nei giorni scorsi dal MIUR, sono state attivate 166 borse delle quali il 74% (123 borse) a Regioni in ritardo di sviluppo e il 26% (43 borse) a Regioni in transizione. Complessivamente i finanziamenti (20 milioni di euro) hanno riguardato 26 atenei, statali e non statali, delle otto Regioni target del PON e sono stati così ripartiti: Campania: 33%, Puglia: 18%, Sicilia: 14%, Abruzzo: 13%, Sardegna: 11%, Calabria: 7%, Basilicata: 2% e Sardegna 1%. Il 56% delle 166 borse è andato a ricercatrici e il restante 44% a ricercatori. La prevalenza femminile si è registrata in particolare in Campania (67%), Calabria (58%) e Sicilia (57%). Le attività finanziate si svolgono per il 53% negli atenei, il 26% all’estero e il 21% nelle imprese partner.
Ricerca e impresa: una sinergia vincente
Il fatto che le imprese siano parte dei progetti di ricerca è un fattore importantissimo per una società in continua evoluzione. La collaborazione tra ricercatori e imprese, infatti, permette la conciliazione tra ricerca e business; conseguentemente, questa sinergia non può che portare a uno sviluppo positivo della società sia dal punto di vista sociale e di ricerca sia dal punto di vista economico. Va detto che, nonostante stia crescendo l’attenzione da parte delle aziende verso la ricerca, i ricercatori addetti alla R&S nelle imprese sono ancora pochi.
Stando al report Istat sulla Ricerca e Sviluppo reso noto lo scorso novembre e che fa riferimento al 2015, i ricercatori, espressi in unità equivalenti a tempo pieno, rappresentano complessivamente il 48,6% del totale degli addetti alla R&S, con un peso crescente sul totale addetti (+1,2 punti percentuali) rispetto al 2014. È nelle istituzioni non profit che si rileva l’incidenza maggiore (71,5%). Seguono le università con una quota pari al 63,5%, le istituzioni pubbliche con il 55,8% e, infine, le imprese con il 36,9%. Fa ben sperare la forte componente femminile per quanto riguarda le borse di studio. Sempre secondo i dati Istat, la quota femminile nell’attività di R&S si riduce si riduce sensibilmente nelle imprese (circa il 21%) ma è elevata nel settore pubblico – dove sfiora quasi la metà del totale addetti – e in quello privato non profit, in cui le donne sono la maggioranza del personale (superano il 55%). Il fatto che più della metà delle borse di studio sia stata recepita dalle donne è un buon segnale e fa sperare in un maggiore coinvolgimento della componente femminile anche nelle imprese.
Dodici aree di intervento
Sono dodici le aree di intervento nelle quali ricadono i progetti di ricerca finanziati: aerospazio, agrifood, blue growth, chimica verde, design-creatività e Made in Italy, energia, fabbrica intelligente, mobilità sostenibile, salute, smart-secure and inclusive communities, tecnologie per gli ambienti di vita e tecnologie per il patrimonio culturale. Tutti i progetti di ricerca e le relative borse devono garantire il rispetto di quattro caratteristiche fondamentali: sostenibilità ambientale, sviluppo sostenibile, pari opportunità, accessibilità per le persone disabili. Sono solo alcuni i progetti di ricerca presentati dal MIUR e disponibili sul canale YouTube di Research Italy, il portale del Miur dedicato alla ricerca ma sono significativi per una società più consapevole e innovativa, nel rispetto dell’ambiente e dell’uomo.
Ricerca medica e impresa: i progetti di Aldo Marzullo e Mohammad El Khatib
Aldo Marzullo (Università degli studi di Calabria) si occupa, dello sviluppo di algoritmi nel contesto biomedico per la classificazione e prevenzione di particolari patologie, per esempio la sclerosi multipla. Nel campo della ricerca medica, le aziende assumono un ruolo centrale, come sottolinea Aldo nel video del MIUR: “Credo che le aziende possano costruire un ponte tra quello che è la ricerca puramente accademica – che si focalizza sulla ricerca di nuove tecniche per migliorare le performance di particolari algoritmi o comunque di tecniche già esistenti – e la concretizzazione di queste tecniche per un uso pratico; quindi l’azienda può fornire i metodi necessari per dare la possibilità a tutti gli utenti di usufruire di questi algoritmi che noi sviluppiamo e che si spera non rimangano un concetto puramente teorico ma vadano effettivamente a migliorare la vita degli utenti che li utilizzano”. Mohammad El Khatib (Università degli studi di Teramo) studia biomateriali per curare le tendinopatie. “Questa è una patologia che può interessare varie tipologie di pazienti, ad altissima incidenza. Ogni anno circa 30 milioni di casi di persone nel mondo son affette dalle tendinopatie”. Anche in questo caso, dunque, ricerca e impresa tesseranno un’alleanza vincente.
La produzione a zero difetti di Massimiliano De Martino
L’industria 4.0 è la protagonista del progetto di ricerca di Massimiliano De Martino, Università di Napoli Federico II. Il suo progetto di ricerca mira a creare un modello di produzione sostenibile ‘zero defect manufactoring’ in ambito industria 4.0, cioè una produzione a zero difetti e quindi sostenibile. “Sappiamo che l’industria 4.0 si basa su una serie di pilastri; uno di questi è proprio l’approccio sostenibile alla produzione – dichiara ai microfoni del MIUR – Miriamo a un approccio sostenibile attraverso una produzione senza difetti”. Il progetto si concluderà con una sperimentazione sul campo.
Ambiente e territorio nei progetti di Manuela Mauro e Marina Zingaro
Manuela Mauro (Università degli studi di Palermo) punta a un progetto dedicato allo sfruttamento ecosostenibile ed equilibrato dei fondali. “Nel corso della storia – racconta – l’uomo ha sempre sfruttato le risorse, soprattutto le facilmente reperibili, che la natura gli ha offerto; ma questo sfruttamento non è avvenuto con equilibrio tra lo sfruttamento e la rigenerazione delle risorse stesse. Con la crescita della popolazione mondiale e con la necessità di elementi fondamentali per la nostra sopravvivenza, l’uomo ha cercato ulteriori risorse che ha trovato nelle profondità oceaniche. Tuttavia questo sfruttamento non ha una vera e propria regolamentazione alla base che sostenga uno sfruttamento ecosostenibile della biodiversità”. Con il supporto delle industrie partner, Manuela proverà a trovare una soluzione partendo da varie analisi. Il progetto di Marina Zingaro (Università di Bari) è finalizzato alla realizzazione di un sistema di monitoraggio per gli eventi alluvionali, che sia utile alla società. “Il ruolo delle aziende è fondamentale, perché l’azienda prevede un lavoro nella quotidianità che consente di finalizzare la ricerca alla produzione di un servizio, di un’applicazione di uno strumento che possa essere utilizzabile, che possa essere immerso nel mercato; quindi consente di creare un ponte con l’ambito academico e consente al dottorando di potersi servire di questa ricerca per produrre un servizio utile”.