Galileo, Joule ed Edison spariscono dal catalogo dei prodotti in vendita. Non hanno retto la concorrenza di Raspberry e la schiera delle schede Arduino. Ma non è detta l’ultima parola per Santa Clara che mantiene in produzione Curie
Il primo chip della serie era stato fatto debuttare proprio in Italia, a Roma durante la prima Maker Fair di questa sponda dell’Atlantico: si chiama, o meglio ormai si dovrebbe dire si chiamava, Galileo e nelle intenzioni di Intel avrebbe dovuto costituire il primo capitolo di una nuova storia che vedeva il chipmaker impegnato in un settore fino a quel punto mai battuto e con interessanti prospettive di crescita. La scorciatoia per entrare nel mondo della Internet of Things (IoT), però, non sembra aver funzionato: Intel ha deciso di tagliare l’intero programma di chip pensati per i maker, in una sorta di pulizia di primavera un po’ in ritardo sui tempi.
Si salva solo Curie
Una mossa particolarmente significativa, anche considerato che Joule era stato lanciato meno di un anno fa all’IDF di San Francisco: era il più potente dei chip della serie, basato su tecnologia Atom, con 4GB di RAM e supporto ai video in risoluzione 4K, con WiFi a bordo e circuiti dedicati al supporto del riconoscimento facciale e del linguaggio naturale. Potenzialmente Joule avrebbe potuto costituire ben più che un semplice chip per applicazioni amatoriali, aveva tutte le potenzialità per svolgere un compito all’altezza di complessi progetti di robotica o altro.
In ogni caso Intel non sembra intenzionata a rassegnarsi: ottenere uno spazio e una rilevanza, seppur minima, in questo settore significa guadagnarsi un posto al sole in prospettiva nel promettente mondo dell’IoT e in generale nel panorama dei dispositivi connessi. Per questo resta in produzione Curie, un prodotto pensato per i wearable. Sulla rampa di lancio c’è anche una risposta diretta al principale concorrente su piazza: in autunno debutterà Minnowboard 3, una scheda basata su un Atom e pensata proprio per gareggiare testa a testa in prestazioni e funzioni con Raspberry PI 3.
Una ritirata strategica?
È un periodo di profonde ristrutturazioni in casa Intel: Santa Clara ha perso il treno del mobile, dove i chip basati sull’architettura ARM non hanno praticamente rival. Tiene nel mercato dei pc, che pure è però ormai saturo e non consente particolari crescite nel medio-lungo periodo. Infine, c’è il capitolo server, dove sta affrontando vecchi e nuovi concorrenti incarnati di volta in volta da AMD o da nuove soluzioni a basso consumo ancora basate su architettura ARM. C’è molta carne a cuocere, e Intel non vuole farsi trovare impreparata: l’acquisizione di Altera, che ormai compie due anni, è servita proprio ad aprire un nuovo fronte nel settore dei FPGA (field programmable gate array), e non c’è spazio per tentennamenti in tutti i settori appena elencati dove ci sono comunque posizioni importanti da difendere.
In questa prospettiva, l’idea di tagliare rami secchi o almeno non particolarmente floridi ha assolutamente senso: si risparmiano risorse preziose, sia sul piano della produzione che della progettazione, e si può dedicare maggiore attenzione alle sfide che sono effettivamente alla portata di Intel. Vedremo poi se questo sarà un ripiegamento definitivo, un addio vero e proprio alle speranze di entrare dalla porta principale nel mondo IoT, o se invece si tratterà soltanto di una ritirata strategica per rilanciare in un secondo momento l’offensiva.