Un bando da 30 milioni lanciato dal MIUR nel 2013 si è concluso in un pantano dove perdono tutti. Le imprese, i giovani che ci hanno creduto. E le istituzioni, incapaci di capire le logiche di chi fa innovazione
«Le garantisco che le notti insonni sono un problema comune a molti soggetti beneficiari come noi del bando Start Up, la cui urgenza non è semplicemente quella di risolvere i problemi di ordine burocratico, quanto piuttosto di evitare il fallimento delle proprie attività». Si legge così in un carteggio tra i vincitori del bando Start Up e i funzionari del ministero dell’Istruzione dell’università e la ricerca (da ora in poi MIUR). Un bando del 2013. Da 30 milioni di euro. Pensato per far nascere attività imprenditoriali innovative nel Sud Italia. E finito in un pantano burocratico che rischia di far fallire molte delle 38 aziende che lo hanno vinto.
Il carteggio che Startupitalia.eu ha avuto la possibilità di leggere risale a 15 giorni fa. Quando il MIUR ha comunicato che le carte necessarie per ottenere i finanziamenti avrebbero avuto un rallentamento in nome dell’«interesse del Paese». Niente certificati, niente soldi. E progetti di impresa innovativa che rischiano di naufragare, dietro la lentezza della burocrazia, la miopia delle banche, e il mercato, che dopo 3 anni rischia di non dare più valore all’innovazione di quei progetti. Mai decollati davvero.
Come funzionava il bando Start Up del MIUR
A marzo 2013 il MIUR lancia il bando Start Up. «30 milioni per innovare l’Italia» diceva il payoff del bando. Oggi suona quasi ironico. Il ministero si impegnava a garantire l’80% delle spese previste da ogni progetto, tramite prestiti affidati a istituti di credito accreditati. Sono stati approvati 38 i progetti ad «alto tasso di innovazione» (dai big data alla social innovation), inseriti nelle graduatorie a luglio dello stesso anno.
Ma la speranza dei vincitori di vedere decollare la propria attività si è dovuta da subito arenare in una serie di ritardi. A partire da quelli per l’approvazione delle linee guida del bando, necessarie a capire come rendicontare le spese. Da quanto ci risulta non sono state pubblicate prima di una decina di mesi dalle graduatorie. E poi quelli dovuti alla firma dell’atto d’obbligo, il contratto tra aziende e ministero che sancisce l’effettiva accettazione del finanziamento. Un foglio di carta necessario per andare in banca e chiedere i soldi, un foglio di carta che garantiva la copertura del dicastero dell’istruzione.
Un indebitamento a rimborso che fa soffrire le aziende
Il bando Start Up è un bando a rimborso. In sostanza chi vince un bando del genere lo fa con un progetto di investimento. In ricerca, prodotto, personale. Tutte le spese vanno indicate di volta in volta in una serie di documenti da presentare ai tecnici del ministero. Si chiamano SAL (stato avanzamento lavori). I SAL vanno poi approvati dai tecnici dell’ufficio Unico. E da lì riconoscono le somme da restituire. Ma per avere i soldi indietro quei soldi vanno anticipati. Chiedendo una fideiussione in banca e accendendo un mutuo. Impegnando le proprie finanze personali. Il proprio patrimonio. La propria casa. O quella dei propri genitori, come è successo ai più giovani.
I ritardi del ministero
Ora, i ritardi del ministero si sono accumulati su tutta la linea. Dalla guida per ottenere i finanziamenti ai SAL. E a questi si aggiungono le difficoltà del rapporto tra startup e banche, che nel loro screening delle aziende applicano alle neoimprese un’analisi dello stato patrimoniale tipico delle aziende normali. Difficile che scuciano un centesimo se non davanti ad un impegno personale forte dei richiedenti, nonostante la copertura del ministero. Un mix esplosivo di lentezza, burocrazia, istituti di credito poco familiari alle logiche delle startup (un tema che su Startupitalia.eu abbiamo affrontato spesso) che hanno causato una situazione per molti insostenibile. Che non è vicina ad una soluzione. Abbiamo provato a chiedere al ministero di chiarirci la situazione, ma gli attori di questa vicenda non sono stati autorizzati a rilasciarci interviste.
A soffrire soprattutto le startup under 30
Ad oggi secondo i rappresentati del Tavolo Tecnico istituito dal ministero, e rappresentato per le aziende da Antonio Gentile, solo il 20% dei finanziamenti istituiti sono andati alle aziende. Stando a quanto risulta a StartupItalia.eu più della metà dei vincitori non hanno ottenuto nemmeno un saldo del SAL. Pur essendosi esposti con le banche. E chi ha ottenuto i soldi sono i progetti più strutturati, fatti da newco spesso con alle spalle imprenditori esperti. E aziende con le spalle più robuste. Startup, ma non di startupper. Che hanno assunto persone, investito patrimoni personali come gli altri, ma che forse erano la parte che meno ha sofferto i ritardi.
Una parte dei progetti oggi non avrebbe comunque futuro
Dietro di loro ci sono le decine di progetti di ragazzi, una parte del bando era indirizzato ad under 30, e sono loro che maggiormente hanno sofferto, soffrono questi ritardi. Quelli che avrebbero dovuto portare l’Italia nel futuro dell’innovazione. Da quanto è emerso parlando con chi il bando lo ha vinto, una buona parte dei progetti vincitori sono sull’orlo del fallimento. E molti fallirebbero comunque. Perché un’idea innovativa nel 2013 oggi o si è fatta un mercato oppure è vecchia. O è stata spazzata via da un mercato dell’innovazione che non aspetta le firme dei dicasteri.
Arcangelo Rociola
@arcamasilum