I finanziamenti alle startup che si occupano di aeromobili a pilotaggio remoto calano del 59% anno su anno e del 48% sul trimestre precedente. Ora la partita tra i grandi player si gioca tutta sul software
L’amore per i droni è già finito? Certo che no, ma le cose non vanno più così clamorosamente bene come qualche mese fa. Per “cose”, ovviamente, s’intende il flusso di finanziamenti in arrivo verso le startup che si occupano di quadricotteri, piccoli velivoli a comando umano o simili apparecchi. Stando all’ultimo report di Venture Pulse, un documento trimestrale sulle tendenze del venture capital firmato dal colosso Kpmg International e CB Insights (due delle sigle più autorevoli nel settore) quel flusso è calato del 59% anno su anno nel terzo trimestre (luglio-settembre) e del 48% sul trimestre immediatamente precedente (aprile-giugno).
55 milioni di dollari investiti nel 2016, 134 nel 2015
Numeri peggiori del contesto generale del VC mondiale, dove i fondi sarebbero calati del 39% rispetto allo stesso periodo del 2015 e del 14% su quello precedente. Sono stati 55 i milioni di dollari investiti in otto round relativi all’industria dei droni nel terzo trimestre. Nel periodo precedente erano stati quasi 106 e gli accordi 13. Sul 2015, invece, a fronte di un round in meno (12) i capitali finiti in quest’ambito ammontavano a 134 milioni di dollari. Insomma, qualcosa sta cambiando, la febbre (forse) sta passando, come spesso capita, per concentrare le risorse sui progetti più solidi. E cambiare approccio.
Cosa sta succedendo
«Nel 2015 erano tutti supereccitati sui droni – spiega Alex Niehenke di Scale Venture Partners – adesso tocca ai leader di mercato». Uno su tutti Dji, valutata 8 miliardi di dollari e player principale del settore col 70% delle vendite secondo Forbes. Per Natale è atteso il suo drone pieghevole Mavic Pro (anche se è un po’ in ritardo). Fra le delusioni, invece, la 3D Robotics di Jordi Muñoz e soci.
La partita sul software
Ora, dopo quella sull’hardware, si apre la partita sul software. Bisognerà capire chi riuscirà a far volare questi apparecchi il più intelligentemente possibile per cogliere le possibilità che (negli Stati Uniti, altrove il settore è ancora ristretto) la Federal Aviation Administration ha stabilito in merito allo sfruttamento commerciale. Sulla base di regole a quanto pare piuttosto accessibili, che spalancano davvero un settore al di là delle boutade di Amazon & co.
Insomma, «le barriere all’ingresso sono molto più basse», ha spiegato Ron Stearns, business development director per la robotica Robotics e i sistemi autonomi al Velocity Group. Ora bisogna iniziare a fare sul serio.