Dalla capacità dei cittadini di fruire di uno spazio che sarà aperto a tutti potranno derivare anche nuove possibilità lavorative, a Taranto un crowdfunding pubblico per ripensare l’industria cittadina
Dall’industria pesante e spersonalizzante, quella d’acciaio, all’artigianato digitale, leggero, originale e appassionato. La rinascita di Taranto può passare anche da qui, da un piccolo laboratorio dove i maker della zona possono confrontarsi, condividere e collaborare per la realizzazione dei loro progetti. Un mini FabLab, messo in piedi con il contributo economico dei cittadini e ospitato da uno dei palazzi storici della città Vecchia. È questo (per ora) il sogno che guida la campagna di crowdfunding civico lanciata lo scorso 2 maggio dal Comune di Taranto per il progetto NEXTaranto. L’obiettivo da raggiungere è la raccolta di almeno 15 mila euro, da destinare poi all’acquisto dell’attrezzatura necessaria per un Fabrication Laboratory (appunto FabLab), un luogo che per definizione del Mit di Boston, dove è nato nel 2001, è quello in cui “gli oggetti fisici nascono a partire dalle loro rappresentazioni digitali grazie a macchine e dispositivi tecnologicamente avanzati”.
Rivoluzionare la città industriale e farla diventare la prima FAB-CITY d’Italia
L’industria del futuro “non sarà come quella che conosciamo oggi ma sarà sostenibile, intelligente, efficiente e connessa e Taranto, da sempre caratterizzata dal rapporto conflittuale tra città-fabbrica, vuole proiettare nel futuro e rivoluzionare la sua connotazione di “città industriale” proponendosi come prima FAB-CITY in Italia”, si legge nella presentazione del progetto che fra gli obiettivi da raggiungere – al di là di quello meramente economico, ma indispensabile – vanta: la volontà di diffondere la conoscenza delle potenzialità della cultura digitale e in particolare dell’artigianato digitale ad un pubblico vasto, l’utilizzo della leva culturale e dell’innovazione per perseguire la coesione sociale, lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo e la realizzazione di opere e infrastrutture di pubblica utilità, destinate a permanere sul territorio a servizio della collettività.
Abbiamo intervistato Nanni Greco che si occupa della gestione dei social di NEXTaranto ed è fra gli organizzatori del progetto, per capire meglio qual è l’apporto che il Comune presta all’iniziativa e quali saranno le ricadute sul territorio:
Quando è nato il progetto e da chi partito?
«Abbiamo contattato il Comune per la prima volta nel dicembre 2014 ma l’idea si è finalmente concretizzata solo a luglio dell’anno scorso con una delibera comunale, nella quale viene manifestato l’indirizzo politico-amministrativo di procedere all’attivazione del percorso progettuale “NEXTaranto”, per la realizzazione di una rete di FabLab cittadina. Contestualmente sono stati assegnati alcuni locali di Palazzo d’Aquino per la realizzazione di un FabLab. I primi promotori sono stati Alessandro Spinelli, Barbara Scozzi e Cosimo Palmisano; a questi si sono aggiunti Giuseppe Cavallo, Nanni Greco, Marcella Loporchio Luca Grillo, Mattia Greco e altri se ne aggiungeranno a breve».
C’è un minimo di supporto economico dal Comune di Taranto?
«Trattandosi di una campagna di crowdfunding, il nostro desiderio è naturalmente che i contributi arrivino dal basso, dai cittadini Questo non toglie che da parte del Comune sia stata manifestata la volontà di contribuire in qualche maniera, qualora la raccolta non raggiungesse l’obiettivo stabilito».
Quali sono gli obiettivi di questo progetto e come potrebbe aiutare la città vecchia a rinascere?
«Il nostro è un progetto ambizioso: da parte nostra stiamo pensando a una rete di FabLab di quartiere per far sì che Taranto diventi la prima Fab-City in Italia. Nell’era della “Quarta rivoluzione industriale” è per noi necessario, forse più che in altre situazioni, smarcarsi dall’idea di fabbrica ottocentesca per abbracciare l’idea di una fabbrica del futuro, diffusa, sostenibile, intelligente e connessa.
Il cuore di Taranto è nella città vecchia: dove se non lì, cominciare? Piccoli segni di cambiamento ci sono nella città vecchia, uno spazio di coworking, nuovi locali e soprattutto l’attività di tante associazioni che hanno a cuore il futuro di questa parte di città».
Si apriranno delle possibilità lavorative per i cittadini?
«Noi lavoriamo per la diffusione dell’artigianato e della cultura digitali che qui da noi non hanno molto attecchito, se non tra una minoranza di addetti al settore. E pensiamo soprattutto alla formazione dei giovani. Le possibilità lavorative quindi non arriveranno direttamente dalla nascita di questo primo Mini FabLab ma dalla capacità dei cittadini di fruire di uno spazio che sarà aperto a tutti, come nella filosofia dei FabLab, e dove coesisteranno tante persone con competenze diverse ma complementari tra di loro, ma unite nell’intento del fare e nella condivisione delle conoscenze».