Da La Spezia a New York, storia di Eattiamo e come ha capito come inserirsi nel mercato americano. Perché vendere eccellenze italiane no, non basta più
L’illusione di molti esportatori di Made in Italy negli Stati uniti è di avere successo per il semplice “fatto” che i loro prodotti sono eccellenti. Ne ho visti parecchi sbarcare a New York con programmi faraonici e tornarsene a casa con la coda fra le gambe. Perché l’eccellenza non basta, se non si capisce poi come funziona concretamente il mercato americano, quali sono i gusti e le abitudini dei consumatori locali, e gli standard richiesti dalla distribuzione.
Eattiamo, la startup accelerata da Food-X
Tutto questo vale soprattutto per il settore alimentare. E lo sta imparando in fretta Eattiamo, una delle nove startup ammesse nel programma di accelerazione Food-X a New York che si concluderà a fine giugno. Erano state 400 le startup a fare domanda da tutto il mondo. Eattiamo e’ stata l’unica italiana ad essere selezionata, e la prima italiana in assoluto a entrare in questo incubatore specializzato nell’industria del cibo e delle bevande.
In Italia e in Europa Eattiamo funziona come una piattaforma di eCommerce, dove il pubblico può fare shopping online di cibi e vini artigianali, provenienti da piccoli produttori di alta qualità. «Ma i nostri mentori a Food-X ci hanno fatto capire che non potevamo fare un ‘copia e incolla’ del nostro modello di business europeo per esportarlo qui. Per conquistare il mercato americano, ci hanno spiegato, dovevamo semplificare», mi ha raccontato Filippo Lubrano, il responsabile operativo di Eattiamo, che sono andata a trovare nella sede dell’incubatore, a due passi da Wall Street (55 Broad street).
Il team di Eattiamo
Lubrano, 32 anni, e’ uno dei fondatori della startup, nata due anni fa a La Spezia, la città d’origine dell’intera squadra. Che è tutta formata da amici, ex compagni di liceo, con anni di esperienza manageriale all’estero e una grande nostalgia dei sapori della loro terra. Nicholas Figoli, il CEO, e’ stato per otto anni manager del marketing di L’Oreal, vivendo per un periodo a Parigi; Francesco Pelosi, il CFO, e’ un avvocato che da nove anni gestisce l’agenzia creativa Sun-TIMES; Simona Morachioli, la CTO, e’ un ingegnere industriale che per sei anni ha fatto il global project manager per P&G. Ingegnere industriale è anche Lubrano, che ha passato sette anni come manager in Iveco, vivendo perlopiù in Asia.
Insieme a Lubrano a New York e’ venuto il general manager responsabile dello sviluppo del business di Eattiamo, Pietro Guerrera, Mba all’Università di Edimburgo e anni di lavoro nel marketing per multinazionali come Kraft Foods e Kimberly Clark.
Per entrare in Food-X Eattiamo ha ceduto il 7% del capitale in cambio di un finanziamento di 50 mila dollari.
«Tutti i giorni abbiamo sessioni di mentoring e l’altro grosso aiuto ricevuto e’ il networking, l’aiuto a inserirsi nella rete di contatti essenziali per sviluppare il business», sottolinea Lubrano, «Abbiamo verificato che il mercato americano ha un potenziale enorme per noi. I consumatori di una certa fascia vanno matti per le delizie Made in Italy. Ma per emergere fra le mille offerte bisogna trovare la formula giusta. Quella che abbiamo individuato noi e’ il box, l’abbonamento per ricevere una volta al mese una scatola con gli ingredienti necessari a una cena per quattro commensali, ogni volta provenienti da una specifica regione italiana. Oltre ai prodotti, l’altro contenuto importante e’ lo storytelling, cioè la capacità di comunicare chi sono degli artigiani che ci sono dietro. Quindi nel box mettiamo schede con le storie dei produttori e ovviamente anche le ricette».
La prima scatola: un omaggio alla Liguria
Il tema della prima scatola lanciata in maggio e’ ligure: crostini con paté d’olive e di carciofi, trofie e pesto, e un dolce tipico ligure, il pane del pescatore. Comprato una tantum il box costa 69 dollari, con un abbonamento di sei mesi il prezzo scende a 54 dollari. Ma anche cosi’ vendere non e’ facile. «Abbiamo fatto pubblicità via Facebook, ma ci siamo resi conto che i ‘like’ sul social network si traducono raramente in acquisti – dice Lubrano -. Oltre all’importanza della semplicità e dello storytelling, abbiamo capito che bisogna stringere alleanze con i partner giusti. Quindi la nostra prossima mossa e’ creare un box ‘limited edition’ con Food52, un seguitissimo blog specializzato sul cibo».
Food52 ha infatti 3 milioni di utenti unici al mese e nell’ultimo anno ha quadruplicato, da 250 mila a 1 milione, i suoi seguaci su Instagram. L’idea della ‘limited edition’ viene anche quella dallo studio del consumatore americano di fascia alta: è disposto a spendere di più per un’esperienza veramente speciale. «Fra i prodotti sul nostro sito americano che hanno attirato di più l’interesse, per esempio, c’e’ un aceto balsamico invecchiato di 25 anni che costa 175 dollari», racconta Lubrano.
Il futuro di Eattiamo
Il tema di un prossimo box sarà la Lunigiana, in collaborazione con un progetto di valorizzazione di quell’area, “Trame di Lunigiana” (TDL), che un anno e mezzo fa aveva vinto un premio di 1 milione di dollari da Accenture. La scelta non e’ casuale, perché fra i promotori di TDL c’è un altro imprenditore italiano trapiantato a New York, Sebastiano Peluso, che e’ stato il primo a scoprire Eattiamo con il suo programma di accelerazione 3enta4anta. Lubrano e soci avevano partecipato nel 2014 al workshop ReFood sull’innovazione nel campo alimentare, ospitato da Giovanni e Gianluca Rana. Poi erano entrati nell’incubatore H-Farm di Riccardo Donadon. E da lì, il salto oltreoceano nel Food-Ex.
«Con il fatturato di 100 mila euro nel 2015 abbiamo gia’ raggiunto il pareggio di bilancio – dice Lubrano -. Ora vorremmo ottenere un finanziamento di 700 mila dollari per continuare il nostro lavoro in America».
Un appuntamento importante con i potenziali investitori e’ il Demo Day di Food-X in programma il 2 giugno. Poi Lubrano e Guerrera cercheranno un altro spazio, fuori dall’incubatore, per restare a New York e prepararsi in particolare per la campagna natalizia, cruciale per il vero decollo. Invece il team degli sviluppatori del software resta a La Spezia, con gli altri soci.
La sede europea di Food-X
A proposito di Food-X, è interessante sapere che sta progettando di aprire una sede europea in Irlanda. Un motivo è che il suo fondatore Sean O’Sullivan, che gestisce un fondo d’investimento di 250 milioni di dollari, e’ irlandese. Ma contano anche gli incentivi fiscali del governo di Dublino. Il che dovrebbe far riflettere Roma sul modo di rendere l’Italia più accogliente verso le startup e tutta l’imprenditoria innovativa.
Maria Teresa Cometto