Keep Calm and riprendetevi quel van. Berlino, Parigi e Milano sono avvisate, non prenderanno il posto di Londra nel cuore degli startupper. Il dopo Brexit non ha fiaccato lo spirito imprenditoriale del popolo britannico. Anzi, le opportunità di creare business di successo sono destinate ad aumentare. Questa è l’opinione di Matthew Lynn, editorialista del Telegraph.
Fotografia del Regno Unito a quasi un mese dal referendum
Il giornalista ammette che sono tante le voci autorevoli che hanno manifestato i loro timori dopo lo storico referendum che ha sancito la volontà del popolo britannico di uscire dalla UE. Preoccupano le ricadute negative sull’economia, con i limiti imposti alle politiche migratorie e la difficoltà di reperire nuovi talenti all’estero, le performance negative della sterlina e la perdita di un accesso privilegiato al mercato europeo. Il Financial Times ha scritto di «startup sotto shock», Brent Hoberman, il fondatore di Lastminute.com, celebre sito di viaggi low cost, ha dichiarato che «la Brexit è più che negativa per il brand della città di Londra». Mentre associazioni di prestigio, come Tech London Advocates, community che riunisce più di 3 mila esperti del mondo digitale, ha avvertito che molte neoimprese cercheranno di ricollocarsi altrove in Europa.
Nessun crollo dopo brexit
Ciò malgrado, fa notare Lynn, dopo il voto le registrazioni di nuove imprese non sono calate: 4.700 nuovi business lanciati sul mercato e il 13% dei fondatori che provengono da Paesi dell’Unione Europea, rispetto all’11,5% dei sei mesi precedenti (polacchi e rumeni in testa, ma anche irlandesi, tedeschi, francesi e italiani). Insomma, il tanto temuto crollo non c’è stato. Anche se è lo stesso giornalista a ritenere che sia ancora troppo presto per fare bilanci.
Perché l’uscita dall’Europa farà comunque bene alle startup
L’editorialista del Telegraph individua 3 motivi per cui sarà più facile fare business nel Regno Unito, anche nel “dopo brexit”:
1. Normative più leggere dopo l’uscita dalla UE. Per Lynn, liberarsi dai vincoli e dalle regole europee faciliterà la creazione di nuovi regolamenti molto più accessibile di oggi. Non è un caso, spiega il giornalista, che le maggiori nazioni europee (Uk compresa) non si sono mai collocate in cima nella classifica delle nazioni in cui è più agevole fare business: 17esima Uk, 32esima la Francia, 50esima l’Italia, 107esima la Germania, secondo uno studio della Banca Mondiale.
2. Meno tasse alle aziende. Solo il 17%, di più: l’aliquota fiscale sulle aziende che potrebbe scendere al 15. Un tasso molto più abbordabile se paragonato al 29% della Germania, 33 della Francia. Anche la tassazione del capitale guadagnato dagli imprenditori è solo il 10%.
3. Talenti e venture capital. L’analisi del quotidiano britannico, poi, considera un terzo elemento: la disponibilità di competenze e dei capitali dei venture che «rendono l’Uk uno dei posti più facili nei quali fare un business». Le norme più restrittive sull’immigrazione, secondo Matthew Lynn, potranno portare nuovi talenti da India, Cina, Israele, Cina e Europa. Mentre la svalutazione delle sterlina abbasserà il costo della vita.
In Uk ci sono quasi 4 milioni di aziende
Per dare sostegno alla sua tesi, il giornalista economico riprende i dati degli ultimi decenni, che hanno visto una crescita esponenziale dell’ecosistema imprenditoriale britannico. Oggi sono 3.7 milioni le aziende in Uk, una ogni 17 persone. Nel 1979 erano “appena” 800 mila. Inoltre, il 40% degli unicorni europei (le startup che raggiungono il miliardo di valutazione) sono nate proprio in Regno Unito.