La percentuale delle donne che lavorano o studiano programmazione è scesa rispetto agli anni Ottanta. E così Melinda Gates scrive in un post le sue impressioni su come le ragazze possono dare il loro contributo alla tecnologia
Un tempo si diceva che esistono delle professioni che possono fare solo gli uomini e altre che invece sono più adatte alle donne. Poi c’è stata l’emancipazione femminile, la possibilità per tutti di accedere all’istruzione, la dimostrazione che le donne in media riescono meglio negli studi e ottengono voti più brillanti in tutte le facoltà (i dati per l’Italia sono quelli di Almalaurea). Eppure, c’è una percentuale che smentisce questa illusione di uniformità: «Le laureate in informatica negli Stati Uniti sono scese dal 37 per cento nel 1984, al 18 per cento di oggi». A scriverlo è Melinda Gates, moglie di Bill Gates e fondatrice nel 2000 della Bill&Melinda Gates Foundation. Oggi è lei a controllare i diritti principali della Microsoft dopo che il marito ha deciso di dedicarsi alla sola attività filantropica.
Oggi meno donne nell’informatica che 30 anni fa
L’imprenditrice statunitense affida la sua riflessione a un post sul The Gates Notes, successivamente pubblicato anche su Medium. Uno sfogo personale, con tanto di riferimenti alla sua storia universitaria, ai suoi compagni di college e ai suoi professori. E, in prospettiva futura, anche alle sue due figlie: «In media le mie figlie hanno la metà delle mie possibilità di laurearsi in informatica», scrive. Una constatazione che parte da un’aspettativa tradita: se negli anni Ottanta, quando Melinda Gates studiava alla Duke University, aveva fatto fatica a trovare delle compagne di corso con cui fare amicizia dato che quelle poche viste durante la prima lezione avevano abbandonato dopo poco, la realtà ci dice che oggi è peggio di allora.
Le ragazze che sfidano gli stereotipi
Lo confermano le parole di quattro ragazze che sono diventate le testimonial della campagna della fondazione Gates. In un video spiegano perché hanno deciso di intraprendere gli studi di informatica e quali difficoltà hanno incontrato. Si soffermano sui luoghi comuni da combattere e la paura da sconfiggere. E in qualche modo riescono a dare consigli alle ragazze che come loro stanno considerando l’idea di scegliere questo tipo di specializzazione. Dalle loro testimonianze traspare la convinzione che con la programmazione si possa davvero lasciare il segno, creare qualcosa di utile, credere davvero nelle proprie possibilità. In molti casi, infatti, il problema principale per loro è stato quello di dimostrare di essere all’altezza, di poter eccellere in quel settore pur venendo da altri background e avendo tutto da imparare. E arrivare a dire contro tutti: «Io sono qualificata per farlo». Kayla Kasprak dell’università del South Carolina si è vista porre domande sulle sue effettive capacità e sul perché della sua presenza in un corso di programmazione. Parla della sua abitudine a scusarsi «per il suo essere differente, per delle supposte mancanze di esperienza». Di sicuro non tanto differenti da quelle dei suoi colleghi maschi. E dice che la chiave è smettere di farsi troppi problemi e passare all’azione, senza sentirsi sempre inadeguata. Courtney Thurston, studentessa al secondo anno della Embry-Riddle Aeronautical University, racconta di un hardware da testare che non riconosceva la voce femminile perché l’intero team di lavoro era al maschile. Il suo ruolo nella progettazione del sistema di atterraggio di un razzo della SpaceX durante uno stage nell’azienda di Elon Musk ha dimostrato, però, che nulla è impossibile.
La società rinuncia alla creatività femminile
Al di là delle evidenti conseguenze che la sottorappresentazione delle donne nell’informatica può rappresentare per il genere femminile, Melinda Gates ci tiene a sottolineare la perdita che questo significa per l’intera società: «Non stiamo beneficiando della creatività che le ragazze hanno da offrire. Ci sono tantissime ricerche che dimostrano che la diversità produce aziende migliori e porta all’elaborazione di prodotti migliori». Eppure la diversità di genere è peggiorata negli anni. C’è una spiegazione a tutto questo, però. Innanzitutto, secondo la moglie di Bill Gates, la società ha creato lo stereotipo dell’”informatico in cappuccio”, convincendo tutti che quella materia fosse roba da maschi. La tendenza, quindi, è stata quella di evitare di esporre le bambine a questa disciplina e di non incoraggiarle su questa strada. Per alcune delle protagoniste del video, realizzare che l’informatica fosse davvero la loro scelta di vita ha significato magari cominciare carriere differenti, considerate più appropriate, per poi rendersi conto di aver sbagliato. Il mondo del lavoro, da parte sua, non ha dimostrato apertura nei confronti delle donne che vogliono occuparsi di programmazione. Il risultato è stato sempre un incoraggiamento a vantaggio degli uomini.
Come aumentare il numero di donne nel settore tech
Uno degli antidoti proposti a questo fenomeno è un aumento di consapevolezza nelle ragazze. Prova a farlo il National Center for Women and Information Technology (NCWIT) che mira ad aumentare il numero di donne impiegate nel settore tech. Il tentativo è creare un effetto domino, così che con l’aumentare della quota femminile nelle classi di informatica, non sarà più così strano scegliere quel percorso universitario. Melinda Gates è convinta che uno dei doni che l’informatica può dare è il senso di poter cambiare il mondo, essere in qualche modo delle superwoman, al di là degli stereotipi.