A San Francisco si è appena conclusa il Decentralized Web Summit, una conferenza che ha provato a mettere in cantiere un diverso modello per il Web e la sua preservazione futura. Tra i protagonisti Vint Cerf, il papà di internet.
Vint Cerf è una figura decisiva negli oltre quarant’anni di storia di Internet. È uno dei padri riconosciuti della rete, a Washington era famoso – racconta Newsweek – «per le sue visioni, per le sue creazioni e per i suoi abiti tre pezzi», era considerato il membro meglio vestito di DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), l’agenzia dalla quale è nato Internet. È stato uno dei pionieri dello sviluppo delle e-mail commerciali, da dieci anni è chief internet evangelist di Google.
La lotta contro il medioevo digitale
E oggi si batte per evitare quello che definisce «un medioevo digitale», il Web che consultiamo noi potrebbe sparire o essere impossibile da consultare nel futuro: «Per il 22esimo secolo, la società di oggi potrebbe essere un enigma», ha detto al Decentralized Web Summit, una conferenza da poco chiusa a San Francisco, che ha provato a mettere in cantiere un diverso modello per il Web e la sua preservazione futura.
Tra cento anni potrebbe essere più facile determinare le circostanze dell’unità d’Italia che quelle che hanno portato all’elezione di Virginia Raggi a sindaco di Roma. Non è un’esagerazione.
La stessa storia digitale di Internet oggi è molto difficile da consultare digitalmente.
Nelle e-mail di Cerf, mandate nella prima parte degli anni ’70, ci sono i passaggi per la creazione del protocollo TCP/IP. Cerf le ha conservate, ma non c’è più un computer in grado di aprirle, e i programmi per scriverle o per leggerle non esistono più. Questo potrebbe essere il destino futuro delle nostre e-mail, dei siti web, delle pagine Facebook, degli account Twitter. È per questo motivo che esistono incontri come il Decentralized Web Summit e iniziative come Interplanetary File System: conservare la memoria digitale al dl là degli strumenti, dei protocolli e delle aziende, in gran parte private, che li mandano avanti.
Gli archivi digitali di oggi
Oggi, chi vuole consultare un sito del passato, magari successivamente chiuso dagli stessi che l’avevano creato o comprato (come le vecchie pagine di Geocities o i blog della piattaforma italiana Splinder) deve affidarsi a Wayback Machine, la cosa più vicina che il Web abbia a un archivio digitale. Wayback Machine effettua, dal 1996, screenshot periodici delle pagine web e li conserva sul suo sito, il progetto viene portato avanti da The Internet Archive, una organizzazione no-profit di San Francisco.
Tutto lodevole ma non basta.
Secondo Cerf, la memoria digitale non può esclusivamente basarsi su Wayback Machine, perché la sua esistenza sposta semplicemente il problema più a monte: e se finisse i fondi? E se chiudesse? E se venisse censurato? Internet ha bisogno di essere archiviato e salvato in modo automatico e diffuso.
Una soluzione “open”
Una parte di questo nuovo modello di Web si chiama Interplanetary File System, IPFS, un progetto open source basato sul principio peer-to-peer dei Torrent. Se un sito aderisce a questo protocollo, le sue «copie», vengono distribuite agli altri partecipanti al progetto. In caso di sua scomparsa, la sua memoria vivrà grazie a questi backup esterni, che permetteranno anche di consultare le versioni precedenti di quel sito. Una sorta di Wayback Machine diffusa. I suoi limiti: serve un’adesione volontaria (quindi può coprire una percentuale piccola del Web) e ha bisogno di un software per funzionare, anche se il fondatore, Juan Benet, ha raccontato alla conferenza che il team sta studiando una versione in JavaScript per automatizzare tutto il processo.
Gli altri progetti che stanno affrontando questo problema sono: SAFE Network, Zeronet, Ethereum.
L’obiettivo del Decentralized Web Summit è renderli dialoganti, per moltiplicare la capacità di memoria. Esistono diversi problemi tecnici (come conservare il contenuto delle app o di sistemi chiusi come Facebook) e ce ne sono anche di legali, per esempio non tutto ciò che è presente sul Web può essere conservato e tramandato (diritto all’oblio, revenge porn). Da coniugare con un’esigenza fondamentale: salvare la memoria del presente.