Nel florido mercato delle food startup, tra delivery, social eating e ricette mobile, nessuno punta sugli ingredienti. Così è nata l’idea (italiana!) di un’app per conoscere l’origine di quello che mangiamo…
«L’utente, di fronte all’ennesima app di food, deve avere in mano qualcosa che gli permetta di vivere un’esperienza interattiva e realtime con il cibo. Per questo abbiamo creato un prodotto ‘wiki’, collaborativo e con un’intelligenza collettiva», racconta Leo Mauriello – co-founder della startup Dotfarm e co-ideatore di Flick on Food.
WikiApp senza competitor
Attiva sull’App Store da gennaio 2016 e disponibile adesso anche su Android, Flick on Food è un’applicazione innovativa di food experience in real time, dove l’utente decide l’ingrediente da esplorare, le nozioni da aggiungere, ma anche cosa acquistare e quale ricetta sperimentare. Semplice, intuitiva, veloce ma con una buona possibilità di approfondimento. Il progetto, nato dall’intuizione di Leo Mauriello e Michela di Nuzzo durante la loro permanenza a Londra, è una vera e propria wikifood e ad oggi non esiste un prodotto competitor. «Ci siamo accorti che sul mercato digital non è presente un prodotto mobile che parli degli ingredienti» rivela Michela. L’idea italiana del cibo si differenzia dal panorama internazionale: gli italiani puntano molto sula grande tradizione, sulla forza di scoprire gli ingredienti e la voglia di esplorarne l’origine. All’estero regna invece la percezione del piatto finito, ma come dice Leo Mauriello: «Questa mancanza di conoscenze è qualcosa su cui investire e che secondo noi, nei prossimi anni, sarà il trend di mercato più importante relativo al food e al digital»
Un progetto, tante idee
L’iniziativa di Flick on Food al momento gode dell’impegno di sei persone, completamente autoprodotta e in cerca di finanziamenti. Non mancano però idee e contenuti, a partire dall’intuizione del “flick”, ovvero quel movimento rapido di scorrimento simile a “Snapchat”, punto di forza dell’app che ha dato nome al brand. Il progetto prosegue poi su tre strade, di cui la prima è la gamification. L’utente, inserendo informazioni nell’app, riceve badge per l’acquisto di cibo locale o food experience. La seconda è che ogni ingrediente può essere il veicolo di promozione o di vendita di produttori locali, delivery del fresco, food travelling o esperienze legate agli chef. L’ultimo strumento è quello di sfruttare i contenuti, mettendoli a disposizione di chiunque voglia approfondire la conoscenza del cibo. «Puntiamo anche sull’acquisto, non solo sulle informazioni. Vogliamo mettere in comunicazione una rete di fornitori, chef, ristoranti e altre realtà che possono entrare in contatto con gli utenti proprio nel momento in cui questi stanno cercando un’esperienza legata a quello specifico ingrediente» precisa Michela Di Nuzzo.
Food blogger come fonti
Fino a dieci anni fa sarebbe stato strano affidarsi ai blogger come fonti certe di un sapere che ricalca quello enciclopedico. Ma il panorama tecnologico moderno mostra chiaramente che la situazione sta cambiando: «La complessità di questo tipo di lavoro è proprio schedare i prodotti e scremare le informazioni che si trovano in rete. Ci appoggiamo spesso ai food blogger perché conoscono gli ingredienti nel dettaglio. A volte li scegliamo in base alla zona geografica perché alcuni alimenti sono strettamente legati al territorio,e servono informazioni specifiche» sostiene Michela. Non solo, Flick on Food crede molto anche nell’approvazione o disapprovazione degli utenti, che sono posti come punto di partenza, di feedback e di verifica. Da sottolineare però che nonostante il consumer diventi co-autore, alla redazione e ai food blogger resta il vitale compito di dare spessore alle informazioni. «Non c’è una gerarchia di valutazione ma un team editoriale. Per noi è fondamentale il controllo dei contenuti che devono essere mobile friendly, in una modalità più simile allo storytelling che ad un’informazione enciclopedica» conclude Leo.