Con 20 miliardi di fatturato nel 2015, gli italiani puntano sulle specialità locali e sulla tradizione. Un successo confermato anche dalle ormai tante piattaforme tra social eating e home restaurant
Nonostante la difficile situazione di paura e terrorismo con cui si è chiuso il 2015, gli italiani aprono le loro case ancora più di prima, soprattutto quando si tratta di mangiare insieme. Lo conferma il dilagante fenomeno dell’home restaurant: 7,2 milioni di euro di fatturato italiano, 7000 cuochi social e 37mila eventi all’attivo nel 2014 (fonte: CST – Centro Studi Turistici). Un successo più forte delle polemiche normative per differenziare home restaurant e social eating (ne abbiamo parlato qui e qui) che continua ad espandersi mostrando un’Italia fiera delle proprie radici culinarie.
Sempre più piattaforme di social eating
Trasformare la propria cucina in un ristorante per amici e estranei offrendo una cena a pagamento. Tutto gestito online: si seleziona l’evento a cui partecipare su un sito di social eating, si prenota e si paga. È il nuovo trend della ristorazione, di cui senza dubbio la piattaforma più famosa in Italia è Gnammo. Nata nel 2012 dalla fusione di Cookhunter e Cookous, vanta oggi più di tremila cuochi in oltre mille città. A fare scuola è anche Kitchen Party, una vera e propria community del food arrivata in Italia nel 2011. Si aggiungono alla lista dei brand in crescita anche PeopleCooks, occasione più unica che rara dove il conto della cena non va oltre i sei euro, e EatWith, un circuito internazionale che ha anche una piccola quota di mercato a Roma. E poi c’è NewGusto, di matrice abruzzese ma diffusa su scala nazionale, una social app che soddisfa soprattutto i turisti in cerca di gusti caserecci. Ma a stupire di più è la new entry VizEat, giunta in Italia in occasione di Expo, ma già attiva in 20 paesi al mondo. Gli ospiti inviano una richiesta di partecipazione alla serata, e pagano la cifra stabilita dal proprietario di casa direttamente sul sito di VizEat, il quale applica una commissione del 15%. Il CST stima 194 euro di incasso medio per singola serata, circa 23,70 euro pro-capite (all’anno ogni cook incassa in media 1.002,51 euro).
Il cibo local fa 20 miliardi di fatturato
I dati parlano chiaro: superati i 20 miliardi di fatturato nel 2015 per il consumo di prodotti locali, entro i 200 km (fonte: Coldiretti). E un italiano su due acquista regolarmente prodotti tipici regionali e provinciali (fonte: Doxa per Coop). Con queste cifre non c’è da stupirsi se anche nel settore dell’home restaurant vadano forti le realtà che puntano sui piatti della tradizione locale. È il caso di Ceneromane e Le Cesarine. La prima, lanciata nel 2012, è una piattaforma social di cene domestiche nella Capitale, 40 partecipanti per 40 euro a testa. La seconda promuove il cuore della tradizione culinaria emiliana, ponendosi non solo come home food ma come nucleo di valorizzazione dei piatti tradizionali del territorio.
Profilo del cuoco social
Donna. Over 40. Ecco chi è davvero lo chef perfetto dell’home restaurant italiano. Secondo un’indagine del CST, infatti, l’identikit dei cuochi social rivela 41 anni di media, 56% donne e 29,4% uomini. Nel 2014 sono stati più di settemila quelli attivi in Italia, di cui il 53,8% presente su almeno uno dei principali social e il 14,9% ha confermato di svolgere già un’attività nel settore del food.
Un territorio che si racconta
Si può davvero parlare di valorizzazione social del cibo nostrano? Ciò che è certo è che gli home restaurant creano un valore aggiunto volto alla scoperta di un territorio attraverso le sue ricette tipiche. Ma non solo, si ha anche un ritorno forte al consumo di prodotti locali a km zero. È così che si raccontano anche luoghi meno turistici, a partire dalla Lombardia, in testa alla classifica con il 16,9% dei cuochi social, per un incasso di circa 1,9 milioni di euro di fatturato, pari a oltre un quarto del totale. Seguita da Lazio (13,3%) e Piemonte (11,8%) e tra le città un’inaspettata Bari si pone come realtà più attiva del Mezzogiorno.