L’hanno inventata ricercatori di Milano Bicocca e Imperial College di Londra, coordinati da un giovane chimico italiano. Se la temperatura sale sopra 4 gradi, il dispositivo si colora e ti avverte…
Un’etichetta intelligente per garantire la corretta temperatura di conservazione dei cibi freschi. Quelli che, se la catena s’interrompe, sono da buttare, perdono le proprie proprietà organolettiche e rischiano di farci stare male. Se la temperatura rimane sotto i 4 gradi centrigradi la smart tag ideata all’università di Milano Bicocca rimane incolore. Se si supera quella soglia di sicurezza diventa di un allarmante blu scuro. Per segnalare che latte, yogurt, formaggi hanno saltato qualche tappa e sono stati trattati male.
Gli inventori
A mettere a punto il prezioso segnalatore è stato un gruppo di ricercatori del dipartimento di Scienza dei materiali di Bicocca e dell’Imperial College di Londra coordinati da Luca Beverina, classe 1975, professore associato di Chimica organica a Milano. Lo studio in cui vengono spiegati i principi del nuovo dispositivo per la sicurezza alimentare s’intitola “Thermochromic Latent-Pigment-Based Time–Temperature Indicators for Perishable Goods” ed è stato pubblicato sulla rivista Advanced Optical Materials.
Come funziona
Ma come funziona l’etichetta? Il meccanismo alla base è ovviamente una reazione chimica appositamente messa a punto dagli scienziati dei due atenei in modo da attivare un pigmento organico posto su una pellicola di silice porosa da applicare sulla confezione del prodotto. Questo pigmento è di fatto programmato in modo che uscito dalla fabbrica l’etichetta sia incolore. Ma se durante il tragitto, nel complicato percorso logistico che porta un vasetto di yogurt dal caseificio industriale ai nostri frigoriferi, la temperatura supera i 4 gradi centigradi (in particolare fino a 9 per non più di 30 minuti o per tre ore a temperatura ambiente) la smart tag entra in funzione segnalando – in maniera irreversibile – che il prodotto ha subito una pessima conservazione.
La sicurezza
Inutile sottolineare l’enorme importanza che un’idea del genere potrebbe avere se implementata su larga scala. La cronaca ci racconta periodicamente di sequestri di alimenti mal conservati. Piccoli e grandi, ai quattro angoli del Paese, dal supermercato di quartiere all’iperstore con quintali di prodotti avariati. A scorrere le notizie degli ultimi mesi si fa il giro d’Italia: 50 chili a Colliano (Salerno), 330 ad Alba, 600 a Nocera Inferiore e poi Catania, Firenze, Milano, Prato. Secondo gli ultimi numeri forniti dai Carabinieri del Nucleo antisofisticazioni nel corso dei 38mila controlli effettuati nel 2014 sono state sequestrate 10mila tonnellate di prodotti per un valore di 500 milioni di euro.
“Le etichette che abbiamo sviluppato – spiega Beverina – sono dispositivi semplici, economici e affidabili in grado di registrare tutta la storia termica di un pacchetto in modo facile e leggibile a occhio nudo. È una soluzione che aiuta produttori e distributori a evitare che alimenti freschi e deteriorati finiscano nello stesso frigorifero”.