Fino a qualche tempo fa, se si pensava al mondo dei videogiochi, la capitale sarebbe stata senz’altro individuata in Giappone. Basti pensare a Sony e Nintendo, ma anche alle etichette produttrici dei videogames. Ma di recente, c’è un altro colosso asiatico che sta conquistando sempre più spazio su una mappa in cui sembrava destinato a rimanere escluso: la Cina. Proprio così. Da attore relativamente minore a grande forza, il mercato dei videogiochi cinesi ha subito una notevole trasformazione, non solo in termini di consumo interno ma anche di influenza sul panorama videoludico mondiale.
Le ragioni dell’espansione del mercato cinese sono diverse. La prima è quella legata al mercato interno, che ha registrato una crescita esponenziale negli ultimi anni. Esito naturale dell’arricchimento di una Cina che quando negli anni Ottanta si giocava con le prime console di Sony e Nintendo aveva un’economia ancora arretrata e oggi è invece un colosso globale.
La sterminata platea dei videogiochi cinesi
Con oltre 720 milioni di giocatori nel 2022, la Cina vanta ora la più grande popolazione di videogiocatori al mondo. Questa impennata della cultura del gioco può essere attribuita a diversi fattori, tra cui l’ascesa del gioco mobile, la maggiore accessibilità a Internet e una classe media in crescita con un reddito disponibile per l’intrattenimento. Si stima che nel 2024 la Cina avrà 772 milioni di giocatori. Si prevede che il mercato crescerà a un tasso di crescita annuale composto del 9,37%, raggiungendo un volume di mercato previsto di 128,40 miliardi di dollari entro il 2028. Numeri da capogiro.
I motivi del successo dei videogiochi cinesi
L’industria dei videogiochi cinesi è particolarmente florida sul mobile gaming, cioè i giochi per smartphone. Con la diffusione di piani dati mobili a prezzi accessibili, i giochi per smartphone sono diventati la piattaforma di gioco principale per milioni di giocatori cinesi, d’altronde abituati a una società altamente digitalizzata dove ormai tutto si può fare a portata di clic.
Secondo la società di informazioni di mercato Sensor Tower, quasi un terzo – 29 dei primi 100 – dei giochi per cellulari che hanno incassato di più al di fuori della Cina sono stati sviluppati da aziende cinesi. Questo dato è aumentato rispetto ai 24 titoli del 2019, prima che i titoli prodotti da aziende cinesi conquistassero centinaia di milioni di giocatori all’estero, slegandosi dalla tradizionale dipendendenza dalla collaborazione con etichette giapponesi oppure occidentali. Anzi, oggi sono proprio gli Stati Uniti e il Giappone i Paesi stranieri in cui i giochi cinesi guadagnano di più.
Nella prima metà del 2023, i 100 videogiochi cinesi per mobile più redditizi hanno generato 2 miliardi di dollari negli Stati Uniti, quasi un terzo delle loro entrate all’estero. Un altro quarto è arrivato dal Giappone. E dire che fino al 2019 gli sviluppatori nazionali detenevano il monopolio dei giochi più popolari in Giappone. Ora, circa un terzo dei 100 giochi mobili più venduti in Giappone proviene dalla Cina. Colossi come Tencent Holdings e NetEase hanno acquisito partecipazioni in studi stranieri e reclutato centinaia di talenti globali per lo sviluppo di nuovi titoli.
Non deve sorprendere così tanto, secondo Liang Lu-hai, giornalista cinese esperto di videogiochi: «Ai tempi della PlayStation originale e del Nintendo 64, la Cina era ancora un Paese in via di sviluppo con un PIL pro capite molto basso; oggi alcuni dei videogiochi di maggior successo al mondo sono cinesi e il Paese ha sviluppato un proprio ecosistema tecnologico», sostiene. «La Cina è stata pioniera dei giochi su Internet, delle piattaforme di chat, dei giochi ipercasuali e ha sviluppato applicazioni che contengono un profondo livello di gamification», aggiunge Liang.
Da Genshin Impact ad Age of Origins: i bestseller
Qualche titolo? “Genshin Impact” è stato forse l’apripista, il primo vero successo planetario per un titolo cinese che è in realtà una riproduzione quasi perfetta di uno dei generi di videogiochi più popolari in Giappone: i giochi di ruolo fantasy. Lanciato nel 2020 dallo studio miHoYo di Shanghai, ha guadagnato 5,16 miliardi di dollari a livello globale nei tre anni successivi al suo debutto. Dal nome alla grafica in stile anime, “Genshin Impact” ha forti caratteristiche giapponesi. Ma crea linee di storia e territori basati sulla cultura globale, dalla Germania medievale all’epoca dello shogunato Tokugawa in Giappone, secoli fa. Il gioco è insolitamente popolare tra le donne.
Sono d’altronde decine i personaggi femminili che i giocatori possono utilizzare per esplorare il vasto regno del videogioco, addentrarsi nei dungeon, combattere i mostri e completare le missioni per far progredire l’epica narrazione di un misterioso viaggiatore coinvolto in una guerra tra l’umanità e gli dei. Il fatto che questo mondo sia stato creato dal vicino, spesso rivale, non pare condizionare i gamer nipponici, visto che un terzo dei ricavi di “Genshin Impact” è generato proprio dal Giappone.
Il multiplayer battle arena “Honor of Kings” (noto come “Arena of Valor” a livello globale) di Tencent si è invece laureato il titolo più redditizio al mondo, un gigante anche e soprattutto sul mercato interno. Al secondo posto “PUBG Mobile”, uno sparatutto multiplayer adattamento mobile di un successo sudcoreano. Grande successo anche per “Age of Origins“, ambientato in un mondo post apocalittico pieno di zombie.
Una nuova mitologia con caratteristiche cinesi
L’industria dei videogiochi cinesi ha d’altronde costruito capacità ingegneristiche di livello mondiale in un decennio di lavoro in outsourcing per le aziende giapponesi, e colossi cinesi come NetEase e Tencent stanno facendo investimenti nello sviluppo di videogiochi che i concorrenti giapponesi non sono in grado di pareggiare.
Ma in maniera simile a quanto successo con altre industrie, la Cina sta ora adottando un approccio più stratificato. Nel dettaglio, sta andando oltre l’imitazione di successi o titoli stranieri per costruire una propria epica dei videogiochi. Ha fatto lo stesso tempo fa sul cinema, dove sta da tempo costruendo una propria “mitologia”, soprattutto in alcuni generi come la fantascienza. Consapevole che per essere una grande potenza bisogna colpire anche l’immaginario. Il cambio è anche favorito dal fatto che le autorità di regolamentazione cinese hanno allentato la presa sul settore. Dopo il blocco all’uscita di nuovi titoli degli anni scorsi, negli ultimi due anni c’è stato un netto rilassamento.
Contestualmente, però, Pechino ha invitato gli ideatori di videogiochi cinesi di ridurre la loro dipendenza dalle “ispirazioni giapponesi” e creare giochi “con caratteristiche cinesi”. Ecco allora titoli come “Black Myth: Wukong“, un gioco di ruolo d’azione e arti marziali di nuova uscita. Il gioco, che si ispira all’epopea cinese “Viaggio in Occidente” sul pellegrinaggio di un monaco buddista e di tre spiriti animali in India, ha come protagonista il Re Scimmia.
La Cina è peraltro emersa come leader mondiale negli e-sport, con una fiorente scena di gioco competitivo e una base di fan appassionati. Il Paese ospita numerosi tornei ed eventi di e-sport, attirando i migliori talenti da tutto il mondo. Giochi come “League of Legends”, “Dota 2” e “CrossFire” godono di un’immensa popolarità, con giocatori professionisti che si guadagnano lo status di celebrità e ricche sponsorizzazioni. Come già fatto in altri settori, la Cina sta marcando con chiarezza il suo territorio anche sulla mappa dei videogiochi. E per le nuove generazioni, anche occidentali, può diventare normale associare il gigante asiatico al mondo virtuale fatto di console, joystick o semplicemente smartphone.