L’agricoltura è, oggi, il primo settore dell’economia italiana per numero di occupati, valore della produzione e valore aggiunto. L’intera filiera, secondo l’ultimo report diffuso dal Censis, genera un fatturato di 523 miliardi di euro, coinvolge 1 milione e 200mila imprese e dà lavoro a 3 milioni e 600mila occupati. E lo scorso anno, da quanto si apprende dai dati Istat, l’export agricolo ha segnato un record storico, superando i 64 miliardi di euro e registrando una crescita del 6% rispetto all’anno precedente. Scopriamo, nel dettaglio, quali sono i Paesi più interessati dalle esportazioni italiane nella filiera dell’agroalimentare.
I Paesi di destinazione dell’export italiano
Il principale mercato di destinazione per le esportazioni agroalimentari italiane è l’Unione Europea, che assorbe circa 2/3 del totale esportato. Tra i principali partner commerciali ci sono la Germania e la Francia, insieme agli Stati Uniti, che rappresentano più del 37% dei flussi complessivi. In controtendenza, le spedizioni verso Giappone, Canada e Repubblica Ceca che mostrano una dinamica diversa.
Agricoltura, cosa si esporta
Secondo Ismea, nel 2023, settori come i derivati dei cereali e l’ortofrutta fresca hanno registrato una crescita delle esportazioni, mentre si è verificato un calo nei cereali, nel latte e i suoi derivati, negli oli di semi, nelle carni fresche e nel vino. I derivati dei cereali hanno visto un incremento del 7%, raggiungendo oltre 9 miliardi di euro e rappresentando il 14,5% delle esportazioni totali. Il vino, invece, ha subito una lieve flessione, con una diminuzione dello 0,8% del valore annuo, attestandosi a 7,8 miliardi di euro. Anche le vendite di vino in bottiglia sono calate, sia in valore che in quantità, mentre gli spumanti e i vini sfusi hanno mostrato una crescita del valore. L’ortofrutta fresca ha registrato un incremento del 9%, totalizzando 5,9 miliardi di euro, grazie principalmente alla vendita di lattughe, pomodori, cavolfiori, arance, mele, uva da tavola e kiwi. Il segmento dei pomodori trasformati, che rappresenta circa il 14,8% della produzione globale, ha generato quasi 5,4 miliardi di dollari nel 2022, confermando l’Italia come uno dei leader mondiali del settore.
I numeri da record del Made in Italy
La filiera del Made in Italy che si estende “dal campo alla tavola”, coinvolge una vasta rete di attori economici, impiegando 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila entità della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. L’intera filiera italiana ha generato un fatturato aggregato di oltre 600 miliardi di euro nel 2022, nonostante le difficoltà legate a contesti di guerra e tensioni internazionali. Secondo l’Agricultural Outlook 2023-2032 dell’OCSE-FAO, la produzione globale di colture, prodotti zootecnici e pesce crescerà a un tasso medio annuo dell’1,1%, la metà del ritmo registrato nel decennio terminato nel 2015. Si prevede, inoltre, che il consumo alimentare totale aumenterà dell’1,3% all’anno fino al 2032, indicando un aumento dei prodotti agricoli utilizzati così come degli alimenti.
Export e macrotrend
Inoltre, l’incremento dei prezzi degli input agricoli, come i fertilizzanti, solleva preoccupazioni sulla sicurezza alimentare globale. L’Outlook stima che ogni aumento del 10% dei prezzi dei fertilizzanti porta ad un aumento del 2% dei costi alimentari, un onere che ricadrà principalmente sulle persone meno benestanti, che spenderanno una quota maggiore del proprio budget per il cibo. Quest’anno l’economia italiana si trova di fronte a un prevedibile rallentamento della crescita economica, con un aumento del PIL stimato dello 0,3%, in calo rispetto alle previsioni precedenti. Questa decelerazione della crescita potrebbe avere ripercussioni significative sull’agricoltura, che dipende in larga misura sia dai consumi interni che dagli investimenti.