Noemi Mariani, in arte @mangiapregasbatty è la protagonista di questo nostro nuovo appuntamento dedicato al real estate. Lei che del real estate, con le sue “case da incubo“, ne ha fatto una battaglia sociale, raccogliendo, in anni di ricerca, alcune tra le proposte di affitti e vendite più indecenti sul mercato milanese che sono diventate anche il tema centrale attorno al quale ruota il suo libro “Milagno. Come cercare casa a Milano e vivere (in)felici“. In un’intervista ci ha raccontato come è nata questa sua battaglia di denuncia e le preoccupazioni che affliggono la generazione degli over30, oggi spesso costretta a dover condividere appartamenti – e a volte anche stanze – in un’età in cui avere un proprio spazio dovrebbe essere una cosa “normale”. «Che fatica, oggi, avere 30 anni e vivere a Milano», ha raccontato l’autrice.
Leggi anche: A Milano anche la casa è una moda. Mariana D’Amico «Il real estate è un trend, come il fashion»
Noemi, come è nata l’idea di raccogliere le proposte di vendite e affitti a Milano più sconcertanti?
Da una mia esperienza personale. Io vivo in affitto nella casa in cui mia nonna ha vissuto gran parte della sua vita. Ho avuto dei coinquilini per anni e, a un certo punto, avevo iniziato a vedere alcune case in vendita. Io sono di Milano perciò sia io che i miei genitori così come i miei nonni conoscono bene la città e per me il mio futuro è qua, ma quando, nel 2021, sono andata in banca e mi hanno detto che avrei dovuto fare un mutuo a 30 anni per un semplice monolocale di poche decine di metri quadri mi sono cadute le braccia. Avevo iniziato a vedere qualche annuncio sui principali portali web: a prezzi che vanno dai 100mila ai 200mila euro ho trovato delle abitazioni scandalose. Per non parlare poi degli affitti, così ho iniziato a parlarne sui social.
Come sei riuscita a diventare così popolare?
Grazie a un giornalista del Corriere della Sera che, nel 2021, mi trovò su TikTok e mi chiese un’intervista. Questa intervista diventò virale e iniziai a essere contattata anche da altri media. In poco tempo, la community si è estesa e oggi su Instagram ho più di 78.500 follower e su TikTok ne conto 81.1K. Devo ammettere che i media hanno giocato la loro parte e io mi espongo, ma non è facile crescere ne lavorare sui social, ci sono dinamiche complicate.
Che cosa intendi?
Per esempio, non c’è una tutela del diritto d’autore per i format sui social. Io lo vorrei per me perché ho notato la tendenza a copiare format vincenti come il mio. Tra le altre priorità, c’è quella ridimensionare i budget degli influencer, che sono un’altra figura rispetto ai content creator. Alcuni guadagnano cifre da urlo per me non giustificate. La mia attività sui social non è meramente legata al marketing, e spero che quello che sto facendo spinga anche altre persone a denunciare situazioni al limite dell’imbarazzo come quelle in cui spesso mi imbatto per cercare, assieme, di cambiare la situazione che a Milano impedisce di raggiungere i propri obiettivi.
Quali sono gli esempi più significativi di denunce che hai fatto sui social in questo periodo?
Una casa di 20 mq in zona Bovisa con un letto a soppalco posizionato su una struttura di legno precaria dove il rischio di cadere è di 8/10, arredata con mobili fatiscenti e completamente trascurata che verrebbe affittata a 800 euro più 200 di spese. In pratica, 1000 euro per vivere in una stanza in una zona di Milano non centrale. Oppure, penso a una mia amica che pochi giorni fa mi ha girato il link a un bilocale di 50 mq che viene venduto a 400mila euro in zona Turro-Greco, anche questa una posizione non di certo centrale.
Ma secondo te quale può essere la chiave di volta?
Trovare una risposta è molto difficile anche perché il mercato libero non lo puoi controllare. Inoltre, c’è spesso il problema degli affittuari morosi che non possono essere cacciati di casa all’instante, e poi mancano le tutele per i lavoratori. Gli ultimi piani di edilizia sociale sono fermi da anni a livello nazionale ma servirebbe, intanto, ridimensionare i prezzi degli affitti per persone che guadagnano uno stipendio medio (tra i 1400 e i 1600 euro), perché nelle attuali condizioni non ce la fanno. Dovrebbe, dunque, essere indispensabile una legge di Stato, non dei singoli comuni.
Perchè, dal tuo punto di vista, a Milano più che in altre città è evidente questo gap?
Milano sta diventando sempre di più una meta turistica, oltre a essere il polmone dell’economia d’Italia, e in generale il rischio che si crei questo forte divario tra stipendio e caro vita è più evidente nelle città turistiche. Ma la questione è anche che il caro vita si è innalzato molto negli ultimi anni ma gli stipendi sono rimasti congelati e la mia generazione non riesce più a risparmiare. La città deve essere ripensata, così come il rapporto caro vita-guadagno. Non è pensabile che un postino di Barletta guadagni esattamente come uno che lavora a Milano perché i costi da sostenere per vivere sono totalmente differenti.
Tu hai esposto questo problema anche al sindaco Sala, che cosa ti ha detto?
Il sindaco si è dimostrato propositivo e aperto a voler lavorare per trovare soluzioni. Mi ha fatto piacere che abbia assistito alla presentazione del mio libro “Milagno”, che affronta il tema di come sopravvivere in una città come Milano e di tutte le difficoltà che gli under e over30 che oggi studiano o lavorano qui si trovano a dover affrontare, cercando di non perdere mai di vista i propri obiettivi per non piombare nella depressione.
Perchè hai voluto intitolare il tuo libro “Milagno”?
Un paio di amici che non sono di Milano mi dicono sempre che in questo capoluogo ci si lamenta troppo, e la città è stata soprannominata “Milagno”. Pertanto, il titolo vuole sintetizzare questa continua lamentela sul caro vita e sulle difficoltà che accumunano un’intera generazione. Non è salutare che i giovani d’oggi debbano appoggiarsi sulle gambe stanche della generazione passata per andare avanti. Ma non voglio pensare che tutto sia perduto e, anzi, il mio è un invito a riflettere e far sentire ancora di più la nostra voce continuando a denunciare episodi simili a quelli in cui mi sono imbattuta io.