«Da soli si va veloci, ma insieme si va lontani». Un concetto che racchiude una delle sfide più importanti per il futuro del Fintech in Italia. La crescita del settore non può prescindere dalla collaborazione tra Istituzioni, privati e Università. Nel 2023, il Fintech italiano ha registrato investimenti per 173 milioni di euro, contando 650 startup attive, ma resta ancora aperta la necessità di creare un’aggregazione strutturata di player, competenze e risorse intellettuali e materiali, una sorta di “Confindustria Fintech”. Un modello di riferimento potrebbe essere la Fintech House portoghese, capace di attirare capitali e competenze dall’estero grazie a una solida rete di sinergie.
Con lui abbiamo esplorato l’evoluzione del Fintech in Italia e le proposte per creare un ecosistema maturo. Temi che saranno approfonditi alla Call Tech Action 2024, evento dedicato all’innovazione, alla formazione e al lavoro nei settori Fintech, Insurtech e Proptech, che si terrà a Milano dal 18 al 22 novembre.
Maurizio Bernardo, con una lunga carriera politica di 23 anni alle spalle e un ruolo di rilievo come ex Presidente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, oggi è alla guida di Assofintech, l’associazione no profit che rappresenta tutti i player del Fintech e Insurtech italiani. Bernardo punta a costruire un ecosistema imprenditoriale competitivo e innovativo, promuovendo la cooperazione tra i vari attori del settore.
Bernardo, quando ha capito l’importanza del Fintech per il futuro della finanza?
Il momento chiave si è presentato nel 2017, durante il mio incarico come Presidente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati. Con il collega Sebastiano Barbanti e gli altri membri della Commissione, abbiamo avviato un’indagine approfondita, incontrando 40 attori del mercato. Ci siamo confrontati direttamente con i protagonisti per comprendere l’importanza del fenomeno. È stata la prima volta che le Istituzioni hanno mostrato interesse per questi temi.
A quali conclusioni siete arrivati?
Capimmo che il Fintech era, ed è tuttora, un settore di primaria importanza, ma ci rendemmo conto che l’Italia era in ritardo, soprattutto in termini di regolamentazione. La mancanza di normative rischiava di far emigrare all’estero l’ingegno e la creatività italiana. Quell’esperienza mi diede lo stimolo per collaborare con il professor Domenico Siclari alla redazione della legge sull’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale; un passo necessario per colmare le lacune nel sistema educativo e favorire maggiore consapevolezza tra i cittadini.
Come sta oggi il Fintech italiano?
La crescita del settore in Italia avviene principalmente grazie a iniziative di alcuni imprenditori visionari e ai loro capitali privati, ma i numeri sono ancora molto distanti da quelli che vediamo in altre aree del mondo, sia nel Fintech che nell’Insurtech. L’Italia attira pochi investimenti dall’estero, situazione analoga al mercato dei Venture Capital delle startup italiane. Ci sono ancora alcuni ostacoli da superare, il principale è la mancanza di aggregazione. Fatichiamo a costruire un ecosistema solido e coeso.
Cosa bisognerebbe fare?
Partiamo da una premessa fondamentale: da soli si va veloci, ma insieme si va lontano. È essenziale che tutti gli attori del settore Fintech — Istituzioni, privati, Banche, Università, Associazioni — collaborino per creare un’aggregazione efficace. L’idea potrebbe essere quella di creare una sorta di Confindustria Tech che includa anche il settore Fintech. Un buon modello da seguire è la Fintech House portoghese (associazione che supporta startup operanti in diversi ambiti come Fintech, Insurtech, Regtech, AI, Blockchain e Cybersecurity).
C’è anche un altro esempio?
Ma possiamo anche pensare alla Singapore Fintech Association – l’equivalente di Assofintech in Italia – che è partecipata dalla Banca centrale di quel Paese. Sono buoni esempi per dire che iniziative simile permetterebbero di stimolare l’innovazione, costruendo un ecosistema in cui imprese e startup possano interagire facilmente con investitori, legislatori, banche, consulenti e altri attori strategici.
A proposito di Startup, come le state supportando?
Accompagniamo le startup nel loro percorso di crescita e ricerca dei capitali collaborando con diversi partner e partecipando a eventi di rilievo internazionale, come ad esempio il Fintech Festival di Singapore e l’Innovation Festival del Gruppo Iccrea. Vogliamo promuovere lo sviluppo di nuove idee imprenditoriali e favorire l’incontro tra le Startup, investitori e Istituzioni.
Sarebbe utile un Ministero dedicato all’Innovazione e alle Tecnologie?
L’istituzione di un Ministero sarebbe un segnale forte per tutti i player del settore, e non solo. L’obiettivo principale deve essere la promozione dello sviluppo del Paese, al di là degli avvicendamenti politici al vertice del Governo. Il Fintech rappresenta una scommessa di valore. Tuttavia, le leggi devono essere scritte ascoltando coloro che quotidianamente affrontano le sfide del mercato. Altrimenti, rischiano di essere leggi distanti, difficili da applicare e meno efficaci nel fornire opportunità.
Cosa vede nel prossimo futuro del Fintech in Italia?
Non credo che arriveremo a un modello come quello americano, dove le banche Fintech riescono a superare quelle tradizionali e commerciali. Tuttavia, noto una crescente attenzione verso il nostro settore. Ma ciò che avrà un impatto davvero decisivo sarà l’Intelligenza Artificiale, destinata a trasformare radicalmente lo scenario, modificando il modo in cui operano sia le aziende, che i consumatori.
Come valuta l’impatto trasformativo dell’AI?
L’AI rappresenta un’opportunità straordinaria, ma richiede un forte impegno in termini di studio e formazione. Non dobbiamo temere un fenomeno inarrestabile come l’Intelligenza artificiale, ma piuttosto va governato, attraverso due leve principali: la collaborazione di tutti gli attori coinvolti, con un supporto costante delle Istituzioni, e un’educazione mirata per le nuove generazioni, che coinvolga attivamente il mondo accademico.
Assofintech come sta gestendo la transizione tecnologica?
Collaboriamo con AixiA (Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale) per promuovere la ricerca e la diffusione delle tecniche AI. Stiamo lavorando con Università di prestigio come Bocconi e Politecnico di Milano, nonché con Atenei del centro-sud, per ridurre il divario tra le diverse aree del Paese. Inoltre, Assofintech collabora con Aninsei – Associazione Nazionale Istituti non Statali di Educazione e di Istruzione – che ha stabilito accordi con Apple per introdurre tecnologie nelle scuole, contribuendo così a formare i giovani sulle nuove tecnologie.
Come valuta la formazione dedicata al Fintech, in Italia?
Abbiamo un problema significativo di diffusione formativa. In Italia, esistono attualmente solo 8 Master dedicati al mondo del Fintech, un numero decisamente insufficiente. È essenziale avviare nuovi corsi ben strutturati, in grado di attrarre giovani talenti e preparare le future generazioni. Formazione per i giovani, ma non solo: vi sono tanti professionisti di valore non più in età scolastica, che richiedono formazione di alto livello.