C’è chi sogna le stelle fin da bambino e chi, invece, ci arriva quasi per caso. È il caso di Matteo Accardo, fiorentino di nascita, oggi Head of Instruments and Cryogenic Systems all’ESO, l’Osservatorio Europeo Australe. In questa nuova tappa della rubrica “Italiani dell’altro mondo” ci spostiamo in Germania, a Monaco di Baviera, per incontrare un fiorentino che non ha rinunciato alla propria passione neppure ai tempi del servizio militare. «Dalle 6 di mattina alle 14 ero in divisa verde in caserma e poi nel pomeriggio andavo all’Osservatorio di Arcetri», a sud di Firenze.
Un viaggio inaspettato
Come si diceva, la storia di Accardo, classe 1973, non è frutto di un percorso standard. Dopo le superiori in un istituto tecnico industriale si è subito inserito nel mondo del lavoro. «Sono stato per un paio d’anni nell’industria per la refrigerazione delle bibite». Un avvio insolito, ma visto a posteriori con qualche indizio su come sarebbero andate le cose. L’opportunità è arrivata nel 1997: «Mi si è presentata l’occasione di lavorare all’Osservatorio di astrofisica di Arcetri, che fa parte dell’INAF». Ed è lì che il suo profilo ha iniziato a specializzarsi.
«Sono cambiato: da meccanico generico sono diventato specialista nella opto-meccanica e nella criogenia. Ho lavorato sul Large Binocular Telescope. Mi occupavo di verificare disegni e ispezioni su parti meccaniche». Una precisazione è doverosa: quando si parla di space economy spesso ci si dimentica di quanto lavoro e competenze servano a terra: ingegneri meccanici, aerospaziali e tecnici sono figure fondamentali per lavorare su apparecchiature, strumenti e grandi telescopi. Competenze che vanno valorizzate. Accardo, ad esempio, è stato tra gli speaker al BSBF – Big Science Business Forum, tenutosi a ottobre a Trieste.
Torniamo però indietro nel tempo. Alla fine degli anni Novanta per Matteo Accardo era giunto il momento di capire cosa fare dopo i vent’anni. «A 29 anni non ero poi così soddisfatto. Così ho iniziato a guardare le possibilità. Ho trovato un posto a ESO, come tecnico. Un profilo che corrispondeva a quello che stavo facendo a Firenze». L’ESO, l’Osservatorio Europeo Australe, al contrario del nome non è un’organizzazione europea.
Spazio ai tecnici
«Sono coinvolti diversi Stati – spiega Accardo – ed è un’organizzazione creata nel 1962». Come si legge sul sito ufficiale dell’organizzazione l’European Southern Observatory (ESO) è una realtà intergovernativa in ambito astronomico e cura da decenni programmi per progettazione, costruzione e funzionamento di strutture di osservazione. «Per me è stato un passo grosso». Era il 2003 quando ha iniziato a lavorarci.
Da un punto di vista tecnico cosa serve a un osservatorio per funzionare al meglio? «Gli osservatori dell’ESO si trovano in Cile, nel deserto di Atacama. La qualità delle immagini è data dall’assenza di umidità, per questo abbiamo costruito la struttura in un deserti più aridi». Dopo oltre 20 anni di lavoro a Monaco Accardo opera oggi in un settore dove l’innovazione conta parecchio. «Da trent’anni le immagini non vengono più registrate su lastre fotografiche, ma si sfruttano i sensori ottici e infrarossi. Sono montati all’interno di uno strumento astronomico. Un telescopio raccoglie la luce e questo fascio ottico viene indirizzato in uno strumento».
La criogenia è il suo campo di specializzazione: «A ESO mi occupo di strumentazione. Non di pianeti o galassie. Mi sento come in Formula 1: devo costruire un motore con un certo tipo di consumo e la criogenia è una tecnologia necessaria per costruire questi strumenti. Nella maggior parte dei casi l’interno delle strumentazioni è sotto vuoto e opera a temperature criogeniche».
Le storie, come sempre si sviluppano nello spazio. In Germania Matteo Accardo opera a Garching: «Siamo vicini a Monaco, uno dei nodi più importanti per quanto riguarda la ricerca scientifica. È un piccolo paesino tra la città e l’aeroporto di Monaco che fu identificato negli anni ’60 come luogo ideale per costruire un reattore. Tutto intorno si è sviluppato il polo scientifico dell’Università di Monaco».