«Ho una lavagna su cui mi metto a creare idee, è il mio hobby. La cosa è partita durante il Covid, stando molto da solo a casa. Nel 2021 mi è apparso su LinkedIn l’annuncio di Antler, uno dei più grandi incubatori al mondo: cercavano persone a loro volta in cerca di co-founder. Bisognava andare a Oslo, partecipare a un programma di 10 settimane per seguire un corso ultra accelerato di startup. Pensavo di avere zero speranze di entrare». E invece è così che è stata lanciata Laiout, proptech europea tra i cui fondatori c’è anche l’italiano Cristiano Coretti, nato a Roma nel 1987, e cresciuto in una famiglia di architetti e ingegneri. L’azienda, di cui oggi è Chief Product Officer, è anche il frutto del suo percorso nel settore, quello immobiliare, dove il livello di innovazione ha ancora ampi margini di crescita.
In questa nuova puntata di Italiani dell’altro mondo, la nostra rubrica per mappare i talenti che si sono formati all’estero e che in alcuni casi ritornano, abbiamo intervistato un imprenditore con un passato nell’accademia, con diverse tappe tra Europa e vicino Oriente, fino alla penultima casella, in Norvegia, dove alla fine si è buttato in un’esperienza per lui inaspettata. Oggi Cristiano è tornato in Italia, dove opera in full remote.
Laurea in architettura a Roma, per Coretti il percorso si sarebbe potuto dire segnato in partenza, data anche la sua passione per la materia. «Ho fatto un dottorato in architettura a Roma: parte della mia passione è sempre stata la ricerca. Leggo costantemente libri di storia, mi formo sulla finanza. Ma dopo due anni di dottorato ho lasciato, perché ho scoperto che non era la mia strada. Adoravo insegnare, ma volevo qualcosa di più». Nella vita dei più fortunati c’è spesso la figura di un docente o professore che dà il consiglio e la spinta al momento giusto per far sì che l’alunno segua davvero il proprio talento. «Il prof con cui collaboravo mi vedeva insoddisfatto e mi ha detto ad andare all’estero».
Nel corso della sua carriera universitaria Coretti ha fatto ricerca in Olanda e in Turchia. In Italia, così ci ha raccontato, ha provato a mandare CV ovunque, ma senza ottenere alcuna risposta. Così ha deciso di prendere un biglietto direzione Londra, negli anni pre Brexit. «Non avevo nulla in mano, ma in due settimana ho firmato un contratto in una società di consulenza. Avevo cercato anche in studi di architettura. Del posto dove poi ho lavorato per anni mi aveva colpito il fatto che applicassero la tecnologia all’architettura».
La società si chiama Gia e gli ha permesso di toccare con mano come software evoluti possono creare un vantaggio competitivo. «Avevo a disposizione questo programma con cui creavo forme architettoniche. In UK c’è una legge che ha più di due secoli e che tutela gli edifici più antichi garantendogli la luce del sole». Una sorta di diritto alla luce, che richiede dunque parecchia attenzione se non si vuole correre il rischio di inciampare in cause e richieste di risarcimenti. «Ho gestito progetti da qualche miliardo di sterline».
Lavorando in quel contesto ha potuto anche sperimentare le iniziative interne che prendevano piede, quasi fossero startup. Il coronavirus, come per molti, ha segnato un prima e un dopo. «Nel 2021, dopo sei anni a Londra, ho preso tre mesi di aspettativa dal mio lavoro per partecipare al batch dell’acceleratore di Antler a Oslo». Il settore in cui avrebbe voluto mettersi in gioco era il suo: architettura, immobili, costruzioni. «Ho iniziato a fare chiamate, raccogliendo interviste. Qual è uno dei momenti in cui perdi più tempo nel tuo lavoro? Tutti confermavano che una delle parti è la parte iniziale del design».
Caricando una planimetria sul programma Laiout fornisce varie soluzioni. «Il programma ti dà varie opzioni in pochi minuti, invece che in settimane di lavoro. Abbiamo progetti in 33 Paesi». Il team, composto da 11 persone, è full remote e da qualche tempo Cristiano è rientrato in Italia, dove ha incontrato senz’altro un ecosistema più maturo rispetto al passato. «Oslo e la Norvegia dal punto di vista di startup sono spaziali. L’ecosistema è molto sviluppato e in base agli ambiti in cui vuoi lavorare hai finanziamenti garantiti. In Italia noto che l’ecosistema non è così integrato. A Oslo ci sono tre posti in cui puoi trovare centinaia di startup».