Che futuro può avere la mobilità sostenibile in un Paese, l’Italia, che nel 2023 risultava quello con il più alto tasso di motorizzazione dell’Unione europea? Ogni mille abitanti 694 vetture, contro una media UE di 571. Il Paese della FIAT è da sempre “innamorato” delle quattro ruote, ma la maggior parte delle persone non sembra esser stato colpito dalla freccia del Cupido elettrico: l’Italia è l’ultimo tra i grandi Paesi europei per market share delle ecar (3,9%) secondo i dati di Motus-e. A rendere la strada ancora più in salita ci sono gli effetti nel nuovo Codice della Strada sull’impiego dei monopattini elettrici (crollato) e la situazione non proprio ottimale del trasporto su ferro. Con l’articolo di oggi diamo il via a un percorso editoriale che racconta la mobilità sostenibile in Italia, con dati e storie di imprese e startup che innovano in un comparto variegato, tra mille incognite sul futuro.
Mobilità sostenibile: quanto si pedala in Italia?
C’è un mezzo che ancora non abbiamo citato, ma che di fatto è quello più associato alla mobilità attiva: la bicicletta. «Premesso che non esiste un accurato database nazionale che monitori il livello di utilizzo della bici – ci ha detto Massimo Ciuffini, Responsabile Area Mobilità Sostenibile della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – non si vedono avanzamenti significativi. Isfort, tramite l’indagine campionaria Audimob, ci dice che gli spostamenti in bici si aggirano, oramai da anni, tra il 3 il 5%. L’Istat, che conduce una rilevazione sugli spostamenti, casa-lavoro e casa-scuola, ci indica un valore simile, se non leggermente inferiore».
È come se a livello centrale non ci sia però la reale intenzione di fotografare il fenomeno della ciclabilità. «La mia opinione è che da parte delle istituzioni non venga percepita l’importanza di questo mezzo di trasporto. Il cambiamento di mentalità dei cittadini non ha portato a un cambiamento da parte degli indirizzi della politica nazionale». Come ha evidenziato Ciuffini esistono best practice a livello locale: sono le città che stanno seguendo i modelli europei. «Mi vengono in mente grandi città come Milano e Bologna ma anche città più piccole come Reggio Emilia, Bolzano o Pesaro, con il successo della sua Bicipolitana».
Negli ultimi anni le priorità sono tuttavia cambiate. «Durante il governo Draghi l’allora ministro Giovannini diede corpo al Piano Nazionale sulla Ciclabilità, atteso dal 2018, un’azione per affermare che, almeno nelle intenzioni, le istituzioni si stavano interessando alla bicicletta. Non c’erano però finanziamenti per l’attuazione del piano e oggi con l’attuale governo si è persa quella strada. Ora si parla di Ponte sullo Stretto. Le ciclabili che saranno realizzate con il PNRR non avranno un impatto rilevante: 600 milioni di euro su un totale di 41 miliardi dedicati ai trasporti».
Come ha argomentato Ciuffini, il tema della mobilità sostenibile parte dai dati e da come vengono analizzati e letti. «Sembrerebbe una notazione tecnica, ma non lo è. C’è una differenza tra censire gli spostamenti e le percorrenze. Se censisci le percorrenze, come fa il Ministero dei trasporti, spostamenti a piedi e in bici, ma anche con l’autobus, tendono ad avere un piccolo peso percentuale e, di conseguenza a essere sottovalutate. In realtà nella vita quotidiana delle nostre città non è affatto così».
La spesa per il trasporto pubblico in Italia
Torniamo dunque ai dati e spostiamoci su un altro ambito, quello dei trasporti pubblici locali (TPL). Come si legge nel Rapporto Future Ways 2024 della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, «se rapportiamo la spesa complessiva per il TPL italiano, spagnolo e francese, l’Italia è indietro agli altri Paesi, sia in termini di spesa pro capite che in rapporto al PIL. L’Italia nel 2019 ha speso tra 131 e 116 euro ad abitante, in funzione dell’inserimento o meno di alcune spese, oltre a quelle direttamente dedicate all’esercizio dei soli servizi di trasporto». In Francia spendono il doppio per ciascun abitante.
«Stando ai dati oggi le persone che vanno al lavoro con metro, tram e bus sono di meno rispetto agli anni pre pandemia. I treni ad alta velocità, invece, hanno superato i livelli pre 2020. Gli spostamenti con i mezzi pubblici coprono circa il 10% a livello nazionale». C’è poi il tema dell’offerta, con un parco circolante degli autobus che nel 2018 aveva un’età media di 12,1 anni, scesi a 10,3 nel 2022 ma ancora lontani dall’obiettivo europeo di 7,5.
Il periodo nero dei monopattini
E che dire poi dei monopattini? Protagonisti insieme alle biciclette del bonus da 500 euro voluto dal Governo Conte II nel 2020/21, hanno riempito rapidamente le strade delle principali città, potenziando il cosiddetto segmento dell’ultimo chilometro. Nel 2024, però, l’approvazione del nuovo Codice della Strada ha di fatto reso la vita molto più difficile ad aziende in sharing e agli utenti: obbligo del casco e dell’assicurazione ne hanno scoraggiato l’utilizzo.
Per quanto riguarda i noleggi si parla di un crollo che arriva al 50%. «Le nostre analisi sull’incidentalità del monopattino in sharing rispetto alla bici parlano chiaro – ha commentato Ciuffini – non c’è una maggiore pericolosità del monopattino rispetto a bici tradizionali o elettriche. L’idea di imporre il casco non è fondata sui dati».
L’esperto condivide il pensiero di altri imprenditori del settore sulla volontà del governo e in particolare del ministro Salvini di colpire un settore. «Il nuovo Codice non solo sta distruggendo un mercato ma anche un modo di muoversi che avrebbe un ruolo importante. Il monopattino in sharing è una risorsa. Quello che va risolto è il suo uso sbagliato, cosa che accade ancora oggi, basta guardarsi intorno».
Città 30: una strada in discesa?
Un altro argomento che nel 2024 ha attirato le critiche del leader della Lega riguarda la città 30 introdotta a Bologna. Si tratta di una misura che introduce su buona parte delle strade urbane il limite di velocità a 30 km/h. Su questo, però, Ciuffini ha voluto precisare un elemento. «Favorevolissimo a ridurre la velocità ma selettivamente. Alcune strade non sono proprio concepite per quei limiti. Portando agli estremi la città 30, alla fine si finisce col creare un atteggiamento ostile da parte di alcuni cittadini, infastiditi da misure che vengono viste come dogmatiche».
In sintesi, secondo l’esperto, la città 30 può frenare la diffusione della mobilità sostenibile. «Rischia di rallentare il processo di avanzamento di una mobilità diversa da quella di oggi. È certamente necessario perseguire obiettivi radicali ma usando gentilezza, astuzia e una forte dose di empatia».
Se si parla infine di mobilità sostenibile il treno è senz’altro uno dei mezzi più importanti, in grado di sostituire l’auto sulle lunghe distanze. Più ecologico senz’altro. Puntuale, invece, non sempre. I recenti disagi alla rete hanno dimostrato che l’infrastruttura fa i conti con ritardi cronici e scarsi investimenti sulle tratte regionali. Di nuovo, Salvini è stato preso di mira dalle opposizioni. «Trasformare Salvini in un capro espiatorio non ci permette di mettere a fuoco i problemi: è un’eredità di decenni di politiche e investimenti in una specifica direzione», ha evidenziato Ciuffini.
Gli investimenti sul trasporto su rotaia ci sono stati, solo che hanno privilegiato un solo ambito. «Si sono concentrate le risorse sulla rete ad alta velocità, sottovalutando il ruolo dei nodi e di come gestire il traffico ferroviario una volta realizzate le infrastrutture, considerato come la liberalizzazione del mercato spinge verso una concentrazione dell’offerta dove si guadagna di più». Ed è già chiaro che un eventuale miglioramento della rete complessiva arriverà dopo il PNRR. «Dei circa 32 miliardi sulle infrastrutture ferroviarie del Recovery Fund l’80% è destinato all’alta velocità. Per i nodi e la rete regionale il restante 20%».