A poco più di 24 ore dalla morte di Papa Francesco in molti ne stanno esaltando l’eredità spirituale e non solo. Il pontefice, scomparso all’età di 88 anni, ha interpretato il proprio ruolo come successore di Pietro parlando non soltanto di amore per gli uomini ma anche per il creato. Laudato si’ è la seconda Enciclica che ha scritto nel 2015 e contiene un messaggio che in molti hanno definito ecologista. Parole da riscoprire oggi, 22 aprile, in occasione della Giornata della Terra.
Il messaggio ecologista di Papa Francesco
«Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità – ha scritto Papa Bergoglio nell’Enciclica Laudato si’ -. È il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia, amato anche da molti che non sono cristiani. Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati».
Il concetto di ecologia integrale ritorna spesso nel suo pontificato. Papa Francesco ha parlato non soltanto degli ultimi, ma anche delle emergenze del nostro tempo come quella climatica. Nel 2019 ha incontrato Greta Thunberg, l’attivista svedese che ha mobilitato milioni di giovani in tutto il mondo, chiedendo ai grandi della Terra di far di più per il pianeta. In Laudato si’ Bergoglio ha preso le difese del Sud globale che ha rappresentato in oltre dieci anni di pontificato: «Il debito estero dei Paesi poveri si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico».
Prima di diventare Papa Francesco è stato Arcivescovo di Buenos Aires e per lunghi anni ha frequentato le periferie argentine. Erano proprio le periferie il punto di osservazione da cui preferiva operare. «In molti luoghi del pianeta – ha scritto nell’Enciclica – gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura. Tanto i rifiuti industriali quanto i prodotti chimici utilizzati nelle città e nei campi, possono produrre un effetto di bio-accumulazione negli organismi degli abitanti delle zone limitrofe, che si verifica anche quando il livello di presenza di un elemento tossico in un luogo è basso. Molte volte si prendono misure solo quando si sono prodotti effetti irreversibili per la salute delle persone».
Contro la «globalizzazione dell’indifferenza», come l’aveva definita all’inizio del suo pontificato, Francesco ha inteso l’ecologia integrale anche come difesa delle popolazioni che più di molte altre mantengono un forte legame con la terra.
«In questo senso – ha scritto – è indispensabile prestare speciale attenzione alle comunità aborigene con le loro tradizioni culturali. Non sono una semplice minoranza tra le altre, ma piuttosto devono diventare i principali interlocutori, soprattutto nel momento in cui si procede con grandi progetti che interessano i loro spazi. Per loro, infatti, la terra non è un bene economico, ma un dono di Dio e degli antenati che in essa riposano, uno spazio sacro con il quale hanno il bisogno di interagire per alimentare la loro identità e i loro valori».
In occasione di un convegno tenutosi ad Assisi Papa Francesco ha ricordato: «Il mondo non è una scatola da utilizzare, ma un giardino da curare e far fiorire attraverso le relazioni fra uomo e natura e fra ogni singola persona con i propri fratelli».