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Sono adolescenti, preadolescenti, qualche volta bambine e bambini che arrivano nel nostro Paese in solitudine, i genitori perduti o lontani, il più delle volte già vittime di esperienze traumatiche nel Paese di partenza e sotto lo stress di viaggi lunghissimi e pericolosi. Soltanto per mare, negli ultimi dieci anni ne sono arrivati in Italia quasi 130.000. Senza genitori, senza figure amiche e riferimenti stabili, dunque ancor più vulnerabili, possono però incrociare le vite di adulti che si mettono a disposizione per ascoltarli, tutelarne i diritti, favorirne l’integrazione. Si tratta di comuni cittadini e cittadine che hanno scelto di diventare tutori e tutrici volontarie, una figura introdotta formalmente otto anni fa, essenziale per costruire futuro e speranza, eppure ancora poco conosciuta e poco supportata. Ne parliamo, a tu per tu, con Chiara Cardoletti, Rappresentante UNHCR – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati – per l’Italia, San Marino e la Santa Sede.

Ovunque ci sia un tutore o una tutrice volontaria, cambiano radicalmente i destini di ragazzi e ragazze e si costruisce un valore sociale enorme. Perché è così cruciale questa figura? 

I tutori volontari sono una figura fondamentale per la tutela dei ragazzi e delle ragazze minorenni che arrivano in Italia senza le loro famiglie. Tutti i minorenni hanno bisogno di una figura che li rappresenti e li sappia orientare: questo è ancora più vero per quanto riguarda ragazzi, ragazze e bambini e bambine che arrivano da soli in un Paese che non conoscono, spesso avendo alle spalle un percorso fortemente traumatico, senza conoscerne la cultura e la lingua. I tutori volontari compensano in qualche misura l’assenza dei genitori: sono garanti del preminente principio del superiore interesse del minore, principio cardine del sistema di protezione delle persone di minore età. La motivazione e l’impegno che portano persone che volontariamente scelgono questo ruolo, unitamente alla loro preparazione, rappresentano la spina dorsale della protezione dei minori stranieri nel nostro Paese.

La loro è una forma di cittadinanza attiva molto fattiva e impattante ma, purtroppo, non così nota: occorrerebbe farla conoscere e incoraggiarla. Chi può aspirare a diventare tutore e tutrice volontaria? E come ci si candida?

Sì, è vero, nonostante la grande solidarietà dimostrata dagli italiani, spesso non vi sono sufficienti tutrici e tutori volontari per rispondere alle esigenze dei minori stranieri non accompagnati in Italia. L’ultimo censimento svolto dall’Autorità nazionale per l’infanzia e l’adolescenza contava poco meno di 3800 tutori, mentre l’attuale numero di minori stranieri non accompagnati, secondo i dati raccolti e diffusi dal Ministero del lavoro, è al 31 gennaio di quest’anno di oltre 17.500. La promozione e diffusione della conoscenza circa l’esistenza e il ruolo del tutore volontario sono cruciali per aumentare la consapevolezza nella società civile. Per questo motivo, UNHCR lavora moltissimo per rafforzare proprio questo aspetto, creando occasioni di conoscenza, scambio e promozione attraverso anche il lavoro dei nostri partner sul territorio. Per diventare tutore bisogna, innanzitutto, essere una persona motivata e sensibile, attenta alla relazione con il minore, interprete dei suoi bisogni e dei suoi problemi. Bisogna aver compiuto 25 anni, avere un’adeguata e comprovata conoscenza della lingua italiana e godere dei diritti civili e politici. Il percorso inizia con un corso di formazione offerto dal Garante della propria Regione o Provincia autonoma e, una volta terminato, sarà possibile confermare la propria disponibilità a essere nominati tutori volontari dal tribunale per i minorenni. A questo punto, gli aspiranti tutori volontari saranno inseriti nell’elenco per i minorenni della regione di residenza o domicilio istituito presso il tribunale in attesa di essere nominati. Chi fosse interessato al percorso può trovare tutte le informazioni e i dettagli sul sito dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’adolescenza. 

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Quali sono oggi i rischi a cui minori non accompagnati da una figura famigliare si espongono nel momento in cui arrivano nel nostro Paese?

La protezione delle persone di minore età è centrale al mandato dell’UNHCR. I bambini e i ragazzi che sono stati costretti a fuggire senza le loro famiglie o che si sono separati da loro lungo il viaggio, sono estremamente vulnerabili, esposti a pericoli di violenza e sfruttamento. La legge italiana è particolarmente attenta ai bisogni delle persone di minore età, a partire dal loro primo ingresso in Italia. Lavoriamo nei luoghi di primo arrivo, alle frontiere sia al Nord che al Sud Italia, per assicurare che siano prontamente individuati e siano da subito accolti in strutture adeguate e sostenuti, proprio per prevenire rischi e pericoli cui potrebbero essere esposti, inclusi quelli di abuso, sfruttamento e tratta di esseri umani. Molti minori tuttora si allontanano presto dalle strutture cui sono destinati ed accolti, talvolta con l’intento di raggiungere altre località e Paesi dove si aspettano di ricevere migliori opportunità di vita ed inclusione, oppure per raggiungere familiari e amici in altri paesi d’Europa. Ovviamente questi spostamenti autonomi accentuano l’esposizione a rischi e pericoli.

Nel 2023, UNHCR insieme a Save the Children ha mappato lo stato di attuazione di questa figura. Quali sono i problemi maggiori che avete identificato? Dallaltra parte, sono emerse buone pratiche e punti di forza di particolare rilievo?

La tutela volontaria è in sé una buona prassi. È nata spontaneamente in alcune località e successivamente, considerata la grande utilità di questa figura, il legislatore ha voluto istituzionalizzarla ed estenderla a tutto il territorio nazionale, facendone uno degli aspetti centrali della normativa italiana in materia di protezione dei minori stranieri non accompagnati. Ovviamente, come ogni buona prassi, anche la tutela volontaria ha bisogno di essere sostenuta da un sistema di supporto e valorizzazione. Purtroppo, la sproporzione tra il numero dei tutori ed i bisogni ha come conseguenza tempi lunghi di nomina e un numero di nomine eccessive per il singolo tutore. La nostra ricerca ha anche evidenziato una certa frammentarietà nelle procedure da territorio a territorio, un bisogno di maggiore formazione ed aggiornamento, ulteriori momenti di aggregazione, confronto e scambio e una più efficace distribuzione territoriale della funzione. Tra le buone prassi vanno senz’altro menzionate lo spontaneo associazionismo tra tutori e tutrici a livello locale e nazionale; il legame e la fiducia instaurato tra tutrice/tutore e i ragazzi, che poi prosegue anche una volta compiuta la maggiore età e l’attenzione da parte delle istituzioni ai bisogni economici per le spese sostenute da tutrici e tutori nell’esercizio delle proprie funzioni. Questo ultimo aspetto ha portato all’adozione di un decreto specifico che prevede anche un’indennità straordinaria in circostanze particolari e su decisione dei tribunali per i minorenni, al termine di una tutela particolarmente onerosa e complessa.

Nel 2024, avete costruito una nuova mappatura che ha, tra le altre cose, riscontrato che, in particolare in Friuli-Venezia Giulia e in Sicilia, i due grandi punti di ingresso, tutori e tutrici sono gravemente insufficienti per i bisogni effettivi. Cosa scoraggia le persone ad assumere questa funzione o, al contrario, cosa le spinge a lasciare? 

Il nostro studio ha registrato e confermato alcuni aspetti del regime di tutela volontaria che, purtroppo, rischiano di stemperare ed affievolire l’iniziale entusiasmo delle persone nei riguardi della tutela volontaria. Uno dei fattori principali è un certo sconforto generato da un diffuso senso di isolamento e limitato supporto da parte delle istituzioni. Tutrici e tutori si sentono talvolta lasciati a loro stessi nell’affrontare un ruolo importante ma anche oneroso, se non propriamente sostenuto e coadiuvato da adeguata formazione e aggiornamento. Le difficoltà e lungaggini burocratiche rivestono anche un ruolo in questo senso, ad esempio quando si tratta di ottenere i rimborsi previsti ora dalla normativa. Il numero insufficiente di tutori e tutrici, poi, ha ovviamente un impatto sul numero delle tutele e quindi sul carico di lavoro. 

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Sea arrivals to Italy in Lampedusa In 2023 157,301 persons arrived in Italy by sea, an increase of 50% compared to 2022 (105,131). Out of the total of arrivals, 62% departed from Tunisia. The main disembarkation site was Lampedusa (69% of arrivals). The top five countries of origin of sea arrivals to Italy in 2023 were Guinea, Tunisia, Cote d’Ivoire, Bangladesh and Egypt. In 2023, 1,793 people went lost or missing in the Central Mediterranean seas, up from 1,453 in 2022. In recent years, Italy has consistently responded to the increase in sea arrivals, ensuring access to territory and to the asylum procedure for those in need of international protection. We trust it will continue to do so and we stand ready to continue supporting the government in the management of these flows. Many people arriving in Italy by sea are survivors of torture, violence or abuse experienced in their country of origin or along the migration route. Such people should be promptly identified for referral to specialist services. UNHCR together with partners is actively engaging with local and national institutions to support the creation and implementation of efficient identification and referral mechanisms. ;

Cosa succede a una persona minore sola nel nostro Paese quando compie diciotto anni?

La normativa italiana è particolarmente attenta ai bisogni di protezione dei minori stranieri non accompagnati. Tuttavia, il compimento della maggiore età segna un confine molto netto, una linea rossa al di là della quale gran parte delle tutele e garanzie previste vengono meno. Il diritto alla tutela, all’accesso prioritario alla protezione internazionale, ad una accoglienza specializzata, il divieto di respingimento ed espulsione in quanto minori decadono con il compimento della maggiore età. Ovviamente i bisogni non vengono meno improvvisamente, la transizione alla maggiore età è un passaggio molto delicato che richiede un accompagnamento specifico. Non per nulla le Nazioni Unite individuano in quella tra i 15 e i 24 anni una fascia di età caratterizzata da bisogni specifici. In Italia, sono previste delle misure che mitigano questo brusco passaggio, quali ad esempio l’istituto del cosiddetto proseguo amministrativo, ovvero la possibilità di chiedere tramite il tribunale dei minori il prolungamento del supporto necessario per raggiungere l’autonomia.  

Immagino che lei incontri molti di questi ragazzi e ragazze. Di che cosa sentono più di ogni altra cosa bisogno? E cosa si aspettano, dopo le esperienze molto dolorose che hanno attraversato, dalla nuova vita in Europa?

Molti si sentono estremamente soli e spaventati. Ascoltarli è fondamentale. Il nostro approccio è sempre fortemente partecipativo e le voci dei minori informano e indirizzano il nostro lavoro. Insieme all’Autorità nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza abbiamo svolto numerosi incontri con loro, proprio per ascoltarne direttamente le esperienze e capire come poterli sostenere. Sono spesso pieni di entusiasmo ed aspettative positive per il futuro. Si aspettano, dopo aver attraversato tante esperienze difficili e spesso traumatiche, di potersi integrare e ottenere un’autonomia velocemente. Purtroppo, una volta arrivati in Italia, realizzano presto che le procedure e i tempi non sempre rispecchiano le loro aspettative. Talvolta si sentono come bloccati, non capiscono perché e cosa debbono attendere. Le barriere linguistiche e un’informazione non sempre chiara ed esauriente accrescono il loro senso di frustrazione. Un’altra esigenza spesso riportata è il bisogno di maggiore coesione con i propri coetanei italiani, non sempre facile. Il tutore svolge senz’altro un’opera cruciale per facilitare una giusta e corretta informazione, facilitare percorsi di integrazione e rispondere ai loro bisogni e alle loro ansie. 

Linchiesta giornalistica internazionale Lost in Europe, peraltro premiata in seno al Parlamento Europeo, ha messo in luce dati sconcertanti: mancano decine di migliaia di bambini e bambine, ne spariscono in media 47 al giorno dopo larrivo in Europa. 50.000 sono quelli spariti nel nulla tra il 2021 e il 2023. Cosa si sa di loro?

L’allontanamento dei minori stranieri non accompagnati dalle strutture di accoglienza li espone a gravi rischi. I dati sono davvero allarmanti; nel 2024 circa 7350 ragazzi si sono allontanati autonomamente. Circa il 75% di loro si allontana nel corso dello stesso anno di arrivo, presumibilmente non troppo dopo l’arrivo. Questo rende evidente l’importanza di una prima accoglienza specializzata, in grado di ascoltare, orientare ed intercettare tempestivamente le esigenze dei minori, così da contribuire a prevenire quanto possibile allontanamenti precoci e soprattutto i rischi e pericoli ad essi inerenti. Molti di loro si spostano per raggiungere famiglie, amici o comunità in altri Paesi d’Europa, oppure per una percezione di condizioni di vita più favorevoli altrove. Spesso le informazioni in loro possesso sono errate o non sono complete. Per comprendere meglio, abbiamo commissionato un’analisi pilota circa i movimenti secondari nell’Unione Europea di minori stranieri non accompagnati richiedenti protezione internazionale, dalla quale emerge, tra le altre cose, l’estrema difficoltà se non l’impossibilità di tracciare i minori in movimento, anche a causa della disarmonia di prassi e normative tra i vari stati. Conoscere, dunque, l’esito del viaggio dei minori che si allontanano dalle strutture in Italia è impossibile: ciò su cui dobbiamo continuare a lavorare è il miglioramento dell’ascolto, delle condizioni di accoglienza e delle possibilità di inclusione, affinché i minori scelgano sempre più di rimanere al sicuro.