Si potrebbe dire che la varietà nei vecchi Zelda, quelli con visuale isometrica, fosse garantita dall’alto numero di armi e oggetti che il giocatore rinveniva dungeon dopo dungeon, utili a far fronte a una pluralità di enigmi. Con Pipistrello and the Cursed Yoyo la startup di San Paolo (Brasile) Pocket Trap dimostra che sia possibile intrattenere per ore con un unico item. E che item: uno yo-yo.
Pipistrello and the Cursed Yoyo, una ventata d’anni ’90
Apparentemente semplice, il gameplay di Pipistrello and the Cursed Yoyo, è in realtà così variegato e articolato da risultare a tratti ipnotico. Giocando, infatti, il proprio yo-yo – che fa da pietra angolare dell’intero videogioco sudamericano – diventa sempre più utile tanto nella risoluzione dei rompicapo quanto nei combattimenti.

Può infatti essere usato a mo’ di rampino per agguantare oggetti apparentemente troppo distanti, o può trascinare il protagonista lungo piattaforme traballanti e specchi d’acqua grazie alla velocità che riesce a raggiungere. E naturalmente può essere sfruttato negli scontri, come oggetto contundente da scagliare contro i numerosissimi nemici.
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Avanzando col gioco aumenteranno le sorprese e si scoprirà la vera intelaiatura del gameplay alla base di Pipistrello and the Cursed Yoyo dato che inizieranno ad apparire superfici inclinate utili per far rimbalzare lo yo-yo e, se si fanno bene i calcoli, colpire perfidi tarpani che si trovano in punti apparentemente inaccessibili: tutto questo restando al sicuro da una posizione ben lontana dall’azione.
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O almeno così potrebbe sembrare perché via via prima i boss poi un numero sempre maggiore di mostriciattoli inizierà a utilizzare le medesime strategie trasformando ogni battaglia di Pipistrello and the Cursed Yoyo in un vero e proprio rompicapo. A dir poco geniale, complimenti ai brasiliani di Pocket Trap.