L’app economy in Italia nel 2025 continua a crescere in modo sostenuto e rappresenta una componente importante del mercato digitale nazionale. Secondo i dati forniti da Apple, questa nicchia di mercato in Italia ha registrato un fatturato record di 6,7 miliardi di dollari nel 2024. Un dato che comprende principalmente tre settori chiave: beni e servizi fisici che hanno generato 4,4 miliardi di dollari, app di viaggi con 1,7 miliardi di dollari e pubblicità in-app per 1,3 miliardi di dollari. Il mercato e-commerce italiano strettamente collegato alle app mobile è stimato in 112,01 miliardi di dollari per il 2025. Gli acquisti in-app per Apple rappresentano il 57% del fatturato totale di App Store, ma il settore è ancora dominato da Android, che segna il 68,89% nella quota mercato. In questa prima puntata dedicata all’app economy abbiamo chiesto al professore di Marketing della School of Management del Politecnico di Milano, Lucio Lamberti, come crede che questo settore possa evolversi in futuro e che cosa è cambiato dal lancio delle prime app su smartphone a oggi.

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Qualche dato
Secondo l’ultimo report Digital 2025 realizzato da We Are Social in collaborazione con Meltwater, gli utenti italiani trascorrono in media 6 ore online al giorno, di cui 2 ore e 39 minuti su dispositivi mobili. Tra le app più popolari: WhatsApp, con 41 milioni di utenti (circa il 90% della popolazione), TikTok con 25,6 milioni di utenti (44% della popolazione), per oltre 30 ore mensili di utilizzo, ChatGPT che ad aprile registrava 8,8 milioni di persone connesse. Ad andare per la maggiore sono le app social e di messaggistica come WhatsApp, TikTok, Instagram. Secondo posto per l’intrattenimento video con YouTube e TikTok, terzo posto per l’AI con ChatGPT, Gemini, Copilot. Seguono gli e-commerce con Temu, Shein e Amazon che guidano la classifica, app per la gestione aziendale, il gaming e il fintech. «Nel 2023 è stato stimato che gli abbonamenti in app e simili sull’app store valevano 171 miliardi di dollari, tendenzialmente si prevede una direzione abbastanza stabile anche nel 2024, attorno ai 170 miliardi di dollari: questo per quanto riguarda abbonamenti e acquisti in app – spiega il prof. Lamberti – Poi c’è il giro d’affari della pubblicità che vale svariate centinaia di miliardi di dollari, sia in open web che in app. A trascinare il segmento sono le pubblicità, il food delivery, l’e-commerce. Solo su iOS è quantificato in 1,3 trilioni di dollari, di cui il 10% destinati a prodotti fisici e l’80% a beni e servizi in app».

L’evoluzione dell’App Economy
Il settore, tra il 2008 e il 2011-2012 veniva inizialmente interpretato come una «proliferazione delle app “usa e getta”, quelle che si scaricavano e si disinstallavano in 2 giorni – spiega il professore – La principale forma di remunerazione era legata al prezzo del download». Dal 2012 al 2015 è iniziato il boom dei modelli freemium: «si scarica l’app e poi si decide se sottoscrivere il pagamento. In questo caso la remunerazione avviene tramite la pubblicità». E poi sono arrivati gli acquisti in-app. «Nell’app economy uno dei momenti di svolta è stato quando, verso le fine del 2010, il tempo speso dagli utenti su mobile ha superato quello sul desktop – continua il prof – Allora la proliferazione di applicazioni, dal food delivery all’home banking fino ai servizi di streaming è stata supportata anche da normative che ne hanno facilitato la distribuzione. La pandemia ha poi accelerato una serie di segmenti come quelli dedicati alle riunioni e alle videoconferenze, ma anche la formazione a distanza e le assicurazioni che hanno lanciato vere e proprie piattaforme». Un esempio concreto? «Telepass è passato da avere come centro di gravità il proprio business model a un’app che gestisce quel dispositivo come strumento di pagamento. Ma oggi è un’eccezione e non la regola pagare un’app mentre la subscription economy si lega principalmente a servizi in abbonamento».
Quale futuro?
Il futuro dell’app economy si lega strettamente a quello dell’Intelligenza artificiale. «Ci sono alcuni elementi da considerare: da un lato, useremo meno le app perché demanderemo sempre di più all’AI, e questo trend a sua volta genererà delle forme diverse di investimento, da un altro l’AI può portare a un potenziamento dell’app economy, con l’aumento della personalizzazione dei contenuti. Potrebbe cambiare anche la modalità di fruizione, per esempio quando gli utenti sono offline anche con gli accordi sulla libera circolazione del traffico dati in UE. L’AI potrebbe essere nell’app come input mentre si è offline per poi tornare online».

E il futuro di questo settore per il professore vedrà delle megapp con al loro interno microapp. «È un po’ il concetto del miniprogram: rendo disponibile il mio servizio per qualcun altro che intercetta meglio il traffico, in una modalità più immediata rispetto allo sviluppo di un’app in cui magari faccio fatica a raccogliere volumi di traffico e ci guadagno di meno rispetto al ritrovarmi all’interno di un ecosistema più consolidato. Le app in questo modo rappresenteranno una cabina di regia, anche per l’AI. Già ce le abbiamo sulle TV, sull’automobile, sugli schermi interattivi di un aereo, sugli store, sui totem. Non sono più appannaggio esclusivo di smartphone e tablet».
Una nuova frontiera da esplorare sarà la crescente personalizzazione. «Un elemento di sempre crescente interesse è il dato in real time. in questo senso, l’AI dà la possibilità di creare spazi di mercato nuovi – continua il prof – L’importanza della personalizzazione di contenuti e pubblicità non è neanche più un trend futuro ma qualcosa in atto e l’iper-targetizzazione delle audience con l’AI sarà ancora più accelerata. La pubblicità non solo sarà sempre più filtrata in linea con i nostri interessi, ma il contenuto varierà a seconda del luogo in cui ci si trova. E questo concetto varrà sia per la pubblicità che per i contenuti delle app».
Il ruolo delle startup
Per il professore il contributo delle startup innovative diventerà ancora più centrale, ma da un punto di vista qualitativo: «Questi ecosistemi tengono di poco conto i piccoli players, sono in mano a colossi come Meta, Google, Apple, ByteDance, WeChat, Huawei, in un mercato molto competitivo e le probabilità di successo per un’app non sono elevatissime: l’1% di queste è nei ricavi di Apple store e Google Play. Il mercato è enorme ma è appannaggio di un numero molto limitato di players. In questo scenario, la startup innovativa potrebbe trovare una miniera d’oro, ma arrivarci non sarà facile. Vincerà la partita chi diventerà la prossima Revolut».