Dalla mezzanotte di oggi gli USA sono ufficialmente in shutdown. Non accadeva da sette anni. Se la politica non troverà un accordo sul bilancio federale, il Nord America potrà procedere col freno a mano tirato per quanto riguarda le voci di spesa della pubblica amministrazione.
Cosa comporta lo shutdown
Nelle prossime ore gran parte dei dipendenti pubblici sarà posta in stato disoccupazione: tagli lineari che colpiranno scuole, trasporti, ospedali e in alcuni casi persino forze di polizia e vigili del fuoco, con peggioramento dei servizi pubblici essenziali. I dipendenti federali considerati excepted (“essenziali”) resteranno in servizio ma, se lo shutdown durasse a lungo come nel 2019, potrebbero non ricevere lo stipendio mentre quelli ritenuti non-excepted (“non essenziali”) verranno posti in uno stato di “congedo non pagato”.

Furibondo il presidente americano Donald Trump che nei giorni scorsi aveva lanciato diversi messaggi minatori affinché ciò non accadesse (è infatti una situazione che ha peso rilevante nell’opinione pubblica sull’immagine del governo): «Ci saranno licenziamenti di massa». Messaggi che non sembrano aver fatto leva sul Congresso dove i repubblicani controllano sia la Camera sia il Senato, ma non dispongono dei voti sufficienti per far passare i disegni di legge.
Durante il suo primo mandato presidenziale Trump fu protagonista della sospensione amministrativa più lunga della storia americana: 35 giorni, dal 22 dicembre 2018 al 25 gennaio 2019, con l’opposizione sull’Aventino per bloccare le sue politiche sull’immigrazione, per la precisione la volontà di procedere col rimpatrio forzato dei cosiddetti Dreamers e di chiedere risorse per il completamento del muro al confine con il Messico.