Durante la Milano Digital Week “Specchi Riflessi: estetica e identità nell’era digitalei“, l’evento di Unstoppable Women Talk all’Università IULM ha affrontato tematiche legate all’estetica e alla percezione della propria identità in un momento storico complesso, ricco di opportunità ma anche di rischi dovuti alla tecnologia. Tra le speaker dell’incontro moderato da Chiara Trombetta, head of Media and Events di StartupItalia, Lucia Maggi (Ceo e Partner di 42 Law Firm), Susanna Grassi (psicologa), Carolina Capria (scrittrice), Sara Busi, creator e autrice del podcast “Ex bambine ciccione”, Claudia Caperna, CEO e cofounder di Boosted AI, Layla Pavone, responsabile Coordinamento Board Innovazione Tecnologica e Trasformazione Digitale del Comune di Milano, Lorenza Liguori, visual 3D e artist, Luisa Damiano, professoressa di Logica e Filosofia delle Scienze all’Università IULM, Simona Tiribelli, professoressa di Etica dell’AI all’Università di Macerata.

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Robotica sociale, filosofia, etica e visual 3D
Tutto ruota attorno a una domanda: “Chi siamo? E che cosa vogliamo diventare?”, spiega la professoressa Luisa Damiano, tra le ideatrici di un robot, ScentDia, ideato per l’assistenza sanitaria, l’educazione, il marketing e l’intrattenimento nato nei laboratori dell’Università Iulm di Milano che ha fatto il giro del mondo: in Grecia è stato “profumato”, in Australia costruito. «Nel campo della robotica sociale le donne primeggiano e sono leader nell’etica e antropologia – spiega la professoressa – In questo settore i robot diventano partner sociali che comunicano con noi attraverso gesti, parole, non si producono solo macchine ma nuove relazioni sociali. Dare a dei robot una presenza sociale è il presupposto da cui partiamo. Il fatto che ci assomiglino è importante ma allo stesso tempo dobbiamo anche mantenere una certa distanza da loro, affinché restino macchine e noi esseri umani, evitando l’illusione della sostituzione».
Se i robot ci aiutano e ci spingono a domandarci chi siamo e chi vogliamo essere, gli spazi digitali posizionano le nostre libertà. «È molto importante capire come passiamo il tempo negli spazi digitali e algoritmici. Fondamentale resta lo spirito critico e interrogarsi su quello che ci sta accadendo, che tipo di emozioni stiamo provando – spiega la docente Tiribelli – E poi dobbiamo formarci: gli algoritmi ci aiutano a trovare quello che vogliamo ma ci possono anche costringere in spazi definiti».
La visual artist Lorenza Liguori ha spiegato: «Ho studiato per anni un avatar in 3D ma con l’avvento dell’AI sono riuscita ad abbattere totalmente le barriere creative e a avere a disposizione uno strumento potente, un elemento di sperimentazione. Per me il futuro è ora».
Il potenziale delle nuove AI
Nuove tecnologie significano anche nuove ambizioni e progetti. Layla Pavone, responsabile Coordinamento Board Innovazione Tecnologica e Trasformazione Digitale del Comune di Milano, ha spiegato che: «Dobbiamo ancora sviluppare un senso critico del digitale. Stiamo lavorando per la tutela dei diritti dei cittadini e per rendere ancora più vicino e conversazionale il sito del Comune e delle partecipate comunali». Claudia Caperna, CEO e cofounder di Boosted AI ha dato vita a una realtà tech basata, appunto, sull’Intelligenza artificiale, che agevola e fa risparmiare tempo a decenti e studenti. «Al liceo avevo uno grosso problema: la matematica. Poi mi sono iscritta alla facoltà di Informatica, ho conosciuto il mio socio e insieme abbiamo costruito Boosted finalizzato proprio a dare il supporto che io non ho avuto nel mio percorso scolastico – spiega Claudia – Nell’interfaccia docenti si automatizza il processo di lezioni in base al corso e alla durata, gli studenti hanno accesso ad alcuni strumenti come anche podcast con spunti che non sono necessariamente presenti nella lezione. Poi c’è un agente virtuale che aiuta a testare le proprie competenze. Vogliamo portare un approccio “based education” per una scuola più aggiornata e aperta».



Spazi digitali, opportunità e rischi
I casi “Mia Moglie” e “Phica.eu” hanno scoperchiato un grave problema sociale: quello degli spazi digitali aperti. Mondi in cui chiunque può entrare e, in questo caso, coloro che erano attivi in questo spazio, si sentivano liberi di poter divulgare immagini private senza consenso delle dirette interessate. L’avvocato Lucia Maggi ha spiegato che tutto questo per l’ordinamento giuridico italiano è un reato: «Si chiama “deepfake“, ovvero diffusione di immagini o contenuti senza il consenso del diretto interessato. Ed è sempre un reato. Nei casi citati, secondo alcune indagini, circa il 35% delle vittime non sapeva di essere vittima di un reato. E la vera rivoluzione deve partire proprio da noi». Un pensiero condiviso anche dalla scrittrice Carolina Capria, che da sempre si batte per l’uguaglianza e per abbattere le differenze di genere: «Negli spazi digitali accade quello che succede anche in quelli reali, ma con meno controlli. A differenza di altri luoghi, Mia Moglie era una pagina aperta su Facebook che veniva anche consigliata dagli algoritmi. Qui dentro c’erano immagini di donne, ragazzine e anche bambine fotografate senza il loro consenso. Chiunque poteva accedervi e vederle, all’interno di quello che definirei un “vero e proprio stupro digitale” in cui mi è venuto naturale intervenire e provare qualcosa. Resta centrale capire che non è colpa delle donne se viene violato uno spazio personale e ho fiducia nei ragazzi e nelle ragazze di oggi che possano accendere ancora di più un faro su questo tema che spesso resta in sordina».

Psicologia estetica e percezione di sè
Lucia Maggi è una psicologa estetica. «Un termine che ho un po’ coniato io che vengo da tanti anni di attività nel settore del pharma a contatto con medici e dottori», spiega. «Negli anni ho compreso l’affinità tra piacersi, sentirsi belle e la psicologia, il rischio è perdere l’autenticità. Spesso le storie di persone che soffrono e non stanno bene con i proprio corpo sono legate alle proprie esperienze di vita che iniziano, prima di tutto, dalla famiglia. A chi vuole rifare una parte del corpo, per esempio, chiedo sempre: “Con questo ritocco che cosa vuoi comunicare di te?”. Questo perchè tante volte usiamo il corpo ma ci perdiamo e non sappiamo più chi siamo».
La content creator e co-autrice del podcast “Ex bambine ciccione“, Sara Busi ha raccontato la propria esperienza con un corpo con cui faceva i conti quotidianamente: «Nel 2019 pesavo 133 chili, vivevo all’estero e avevo una mia attività nel campo dell’arte. Andava bene, mi ero anche creata un mio team: credo che in Italia tutto questo non sarebbe potuto accadere: devi sempre presentarti “bella”. Comunque, ho deciso a un certo punto di tornare in Italia per provare a risolvere questo problema: mi stavo costruendo una vita ma mi sentivo sempre triste e capivo che questa tristezza derivava da bisogni psico-alimentari e da un rapporto che dovevo recuperare con mia madre. Così ha avuto inizio un lungo percorso affiancato da psicologi e psicoterapeuti culminato con un’operazione di chirurgia bariatrica, di cui parlo anche in un documentario di 5 episodi su YouTube. Oggi mi sento bene, con mia mamma siamo contente e sono felice».