Vent’anni fa fondava Facebook e da allora il mondo non sarebbe più stato come prima. Mark Zuckerberg, il Ceo di Meta, ha cavalcato diversi trend tecnologici, con alterne fortune. Il rebranding in Meta non è bastato per far sbocciare il metaverso. In compenso con Llama ha messo sul mercato un competitor di OpenAI. Ascolta la puntata del podcast Bad Boys di StartupItalia. Nell’episodio, il contributo del founder di The Fool, esperto di cybersicurezza e nostra Firma dal Futuro, Matteo Flora.
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C’è un preciso momento in cui quello che veniva definito dalla stampa americana come Re Mark Zuckerberg esce allo scoperto. Gennaio 2025, pochi giorni prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Su Instagram esce un Reel per dare un annuncio storico. I social di Meta abbandonano il fact checking. “Sulla libertà d’espressione è tempo di tornare alle nostre origini”, scrive. Pochi giorni dopo Zuckerberg è ospite del Joe Rogan Experience, il podcast più seguito al mondo. Parla anche lì di free speech e dell’importanza di una cultura della mascolinità nelle aziende. Ecco, quel momento in fondo cristallizza tutta la sua carriera. Perché da quelle origini si apre un mondo.
Mark Zuckerberg è uno dei nostri BAD BOYS – QUEI “CATTIVI RAGAZZI” ALLA CONQUISTA DEL MONDO, il nuovo podcast in sei puntate firmato StartupItalia. Io sono Giampaolo Colletti e insieme a Chiara Buratti e Alessandro Di Stefano- e con molti altri esperti ti racconto le vite di sei protagonisti che hanno lasciato il segno nella storia dell’innovazione. Figure che affascinano e dividono, che ispirano e che disturbano. Perché hanno infranto le regole, ridefinito i limiti, rivoluzionato i mercati. Ma lo hanno fatto sempre ai limiti. Alcuni sono partiti da un garage, altri da un’aula universitaria, altri ancora da contesti lontani e impensabili per la Silicon Valley. Sono i bad boys della tecnologia globale, espressione della “bro-culture”. Visionari. Spietati. Geniali. E proprio per questo capaci di cambiare tutto. Buon viaggio nei BAD BOYS. Perché nel bene e nel male i cattivi ragazzi costruiscono il futuro.

Pensateci. Se ci fosse un premio per la resilienza nel tech, Zuckerberg sarebbe sicuramente tra i candidati più quotati. Ha fondato Facebook più di venti anni fa. Poi ha acquisito Instagram, WhatsApp, Oculus. Ha investito miliardi nel metaverso. Alcuni direbbero che li ha bruciati, dati i magri risultati. Eppure è uno dei Ceo più longevi della storia recente. E nell’ultimo anno è cambiato. Molto. Benvenuti a “Bad Boys”, un podcast a cura della redazione di StartupItalia.
Il 5 novembre 2024 Donald Trump ha vinto le elezioni USA ritornando alla Casa Bianca dopo la sconfitta nel 2020. A seguito dei fatti di Capitol Hill del 6 gennaio 2021 – quando molti sostenitori del tycoon hanno preso d’assalto il Campidoglio, non riconoscendo la sconfitta del loro leader – anche Meta aveva deciso di bannare Donald Trump dalle sue piattaforme. Nei quattro anni successivi Zuckerberg ha ricevuto diverse minacce da Trump. Il Ceo, i media, la Silicon Valley lo avevano messo a tacere, violando il principio sacro del free speech. Dopo gli anni più difficili della pandemia è iniziato un lento ma evidente spostamento.

Zuckerberg ha detto che l’amministrazione Biden si sarebbe permessa qualcosa di molto grave: i democratici gli avevano davvero chiesto di bannare i post no vax? La transizione è cominciata e le cose sono cambiate molto rapidamente dopo il fallito attentato contro Donald Trump, a Butler, nell’estate 2024. Non è stato soltanto Musk ad avvicinarsi al leader del movimento MAGA. Ne abbiamo parlato con Matteo Flora, founder di The Fool, esperto di cybersicurezza e firma di StartupItalia.
Zuckerberg è una delle persone più ricche al mondo. In cinque anni ha trasformato il Gruppo Facebook prima in una multinazionale votata al metaverso. E ora investe miliardi sull’AI. I suoi competitor? Elon Musk e Sam Altman, tra i principali. Dopo il flop sul metaverso non vuole farsi cogliere impreparato. Per questo ha pensato di proporre Llama come un AI open source, in contrapposizione con OpenAI, che di open ha ben poco. O forse è un’operazione di marketing?
I guai degli scorsi anni di Facebook tra fake news e inefficace moderazione dei contenuti avevano perfino spinto qualcuno a ipotizzare che per risolvere la situazione Zuckerberg avrebbe dovuto lasciare la guida. Lasciare la sua creatura? La campagna elettorale del 2024 è stata per le Big Tech una piattaforma ideale. Sostenere Trump significava avere un alleato contro l’Unione Europea che sa solo multare le Big Tech americane; sostenere il leader MAGA significava poi scrollarsi di dosso quella che per molte multinazionali era evidentemente una assurdità: ci riferiamo alle politiche sull’inclusione. Ne hanno fatto carta straccia in poche settimane. Torniamo da Matteo Flora. Zuckerberg perché ha deciso di sostenere Trump?
Musk e Trump hanno litigato e il rapporto potrebbe – tra mille virgolette – essere compromesso per sempre. Chi prenderà il suo posto? Trump se la sentirà di avere un nuovo interlocutore privilegiato nello Studio Ovale, un profilo della Silicon Valley da sfoggiare per presentarsi come presidente in prima linea su innovazione e tecnologia? L’AI non è uno scherzo: Trump ha annunciato mesi fa la joint venture tra OpenAI, Oracle e SoftBank: 500 miliardi di dollari per costruire data center negli USA. E alimentare così l’AI. Ma alla Casa Bianca, quando l’hanno presentata, non c’era Zuckerberg. E neppure Musk. C’era Sam Altman. Forse il prodigio attuale dell’ecosistema USA.
Sarebbe però sbagliato sottovalutare quella che abbiamo definito resilienza di Zuckerberg. Ha attraversato due decenni di rivoluzioni tecnologiche, superando momenti di crisi e fallimenti industriali. Sul metaverso diceva che sarebbero serviti più di dieci anni per vedere i risultati. L’AI, invece, è una tecnologia impaziente. È la partita più importante del decennio, quella che USA e Cina vogliono vincere. Meta è in ritardo? Alcuni dicono che sarebbe Apple quella più in difficoltà, mentre Zuckerberg corre per fare campagna acquisti, assumendo talenti da OpenAI e nella Valley.

Tra un pivot strategico e l’altro, Zuckerberg trova anche il tempo per coltivare una delle sue grandi passioni: il Jiu-Jitsu. Da timido e pallido ragazzo, miliardario a vent’anni, oggi il Ceo di Meta è un imprenditore attento allo stile e al fisico. Uno che, come si direbbe, ci tiene a fare bella figura. O a diventare materia per i meme. Al tempo stesso è un veterano del tech. Difficile si accontenti del ruolo di gregario. E decisamente improbabile che da questa partita esca con una figura da boomer. Flora la pensa così.
In questo 2025 così incerto e ricco di annunci, Meta è una realtà che si sta muovendo rapida. L’AI è una priorità. Zuckerberg vuole i migliori e come ha spesso fatto la Big Tech di Menlo Park la strategia di acquisire potenziali competitor potrebbe essere una strada.
Lui, in effetti, è uno che ha scelto di interpretare la figura del bad boy. Stava perfino per fare a botte con Elon Musk in un incontro di arti marziali. Forse ve lo eravate dimenticato. Talentuoso, fuori dalle righe, a volte poco credibile quando tenta di convincerci che il free speech di Trump è sempre stata una sua battaglia. Ma, come si sa, business is business. E gli affari ora sono la cosa che conta di più.