Hanno 30 anni, una passione comune – quella per l’artigianato – la voglia pazza di raccontarlo lontano dagli stereotipi e una startup. Si chiama TA-DAAN la piattaforma e-commerce italiana nata nel 2020 con l’obiettivo di promuovere e valorizzare la nuova generazione di artigiani, “makers” contemporanei, designer di nicchia. La bella notizia? Il team ha appena acquisito il loro competitor Mirta, una startup che aveva raccolto oltre 10 milioni di euro.
Loro sono Roberta Ligossi, Sara Pianori, Costanza Tomba e Valeria Zanirato. C’è chi le chiama le quattro moschettiere, ma loro preferiscono definirsi “le nerd dell’artigianato”. Sono giovani, curiose, alle spalle hanno percorsi diversi, dalla filosofia al design, dal management all’ingegneria, ma tutte la stessa convinzione: «Siamo cresciute in un mondo che associa ancora l’artigianato al mito di Geppetto, il falegname che ha creato Pinocchio. Ma Geppetto is over».

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TA-DAAN nasce in piena pandemia come magazine digitale, con pagine social su Instagram e su Pinterest. Tutto è molto curato, pulito. L’obiettivo è raccontare una nuova generazione di artigiani europei e portarli online. «Volevamo raccontare un mondo contemporaneo. Fatto da giovani, spesso donne, belle, glamour, tatuate. Molto lontane dal mito di Geppetto» spiega Roberta Ligossi, CEO e co-founder.
Un mondo che è nato dopo il Covid. «Dopo la pandemia, sempre più giovani donne hanno riscoperto il fatto a mano e hanno deciso di aprire la propria attività artigianale, contribuendo così alla rinascita del settore, il quale si stima possa crescere del 3,3% entro il 2028 (Grandview Research). Sempre più ragazze stanno emergendo come maestre artigiane e imprenditrici, portando avanti la tradizione, unita all’innovazione e alla sperimentazione con nuove tecniche e materiali».

Nel 2023 TA-DAAN diventa un e-commerce. «Da un lato avevamo una community di 250mila follower interessati e sensibili ai prodotti artigianali e dall’altro una rete di artigiani di cui conoscevamo anche tutte le difficoltà. Abbiamo trasformato il racconto in canale di vendita, mantenendo l’anima editoriale».
Come è nata l’idea?
«Sono cresciuta con una nonna piacentina che faceva la sarta. A casa mia si conosce il nome di qualsiasi tipo di stoffa e qualsiasi punto. Però poi ho fatto filosofia, un anno come recruiter all’Oreal, quattro anni come headhunter. Infine la svolta. Ho deciso di iscrivermi a un master in Bocconi in management dell’arte e ho capito che volevo creare qualcosa di mio. Avevo messo già a fuoco il settore. A Venezia, durante Homo Faber, una manifestazione dove scoprii il talento e la creatività di moltissimi designer, ho incontrato Costanza Tomba: da lì è nato tutto. TA-DAAN è diventato l’argomento della mia tesi di master».
Costanza le presenta due altre amiche e partono. Dal basso
«Abbiamo visto un’opportunità, scoprendo che l’artigianato stava vivendo un momento di nascita e di riscoperta proprio grazie alle nuove generazioni. Abbiamo investito il nostro tempo e i nostri risparmi. Da magazine siamo diventate e-commerce. Poi sono arrivati gli investitori. Abbiamo raccolto i primi 100mila euro da investitori privati, appassionati di artigianato e del made in Italy. Nel 2023 abbiamo chiuso un round più strutturato da quasi un milione di euro, guidato da Azimut. A questi si è aggiunto Trentino Invest, portando il totale a circa 1,5 milioni di euro raccolti. Una parte della raccolta è arrivata anche da una campagna di equity crowdfunding, che ha visto partecipare alcuni degli artigiani della community».

Dal 2020 a oggi Ta-daan è cresciuta passo dopo passo, senza mai perdere il legame con la sua community. E l’acquisizione di Mirta segna una svolta.
«Abbiamo incontrato i founder di Mirta quando eravamo un magazine digitale. Stavamo seguendo percorsi diversi: Mirta era nata come e-commerce B2C per poi virare sul B2B, mentre noi avevamo scelto una crescita più lenta, sostenibile. Loro avevano raccolto dieci milioni di euro, noi molto meno. Loro sono più forti nel fashion e nella pelletteria, noi su ceramiche e gioielli».
Di che tipo di operazione si tratta?
«Abbiamo acquisito un ramo d’azienda nell’ambito di un concordato semplificato. L’acquisizione si inserisce all’interno di un round bridge da 500.000 €, che consente al brand di integrare un player complementare, arricchendo la propria offerta e consolidando la posizione sul mercato. Si tratta infatti di un’operazione strategica su più fronti: consente a Ta-daan di entrare nel mondo del fashion e della pelletteria, e allo stesso tempo di aprire il canale B2B, finora poco esplorato. Con l’accordo, la piattaforma raddoppia la rete di artigiani e porta a bordo oltre 20.000 clienti B2C, 600 clienti B2B e più di 200 nuovi artigiani – racconta Ligossi – Per noi rappresenta un passo di crescita importante, non solo come azienda ma anche come imprenditrici. Abbiamo imparato molto da questa esperienza».
Per le quattro fondatrici, l’acquisizione è insieme un passaggio di maturità e un atto di coerenza
«Abbiamo imparato quanto conti mantenere una visione chiara, anche quando il modello evolve. La mission di TA-DAAN, dal magazine all’e-commerce, non è mai cambiata: è questo che ci ha permesso di costruire un brand solido, riconoscibile, fedele ai propri valori. Crescere gradualmente ci ha costretto a tenere sempre d’occhio la sostenibilità del business».

Perché vi chiamate così?
«Abbiamo vagliato mille nomi, uno più brutto dell’altro. Poi è arrivata l’intuizione: TA-DAAN. Nel dizionario si legge: parola onomatopeica che richiama il suono delle fanfare, delle trombe, usata quando si presenta qualcosa di cui si è orgogliosi».
Un nome che racconta perfettamente lo spirito del progetto: celebrare la creatività, la manualità, l’atto di mostrare con entusiasmo qualcosa che si è fatto con le proprie mani
«Ci piaceva che fosse un nome fresco, orecchiabile, internazionale, ma allo stesso tempo legato al gesto artigiano. In un mondo che racconta l’artigianato con toni nostalgici o polverosi, noi volevamo portare freschezza. Perché crediamo che questo mondo abbia un posto anche domani».
Negli ultimi anni, TA-DAAN ha partecipato a programmi di accelerazione in Corea e a San Francisco con Innovit, ed è tra le vincitrici del premio She’s Next, promosso da Corriere della Sera e Visa
«Con il premio abbiamo finanziato il nostro primo pop-up store a Milano, tra Duomo e Cordusio. Sarà uno spazio di vendita ma anche un luogo d’incontro, con workshop e talk: un hub dove accadono cose».
Fare impresa, per quattro donne intorno ai trent’anni, non è stato semplice
«Anzi, direi che è molto faticoso. Non mi piace nascondermi dietro la questione di genere, ma i numeri parlano da soli: le startup fondate da donne sono poche, e ancora meno quelle che riescono a raccogliere capitali».
I pregiudizi, spesso inconsci, restano
«Quando facciamo pitch, riceviamo sempre tanti complimenti…Ma non sempre a questi seguono investimenti. In una delle ultime presentazioni abbiamo chiuso con una slide provocatoria: “Chiudi gli occhi. Se questo pitch te l’avesse fatto un uomo, come lo avresti valutato?”. Le reazioni sono state eloquenti».


