Alla vigilia del Global Entrepreneurship Congress di Mosca, Mattia Corbetta ripercorre le tappe fondamentali della legge per le startup. Sarà l’Italia la prossima “startup nation”?
Ieri gli Stati Generali dell’Ecosistema Italiano delle Startup, questa domenica una delegazione italiana prenderà il volo per Mosca per partecipare al Global Entrepreneurship Congress. L’Italia sta cercando di emergere come Paese startup-friendly e forse ci sta riuscendo. Mattia Corbetta della Segreteria Tecnica del Ministero dello Sviluppo né è più che convinto. Oggi ha pubblicato su SlideShare le 23 slides che sintetizzano il grandissimo lavoro fatto negli ultimi 12 mesi dal MISE. Si intitola “The steps Italy has taken in order to become the next startup nation” e contiene anche un decalogo, chiamato con un pizzico di imponenza “10 Commandments“, dei benefici per le startup derivanti dal cosiddetto “Startups Act”.
Aumentare la competitività, facilitare la mobilità sociale, creare posti di lavoro, puntare sulla meritocrazia, aiutare lo sviluppo e costruire una nuova cultura imprenditoriale. Questi i motivi per cui il Governo ha deciso di scommettere sulle startup. Come l’ha fatto? Partendo in principio con una task force di 12 esperti e affidandosi poi alle consultazioni aperte ad oltre 2 mila attori del settore. Infine, la legge, la numero 221/2012, che regolarizza e facilita la creazione di imprese ad alto contenuto tecnologico.
Ad un anno di distanza sono circa 1800, le startup iscritte al Registro delle Imprese. Avevamo analizzato a fine anno i dati in questa infografica. Ad oggi le regioni che possono vantare il maggior numero di startup rimangono quelle più popolose, Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna, le città con più movimento sono Milano, Roma e Torino.
Ma quali sono i veri benefici che lo “Startups Act” ha portato? Come accennato, sono dieci.
1. Iscrizione completamente gratuita al Registro delle Imprese;
2. Contratti di lavoro flessibili durante tutto il ciclo di vita della startup;
3. Ammontare dello stipendio relativo all’andamento dell’impresa;
4. Possibilità di remunerare i membri del team attraverso Stock Options;
5. Credito d’imposta sull’assunzione di personale altamente qualificato;
6. Rimborsi fino al 27% sulle tasse pagate sugli investimenti in startup;
7. Accesso ai prestiti bancari grazie alla garanzia dello stato;
8. Possibilità di raccogliere fondi attraverso l’equity crowdfunding (primo Paese nel mondo a regolarizzarlo attraverso una legge statale);
9. Supporto personalizzato da parte della Camera di Commercio;
10. “Fail fast mechanism”, ovvero facilitazione nella creazione di un’altra impresa qualora la prima startup non abbia successo.
Il prossimo passo? Il visto per gli startupper. Chiunque voglia fare impresa in Italia potrà mandare il business plan del suo progetto ed ottenere un visto nel giro di 4 settimane. Un metodo per attrarre talenti e capitali. Ce la farà l’Italia ad essere davvero la prossima “startup nation”?