Tutto nasce da un’incidente d’auto e dal coraggio di Lorenzo Di Ciaccio che annuncia: «La nostra app è unica, apriremo nuove sedi all’estero»
Estate 2005. E’ notte. Un ragazzo ha un incidente d’auto. Si Chiama Gabriele Serpi. Ha 25 anni. E’ di Roma. Gabriele non riesce a chiamare i soccorsi. Rimane per tre ore solo aspettando che qualcuno si accorga di lui. Gabriele è sordo dalla nascita. Non può comunicare con nessuno via telefono. Poi qualcuno si ferma e riesce a raggiungere l’ospedale.
Nel 2012 le telecamere de Le Iene raccontano la sua storia per denunciare la chiusura del call center d’emergenza per persone sorde. Arriva a milioni di persone. Tra queste c’è Lorenzo Di Ciaccio, vive a Roma ma è di Gaeta, ha 29 anni. Lavora come consulente per un’azienda che fa prodotti per l’informatica. Vede il servizio e ne rimane scosso. Lui è un ingegnere informatico. Ha di fronte un problema immagina una soluzione. La studia, la trova. Nel 2013 si licenzia e fonda Pedius.
Cos’è Pedius
Pedius è un servizio di telefonia per persone sorde. E’ un’app. Trasforma una chat in una telefonata. Chi non può ascoltare un messaggio grazie a Pedius può leggerlo. Chi non può dirlo può scriverlo e l’app lo traduce in messaggio vocale. E’ facile da usare. C’è uno spazio per scrivere il numero del destinatario. Uno dedicato al testo, uno al messaggio vocale. Si compila il messaggio e si spedisce. Dall’altra parte si riceverà una telefonata dal numero. “Come stai?”, a quel punto se l’utente ha anche Pedius potrà anche rispondere. Registrerà un messaggio che arriverà in formato testo all’utente. Non è necessario che chi riceve il messaggio, di cortesia o soccorso, abbia istallata l’app sul proprio cellulare. «Non è un nuovo standard, ma un servizio» precisa Di Ciaccio. Ed è questo uno dei punti di forza del sistema creato dal suo team. Ora sono in sei. Tra questi c’è anche Gabriele, il ragazzo dell’incidente: «L’ho cercato tanto, lavora con me. Ora ci sentiamo per lavoro usando Pedius, è bellissimo».
L’uscita giusta in autostrada
«Credo che nella vita ogni scelta abbia un suo specifico momento per essere fatta, passato il quale si trasforma in un rimpianto, un po’ come quando si salta un’uscita in autostrada: bisogna solo sperare che la prossima sia vicina»
Così scriveva Di Ciaccio ad Augusto Coppola, quando decise di mollare il posto fisso per fare una startup. Lui aveva 27 anni. Competenze di prim’ordine. E un sacco di strada ancora davanti. Che fare? Continuare la carriera in azienda o farne una propria? Si convince. Convince anche Alessandro Gaeta, 26 anni e Stefano La Cesa, 31. Cominciano a lavorare sul codice. A febbraio 2013 Pedius vince il premio come migliore idea di business sociale. Vanno a Berkeley dopo aver vinto il concorso italiano Global social venture competition.
A luglio arriva il grant da 25mila euro di Working Capital. «Un’esperienza utilissima» ricorda Di Ciaccio. «Avevamo per la prima volta un ufficio, stavamo sempre lì, e intorno c’è un ambiente stimolante. Ho conosciuto un sacco di persone, ricevuto molti consigli». L’11 ottobre del 2013 si costituiscono come società. Hanno appena spento la prima candelina. Ma a Working Capital non hanno solo consigli: arriva pochi mesi dopo la proposta di Telecom di iniziare una partnership con loro per un call center accessibile ai sordi. «Vendere ad una grossa azienda è difficile, ma è possibile anche in Italia».
I numeri di Pedius dopo un anno
«Di servizi come Pedius non ce ne sono finora nel mondo». AT&T ha un servizio con interprete, ma è un’altra cosa. Intanto il lato business comincia a dare i primi risultati. In Italia e Inghilterra hanno raggiunto in pochi mesi 2000 utenti. Di questi il 10% ha un account premium, necessario da attivare una volta superati 20 minuti di servizio gratuito. A novembre saranno al Web Summit di Dublino per un lancio internazionale più esteso. «Lanceremo il nostro servizio a breve anche a Dublino, poi Francia e Stati Uniti». Finora hanno contato più di 8mila telefonate con la loro app. Tra queste un’altra bella storia: «Durante i mesi di beta test una nostra utente ha chiamato con la nostra app il suo medico. Era incinta e aveva bisogno di assistenza. Ci ha scritto una mail bellissima, la tengo appesa in ufficio come una reliquia, un po’ come se fosse il mio primo vero stipendio».