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Cinzia Silvestri a illimitHER. Gli organi su chip ci “parlano” di inclusione

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Ospite della puntata del 3 maggio, dalle ore 18 anche sui nostri canali social

Ospite della puntata del 3 maggio, dalle ore 18 anche sui nostri canali social

EDUCATION
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Alessandro Di Stefano
26 apr 2022

Non occorre essere esperti dell’ambito biotech per sapere che diversi attori tra laboratori universitari, spin off e startup sono al lavoro sulla medesima tecnologia: utilizzare i microchip per replicare, in scala ovviamente ridotta, la composizione di un organo umano. Sono i cosiddetti organi su chip, che servono a testare farmaci, per esempio. Quando le abbiamo chiesto cosa ne pensasse di questa situazione affollata del mercato, Cinzia Silvestri ha risposto in maniera netta: «E meno male: se ci sono altri competitor è un aspetto positivo. Ogni startup può dare un contributo, ma è soltanto insieme che le cose cambiano. Quando un campo è nuovo è meglio essere in tanti». Cinzia Silvestri ha 35 anni e da molto tempo vive e lavora come ingegnere elettronico in Olanda, dove ha fondato la startup Bi/ond, su cui torneremo in seguito. Come da tradizione con tutte le speaker, StartupItalia l’ha intervistata prima della prossima puntata di illimitHER, in programma martedì 3 maggio alle ore 18, durante la quale parlerà di biotecnologia, inclusione e opportunità per le giovani nelle materie STEM.

Microelettronica: l’attualità in laboratorio

Quello di Cinzia Silvestri non è stato un percorso lineare. E questo può essere un primo elemento di ispirazione per le giovani che sognano un futuro nel campo della microelettronica. «Ho fatto il liceo linguistico – ci ha spiegato –, ma poi mi sono buttata su Ingegneria. Eravamo due studentesse su cento matricole. Grazie al fatto che conoscevo le lingue ho deciso di studiare anche all’estero». Dopo la laurea all’Università Tor Vergata di Roma, Cinzia ha preso il volo per l’Olanda, dove ha frequentato un Dottorato in Microelettronica alla Delft University of Technology.

Prima di parlare di Bi/ond, andiamo a capire qualcosa in più sulla microelettronica, una branca quanto mai attuale in un periodo in cui la crisi dei semiconduttori e il dibattito sullo shortage impongono tanto riflessioni quanto azioni da parte di governi e aziende europei per ridurre le dipendenze dall’estero. «Tutti i sensori presenti in uno smartphone sono microchip. L’Olanda – ha precisato – è uno dei paesi leader, ma nel tempo l’Europa ha trasferito il segmento manifatturiero, molto inquinante, in Cina e in Asia. Di per sé il costo dei microprocessori non è elevato: è quasi tutto silicio, ma iniziano anche a utilizzarsi materiali come le terre rare. È una sfida per il futuro».

cinzia silvestri

Il team di Bi/ond

Accompagnati da Cinzia Silvestri, ci siamo anche confrontati con un aspetto interessante della microelettronica, settore che racconta molto delle nostre abitudini ed esigenze tecnologiche. «Il problema dell’elettronica è che il mercato punta a performance sempre più elevate in volumi sempre più piccoli». Smartphone, tablet e PC super sottili vi dicono nulla? «Durante il mio dottorato in Olanda ho avuto la possibilità di lavorare proprio su nano-materiali per dissipare il calore, il nemico numero uno per i microchip, all’interno dei cellulari. Non ha funzionato. Ma è stato bellissimo poter passare dalla teoria alla pratica: parliamo di una struttura, una semiconductor fab in miniatura, che costa all’ateneo 5 milioni l’anno. Ed è come una cucina: hai diversi macchinari, parti da un substrato di silicio e alla fine sviluppi una ricetta».

Bi/ond: come si abbattono i bias

È in questo ambiente tecnologico che Cinzia ha maturato l’idea di business con gli altri founder di Bi/ond. Fondata quattro anni fa, la startup ha raccolto finora 4 milioni di euro. Il team è composto da sette persone di sei nazionalità differenti. E qual è dunque il contributo che un’idea di microelettronica può dare all’ambito delle biotecnologie? «Nel chip posso ricreare una persona malata e capire qual è la chemioterapia più efficace. È medicina personalizzata». Organi su chip o, addirittura, persone (meglio, avatar) su chip. «Al momento le nostre tecnologie vengono utilizzate a scopi di ricerca in due ospedali per applicazioni oncologiche e per creare piccoli cuori umani e testare farmaci per l’aritmia».

I tempi dell’innovazione in ambito biotech sono evidentemente più lunghi rispetto a qualsiasi altro ambito del business. Gli sviluppi per la collettività possono essere tuttavia sorprendenti. Quelli di Bi/ond, un domani, potrebbero aiutare per esempio ad abbattere pregiudizi e bias che riguardano l’ambito farmacologico. «I test sui farmaci vengono fatti su persone bianche e questo è un problema – ha commentato Silvestri – perché alla fine quelli approvati hanno reazioni diverse in base all’etnia. Bisogna includere più aspetti di diversità in questi test». In vista di illmitHER, a Cinzia Silvestri abbiamo chiesto un messaggio per chi sogna un percorso nella ricerca. «Fallire non è sbagliato. Non bisogna demonizzare i fallimenti. E poi un’ultima cosa: basta con questa cultura del non fare mai domande».

Tags: #CINZIA-SILVESTRI #ILLIMITHER
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