Pagare parte di un pasto in coin accumulati grazie alle interazioni social è da oggi possibile in alcuni ristoranti della catena “Basara“. A sperimentare per primo l’idea nata dall’accordo tra Tatatu, social network che permette di guadagnare in base alle interazioni sul social, e la catena di ristoranti giapponesi, è il ristorante Basara di via Washington, a Milano. In contemporanea accetteranno questo nuovo metodo di pagamento anche gli altri locali Basara di Milano oltre a quelli di Venezia e Bologna. Ma non finisce qui. “Tra 30 giorni annunceremo un’altra collaborazione che riguarderà un altro tipo di attività – ha dichiarato il CEO di Tatatu, Andrea Iervolino, durante l’incontro di presentazione dell’iniziativa – Al momento, però, non possiamo ancora svelare di che cosa si tratta”.
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Pagare il conto con coin virtuali
Da oggi è, quindi, possibile pagare il 10% dello scontrino di un pasto consumato nei locali Basara di Milano, Venezia e Bologna in coin guadagnati su Tatatu. In buona sostanza, il social network permette di accumulare una quantità di moneta virtuale sia in base all’attività svolta dall’utente che alle interazioni ottenute. Una volta terminata la consumazione, alla cassa il cliente potrà decidere se pagare l’intero importo con carta o contante oppure se utilizzare i suoi coin per saldare il 10% del conto mostrando il QR code associato al proprio account. Un’idea che, già da tempo, Tatatu ha già lanciato nel Regno Unito, al Mercato Metropolitano.
“Chiaramente stiamo parlando di due tipi di mercato differenti: al Mercato Mayfair di Londra si spendono 10/15 pounds per un pasto; nei locali Basara il prezzo è più elevato – spiega il CEO Iervolino – Entrambe le iniziative condividono, però, la stessa filosofia del “redeem nearby”; in una logica di sharing economy dei dati che crea una connessione tra l’attività digitale e quella fisica”. “L’utente che oggi fa un post su Instagram non guadagna niente a meno che non sia un influencer o abbia degli sponsor alle spalle – spiega Marco Giapponese, CEO di Basara – Con Tatatu, invece, viene renumerato per la sua attività e potrà pagare parte dello scontrino in coin che ha accumulato nell’app. Da imprenditore digitale penso che si tratti di un’idea vincente”.
Come funziona l’app Tatatu
Un’app con cui guadagnare sulla base della propria attività online. “Tatatu ti permette di accumulare coin virtuali semplicemente postando foto, video e interagendo con gli altri utenti presenti in piattaforma – spiega il CEO Iervolino a StartupItalia – Tutti siamo freeworkers nell’era dei social media e avremmo diritto ad essere renumerati per la quantità di dati che immettiamo in rete. Più tempo perdiamo sui social e più valore creiamo. Pertanto, Tatatu garantisce quello che dovrebbe essere, a mio parere, un diritto per tutti gli utenti che usufruiscono delle piattaforme di networking. Questa idea diventerà la normalità”. Con headquarter a Roma e nel Regno Unito, oggi Tatatu vuole affermare sempre di più la sua presenza a livello globale sfruttando tutte le potenzialità che offre la geolocalizzazione.
“La mission di Tatatu è quella di creare un’economia circolare in cambio di coin virtuali, fungendo da connettore tra mondo reale e digitale”, continua il CEO. La logica che sta dietro a questo modello di business è, infatti, quella di permettere all’utente di spendere i suoi coin virtuali all’interno di un luogo fisico, come un ristorante. Allo stesso tempo, sarà più incentivato a recarsi nella location che accetta questo modello di pagamento, al quale viene riconosciuto un potere di acquisto. “Ma non c’è solo questo. Un altro degli obiettivi centrali di Tatatu è quello di creare una community che, ad oggi, conta circa un milione di persone”, spiega Iervolino. Tatatu, per sua natura, è un social che vuole favorire l’incontro tra persone non solo nello spazio digitale ma anche in quello reale. “Se il nostro tasso di crescita all’inizio è stato lento, adesso sta andando a gonfie vele. In particolar modo, sono di nostro interesse in mercati europei. Oltre a quello inglese, italiano e serbo, ci stiamo focalizzando anche su quello francese, spagnolo e tedesco“, conclude il CEO.