«Il rischio è continuare a fare le cose come si è sempre fatto. Abbiamo giustamente cavalcato il tema del know how. Oggi però il valore aggiunto di un prodotto si esprime altrove». Alberto Baban, imprenditore veneto e fondatore della società VeNetWork, è partito dalla Regione che conosce meglio per presentarci le sfide e le opportunità delle PMI, le protagoniste dei tantissimi distretti sparsi in tutta Italia. Sono l’ossatura del tessuto imprenditoriale italiano e – tra esempi di eccellenza e criticità croniche – rappresentano il punto di partenza per le transizioni in atto. Dal digitale alla sostenibilità. In Veneto, a maggior ragione, vista la sua centralità nell’economia nazionale, seconda Regione dopo la Lombardia per stime di crescita sul PIL.
Lei ha parlato degli italiani come di un popolo di artigiani. Artigiani e artisti.
Abbiamo sempre avuto questo elemento distintivo. Cosa rappresenta il made in Italy, se non l’immagine di un popolo che sa far bene le cose, che ha una attenzione particolare sul prodotto? Il nostro artigianato è espressione sicuramente di creatività, innovazione e bellezza. In sintesia: saper fare bene cose belle.
Parla anche del nostro legame col know how. Quanto ci rende competitivi a livello globale?
Abbiamo sempre cavalcato il know how, nel miglioramento ossessivo delle produzioni, ispirandoci al benchmark tedesco. Ma in realtà il valore aggiunto non si esprime così. Dobbiamo confrontarci col fatto che, nel mondo, il riconoscimento del valore sul commercio è decisamente cambiato. Il tema è che nel mondo ora il riconoscimneto del valore sulle produzioni è decisamente cambiato. Siamo in un’altra era, con la digitalizzazione che ha cambiato tutti i modelli di business e di lavoro.
Cosa rischiamo di più?
Se da un parte resta il beneficio di riuscire a esprimere un modello di impresa vincente nel fare le cose, il rischio è di continuare a fare le cose come si è sempre fatto. Oggi si vende in un modo diverso e la parte intangibile degli asset esprimono molto più valore. Oggi a guidare è il digitale.
Come vede lo scenario globale attuale da questo punto di vista?
Le più grandi aziende al mondo sono aziende di servizi. L’economia più grande al mondo, quella USA, basa l’80% del PIL su aziende di servizi. Noi che facciamo manifattura dobbiamo saper cogliere cosa ci offre quel mondo. Non dobbiamo imitare modelli ma inventarci un elemento originale ora che l’AI sta sparigliando le carte.
Per quanto riguarda le PMI come procede questo percorso di evoluzione?
Il processo di innovazione digitale è ancora troppo lento, perché manca una cultura del digitale. Si ha l’errata convinzione che riguardi soltanto l’economia dei servizi, e non si comprende quanto invece possa dare al settore della manifattura. Per questo c’è urgenza di una formazione non tradizionale a riguardo. Quando si verifica la fusione tra manifattura e digitale il concetto di PMI sparisce, perché la dimensione dell’azienda cresce. Oggi le PMI sono aziende della supply chain, che servono aziende di media dimensione e che a loro volta hanno ambizioni di diventare grandi realtà. In alcuni settori le piccole aziende potrebbero diventare grandi molto rapidamente.
Il Veneto da che basi parte?
Parliamo di una Regione costellata di imprenditorialità diffusa, con una forte concentrazione su manifattura e turismo. Ha una forma di reazione tipica delle aziende flessibili. Quando si verificano fenomeni macro è più facile che in Veneto si reagisca meglio e più rapidamente. Nel post Covid è stata una delle aree del Paese cresciute di più, ma il tema non è fotografare l’oggi. Che proiezione abbiamo sul futuro? Il territorio patisce e patirà il declino demografico. Terrei per questo molte energie per ripensare una proiezione di futuro.
Con VeNetWork date il vostro contributo per le PMI
L’abbiamo lanciato nel 2011. Non è un fondo di private equity, nè un club deal: è una Spa che ha messo insieme 73 soci. Sono tutti imprenditori che hanno accumulato esperienza nel tempo e oggi la mettono a disposizione. Investiamo su aziende già esistenti per rilanciarle e consolidarle. Le acquisiamo quasi sempre al 100% e gli investitori sono partecipi e presenti nel CDA. In tutto finora abbiamo fatto operazioni su 14 aziende.
Il 2023 si è rivelato essere un altro anno complesso. Dal 2020 l’incertezza non ha fatto che aumentare. Come si governa questa situazione?
Gli scossoni avranno effetti a lungo termine. Siamo in un mondo instabile che sta cercando un riassetto. L’innovazione dell’AI sarà pervasiva. Abbiamo di fronte un nuovo modello di imprenditoria: la parla d’ordine è flessibilità. Bisogna essere agili e dedicare molto tempo allo studio e non solo alla gestione dell’impresa.