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Ecco cosa si è detto nella prima tappa della nuova edizione di “Biotech, il futuro migliore”, il progetto di Assobiotec in partnership con StartupItalia. Una live incentrata sull’importanza dell’ecosistema per il rilancio del Paese
Dalle lezioni della pandemia all’Italia che vorremmo, fino alle proposte per un futuro migliore. È ufficialmente ripartita con la prima StartupItalia Live del 2021 la seconda edizione del progetto “Biotech, il futuro migliore – Per la nostra salute, per il nostro ambiente, per l’Italia”, promosso da Federchimica Assobiotec con il supporto di StartupItalia. Un evento in versione phygital, moderato da Giampaolo Colletti – manager e giornalista su molte testate nazionali, tra cui anche StartupItalia – che ha acceso i riflettori sull’importanza dell’ecosistema per il rilancio del Paese, in cui le biotecnologie possono costituire una leva strategica, soprattutto alla luce delle ingenti risorse economiche previste dal Piano Next Generation EU.
“Abbiamo davanti a noi un’occasione straordinaria, grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che in un contesto drammatico come quello della pandemia può davvero costituire la soluzione a tanti problemi che bloccano il Paese sulla strada dell’innovazione”, ha sottolineato con enfasi Elena Sgaravatti, Vice Presidente Federchimica Assobiotec e CEO di PlantaRei Biotech. “Abbiamo la possibilità di pianificare una strategia di lungo temine per la ripresa dell’Italia, costruendo veramente un futuro migliore”. Una strategia condivisa, perché la pandemia ce lo ricorda con drammaticità ogni giorno: nessuno si salva da solo. Per questo, è necessario realizzare “una stretta collaborazione tra settore pubblico e privato, ma serve un clima di fiducia reciproca, abbandonando vecchi pregiudizi”, ribadisce Sgaravatti.
Un quaderno che guarda al futuro
Incentivare la partnership pubblico-privato costituisce proprio una delle proposte contenute nel quaderno che Assobiotec ha dedicato all’ecosistema – “L’importanza dell’ecosistema per il rilancio del Paese” – ed è stato presentato nel corso della diretta. Il quaderno – che è scaricabile qui ed è solo il primo di tre, con i successivi approfondimenti incentrati sulle scienze della vita e la bioeconomia – prende le mosse dal Piano programmatico elaborato nel 2020, che è stato approfondito in occasione del tavolo di lavoro dello scorso 29 marzo “Premesse programmatiche e rafforzamento dell’ecosistema”, a cui hanno partecipato economisti, esperti indipendenti, rappresentanti delle istituzioni e delle imprese del mondo biotech.
All’interno del documento prendono vita le principali proposte di riforma attese dal settore delle biotecnologie in Italia, inserite nelle diverse Missioni del PNRR e/o all’interno di specifici interventi legislativi. Governance, R&S, trasferimento tecnologico e finanziamento a startup e PMI innovative, partnership pubblico-privato e rafforzamento del tessuto produttivo nazionale, sono le cinque aree individuate come strategiche e prioritarie, tra loro strettamente collegate e da considerare in una logica di filiera. Per ciascuna di esse nel quaderno sono stati esplicitati interventi specifici.
Le lezioni della pandemia
La soluzione alla crisi può essere solo europea, secondo Lorenzo Bini Smaghi, economista e Presidente Société Générale. “Dobbiamo creare una capacità europea di intervento a livello sanitario e rafforzare il sistema della ricerca. È necessario creare delle istituzioni europee più forti, che ci consentano di utilizzare e sviluppare il potenziale che già esiste, evitando di agire in modo scoordinato, altrimenti ne traggono vantaggio altri soggetti: nel caso specifico di un vaccino, ad esempio, è stata un’azienda americana a ‘utilizzare’ dei ricercatori europei”, ha spiegato Bini Smaghi. È stato proprio il capitale umano a rappresentare la cifra più importante dell’intervento dell’economista. Secondo Bini Smaghi, infatti, la partita della competitività si gioca anche su questo versante così come sull’attrazione dei capitali economici, ecco perché secondo l’economista risulta strategico investire in istruzione e formazione.
“L’Italia che vorremmo”
Ormai è un dato noto anche ai non addetti al settore: dal punto di vista della produzione farmaceutica, dallo scorso anno l’Italia è diventato il primo Paese in Europa. Un risultato che dobbiamo alla tradizione storica nell’ambito chimico-farmaceutico e alle grandi competenze dei nostri ricercatori e delle maestranze. Tuttavia, “sarebbe necessaria una grande semplificazione a livello burocratico sia per l’apertura di nuovi impianti che per la trasformazione di quelli esistenti sulla frontiera dell’innovazione”, ha spiegato Valentino Confalone, Amministratore Delegato di Gilead Sciences Italia. La zavorra che ci portiamo dietro assume la forma di una tendenziale duplicazione delle autorizzazioni, prima a livello nazionale e poi a livello regionale e locale.
Una duplicazione che va a impattare anche sulla ricerca, avverte Confalone: “Come Gilead Italia, ad esempio, abbiamo 34 studi clinici aperti con centri italiani coinvolti nella ricerca su nuove molecole, un dato in linea con quello degli altri grandi Paesi europei. Ma abbiamo solo il 30% di arruolamento in termini di pazienti rispetto a quei Paesi, a causa di una lentezza nei meccanismi burocratici, che rallenta molto la nostra efficienza nel realizzare e implementare quegli studi clinici, rendendoci meno competitivi nell’attrarre studi in aree innovative, come le terapie avanzate”.
L’Italia che vorremmo è anche un Paese molto più digitalizzato. Al riguardo, l’AD della multinazionale farmaceutica rileva che nel Recovery Fund una quota importante di investimenti sia dedicata all’innovazione digitale in ambito sanitario, con una parte destinata alla modernizzazione degli ospedali e un’altra a quella della sanità territoriale. “Questa, invece, potrebbe essere l’occasione per superare questa suddivisione tradizionale e creare percorsi che, attraverso la digitalizzazione, accompagnino i pazienti lungo tutto il loro percorso di cura”, sostiene Confalone.
La pandemia ha reso ancora più evidenti i limiti del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN). “Limiti legati alla carenza di innovazione – ha precisato Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale Cittadinanzattiva -, basti pensare alla telemedicina, ancora un campo completamente da esplorare; limiti legati alla carenza di operatori sanitari su tutto il territorio nazionale; limiti legati alla scarsa capacità di integrazione continuativa e sistematica tra ospedale e territorio”. Secondo Mandorino, questa situazione è frutto di 15 anni di tagli e disinvestimenti che hanno interferito pesantemente sulla qualità e l’efficacia del SSN. Ma dove si può intervenire? Innanzitutto, sulle disuguaglianze territoriali, anche all’interno di una stessa Regione, come è emerso in quest’ultimo anno, e poi bisogna imboccare in maniera rapida e decisa la strada dell’innovazione: “La ricetta dematerializzata è stata una conquista di questa pandemia ed è solo un piccolo esempio di quello che significherebbe digitalizzare il mondo della sanità in Italia”.
Un futuro migliore per il mondo biotech e, in generale, il Paese passa anche da una maggiore attenzione alla finanza, che ormai è competizione, ha sottolineato Pierluigi Paracchi, componente del Board Federchimica Assobiotec – Area Startup e Pm: “È un elemento fondamentale non solo nel biotech, ma in tutta la tecnologia. Gli americani vincono non perché siano necessariamente i migliori, ma perché arrivano più grandi di altri e con una massa maggiore. E i cinesi sono sulla stessa strada”. Paracchi si è fatto anche portavoce della proposta di Assobiotec di esonerare dalla tassazione ordinaria sulle rendite finanziarie (oggi al 26%) il capital gain ottenuto dagli investimenti in startup innovative. “Oggi sui conti correnti italiani ci sono tra i 1700-1800 miliardi di euro, a rendimento zero. Se riuscissimo a spostare anche solo l’1% di questo capitale privato verso le imprese innovative italiane biotech, avremmo svoltato”.
Un piano per il futuro
“Grazie a un’alleanza straordinaria tra istituzioni, ricerca e imprese, siamo arrivati in tempi rapidissimi – inimmaginabili fino a poco tempo fa – alla messa a punto di vaccini, diagnostici e anticorpi monoclonali”, ha ribadito Sgaravatti nel panel finale. Secondo la Vice Presidente di Assobiotec, inoltre, il New Normal non può prescindere da un approccio One Health: “Fonti autorevolissime hanno sancito che questa pandemia è frutto di un modello di sviluppo non sostenibile, scellerato, che ha intensificato gli effetti del climate change, la perdita di biodiversità e la deforestazione. È necessario un deciso cambio di passo. Quello che noi vogliamo costruire è un’economia della conoscenza che è molto più immune dalla competizione di altre economie”.
Del resto, come ha sottolineato Luigi Nicolais, Ministero Università e Ricerca – PNRR e sviluppo della Ricerca nazionale, la ricerca italiana costituisce un’eccellenza a livello internazionale. Tuttavia, i nostri ricercatori hanno spesso un limite: uno scarso rapporto con il mercato. Secondo Nicolais, “bisognerebbe favorire l’incontro tra figure con background diversi, che siano tra loro sinergiche e arrivino a parlare uno stesso linguaggio, che permetta di valorizzare e portare al mercato la ricerca”. Il PNRR costituisce una grande opportunità anche perché offre la possibilità di porre rimedio ad alcune storture. “Noi stiamo lavorando molto con il Ministro Brunetta per semplificare la burocrazia legata alla ricerca. Vogliamo creare un settore di ricerca pubblica che non sia equivalente agli altri settori della pubblica amministrazione, lavorando anche una maggiore collaborazione con il privato”. E in merito all’Agenzia nazionale della Ricerca, di cui si parla anche nel piano Assobiotec, Nicolais conferma che è un punto all’attenzione del Ministero, concorde sul fatto che avere una governance della ricerca unitaria e di lungo periodo è elemento strategico per il Paese.
Sulla stessa lunghezza d’onda degli altri panelist è Angela Ianaro, Presidente Intergruppo parlamentare Scienza e Salute, per cui “se il Paese vuole davvero crescere e investire nelle prossime generazioni – il Next Generation Eu si rivolge proprio a loro, al nostro futuro – può farlo soltanto se decide di investire in ricerca, sviluppo e innovazione”. Ianaro, che è anche Professore associato di Farmacologia e ricercatrice, insiste in particolare sulle scienze della vita: “Nel parere per la relazione del PNRR, presentato dalla Commissione Affari Sociali di cui sono membro, ho avanzato come proposta proprio la valorizzazione e il potenziamento della ricerca biomedica del SSN, prevedendo il finanziamento di progetti di ricerca nell’ambito delle malattie rare e la realizzazione di hub Life Science, ovvero strutture dedite alla ricerca pubblico-privata, al tech transfer e a tutto ciò di cui si è parlato in questo evento”.