L’Unione europea passa al contrattacco e prova a uscire dalla dipendenza cinese: sul piatto 10 miliardi di euro, ai quali se ne aggiungeranno altri 5 provenienti da investitori privati e 30 da programmi come il Next generation Eu e Horizon. Il Chip fund permetterà un facile accesso ai finanziamenti per le startup
Cosa accomuna la vostra PlayStation 5 al super computer di Genova Leonardo, alle auto più recenti e ai rover che scorrazzano su Marte? Quasi nulla, a eccezione dei semiconduttori, essenziali per farli funzionare, così come sono essenziali nella maggior parte degli accessori elettronici di maggior consumo: dai laptop agli smartphone passando per l’automotive. Il mondo post pandemico ha scoperto di averne una gran fame: di più, ha scoperto che la quasi totalità dei chip ha origini cinesi. E dato che sono cruciali anche nel comparto della difesa, la Commissione europea ha varato il tanto atteso Chips Act…
Che cos’è il Chips Act?
Si tratta di un provvedimento destinato esplicitamente ad aumentare la produzione di semiconduttori nel Vecchio Continente, anche se, ovviamente, arriva troppo tardi per risolvere la questione delle carenze di forniture che stanno penalizzando numerosi comparti industriali. Ma è comunque un atto storico, perché l’Ue riconosce il problema e prova a fare in modo che non riaccada.
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“Il Collegio dei commissari – ha annunciato il presidente della Commissione, Ursula von der Leyen – ha adottato oggi l’European Chips Act, che combina gli investimenti, il quadro regolatorio e i partenariati strategici necessari per rendere l’Europa leader in un mercato così importante”.
The #EUChipsAct is a plan to make Europe a leader in the chips market.
We have a very clear target: by 2030, 20% of the world’s microchips should be produced in Europe. https://t.co/hmYxyv5odd
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) February 8, 2022
“Con lo European Chips Act – ha aggiunto – vogliamo fare dell’Ue un leader industriale in questo mercato strategico, ci siamo prefissati l’obiettivo di avere nel 2030 qui in Europa il 20% della quota di mercato globale della produzione di chip, ora siamo al 9%, ma durante questo periodo la domanda raddoppierà, questo significa quadruplicare i nostri sforzi”.
Il Chips Act prevede investimenti di spicco: 15 miliardi di euro in ulteriori investimenti privati e pubblici entro il 2030, che si aggiungono ai 30 miliardi di euro finanziati dal Next Generation Eu, dal programma Horizon e dai bilanci nazionali.
“Il Chips Act – ha spiegato von der Leyen – si concentra su 5 aree: la prima è la ricerca”. In tale ambito si punta a rafforzare l’attuale leadership anche grazie a 11 miliardi di euro di investimenti. Il secondo è la trasformazione industriale dell’eccellenza nella ricerca “per colmare il gap tra i laboratori e l’effettiva produzione in Europa”. Il terzo punto riguarda gli aiuti pubblici autorizzati da Bruxelles, in deroga delle attuali normative, per consentire la realizzazione di nuove fabbriche. “Ovviamente introdurremo severe condizioni”, ha comunque sottolineato la numero 1 dell’esecutivo comunitario.
Infine, l’Ue intende stimolare le collaborazioni con partner esteri perché “nessun Paese può essere interamente autosufficiente”, ha proseguito von der Leyen riferendosi esplicitamente agli Stati Uniti, patria dell’Intel, che vuole costruire diverse fabbriche pure da noi, in Italia, e al Giappone.
Startup a raccolta
Le startup innovative drizzino le orecchie, perché il Chips Act mette a disposizione poste pure per loro. Il Chip fund avrà infatti come principale obiettivo quello dell’R&D, cui saranno destinati ben 11 miliardi di euro. La ricerca sarà svolta con partenariati pubblici e privati e sarà consentito anche un facile accesso ai finanziamenti per le startup che intendono proporre soluzioni innovative nel campo dei semiconduttori. Per le startup saranno allocati 2 miliardi ad hoc che l’Ue intende portare a 5 nel prossimo periodo.