I lavoratori che sono in possesso di partita Iva a regime forfettario, con un limite di reddito annuo di 85mila euro, hanno la possibilità di calcolare quanto pagare, ed eventualmente accettare, la proposta di concordato preventivo entro il termine di presentazione del modello redditi 2024 (15 ottobre 2024). Ma come farlo? E chi può rientrare nell’agevolazione?
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Partite Iva, come richiedere il concordato preventivo
Per richiedere il concordato preventivo bisogna compilare i quadri presenti nel quadro LM del modello Redditi 2024 (anno d’imposta 2023) tramite il servizio RedditiOnline oppure tramite l’applicativo della dichiarazione precompilata.
La proposta di concordato dovrà essere accettata entro il termine di presentazione del modello, fissato, appunto, al 15 ottobre 2024. L’adesione vincola il contribuente a dichiarare il reddito concordato, per un anno in via sperimentale, a prescindere dagli importi effettivamente conseguiti, mentre non ha alcun effetto ai fini Iva. Per i contribuenti in regime forfettario, sostanzialmente, l’adesione alla proposta permette di pianificare la propria tassazione per un anno. Tra autonomi, professionisti e ditte individuali, i contribuenti coinvolti sono 1,9 milioni. Ma in quali condizioni viene accettata la richiesta?
I requisiti per ottenere il concordato preventivo
Condizione necessaria per ottenere il concordato preventivo è non avere debiti tributari nel periodo d’imposta precedente a quello cui si riferisce la proposta o comunque aver già estinto, prima della scadenza del termine per aderire, quelli di importo pari o superiore a 5mila euro (compresi interessi e sanzioni). Inoltre, il reddito d’impresa, oppure di lavoro autonomo, non può essere inferiore ai 2mila euro. Non possono accedere al concordato preventivo anche i contribuenti che:
- Non hanno presentato la dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato stesso, in presenza dell’obbligo a effettuare tale adempimento;
- Sono stati condannati per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dall’articolo 2621 del codice civile o dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter 1 del codice penale, commessi negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato. In caso di dichiarazioni mendaci, è prevista l’applicazione delle sanzioni penali ai sensi dell’art. 76 del già citato DPR.
Alla base dell’istituto c’è la scelta del governo di liberare i contribuenti che optano per il nuovo istituto – entro soglie definite – dall’eventualità di essere soggetti ad accertamenti sui redditi concordati.
Quando il concordato non ha più efficacia
Il concordato preventivo cessa di avere efficacia se – spiega l’Agenzia – “si verificano situazioni in grado di modificare in modo significativo i presupposti sulla base dei quali era stato stipulato l’accordo tra Fisco e contribuente”. Per esempio, cessa in casi di:
- cessazione dell’attività;
- modifica dell’attività (a meno che tale attività rientri in gruppi di settore ai quali si applicano i medesimi coefficienti di redditività previsti ai fini della determinazione del reddito per i contribuenti forfettari);
- presenza di circostanze eccezionali, individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che generano minori redditi ordinariamente determinati, eccedenti la misura del 50% rispetto a quelli oggetto del concordato.
Anche nei casi di ipotesi di accertamento, omessi versamenti, ecc.., il concordato cessa di produrre effetti per entrambi i periodi di imposta e la decadenza determina anche il venir meno di una delle condizioni d’accesso al concordato o il verificarsi di una causa di esclusione.