Mentre guardiamo all’estero alla ricerca dei nuovi unicorni in ambito FoodTech, talvolta non ci accorgiamo che in Italia abbiamo dei veri e propri gioiellini. Antonio Iannone, fondatore di TheFoodCons, ci accompagna in questo viaggio nel Digital Food tricolore
E ormai risaputo che l’innovazione, in qualsivoglia campo e/o settore, porti con sé a corollario anche una generosa dose di semantica. Così negli ultimi anni sentiamo sempre più parlare di fintech e le digital bank, così come di foodtech e di digital food. Benché parlando di quest’ultimo verrebbe forse quasi automatica l’associazione col rimbambimento social da #foodporn, genialmente sbeffeggiato dal grande Maccio Capatonda in uno dei suoi trailer, il digital food è molto altro.
Il concetto, infatti, è in realtà molto, ma molto più ampio, e identifica quella branca del foodtech che abbraccia tutti quelli che possono essere definiti come i nuovi modelli di consumo in campo alimentare. E le relative startup, ça va sans dire.
Parole e servizi che fanno parte da tempo e ormai in pianta stabile nel nostro quotidiano, come food delivery e e-grocery passando per il digital wine, oppure che vi hanno fatto capolino in tempi più recenti, come quick commerce e meal planning, giusto per citarne due. Un comparto che ha indubbiamente beneficiato della pandemia. E che ha ovviamente e conseguentemente scatenato l’appetito degli investitori.
Una pandemia che, durante il periodo di lockdown, ha visto il cibo tornare al suo ruolo ancestrale, atavico, quasi preistorico, ovvero “Ho Fame = Mi Nutro”. Uno scenario che ha visto lo smartphone fare le veci della clava, le piattaforme digitali sostituirsi alla grandi distese dell’era preistorica, con poke e pizza al posto dei mammuth.
Un concetto forse più simile a un iperbole, un ossimoro che potrebbe suonare come “Mezzi futuristici per bisogni ancestrali”, una riflessione da sociologia spicciola, fruibile anche al bar sotto casa, tra rigori e vaccini, un tanto al chilo. Ma, a pensarci bene, tremendamente azzeccato. Da qualunque lato la si voglia vedere, è comunque uno scenario che ha spianato la strada a diverse startup. Spingendo, forse oltre misura, gli investimenti.
Investimenti nel AgriFoodTech, comanda l’e-Grocery
Analizzando l’ultimo rapporto sugli investimenti di Agfunder, infatti, balza subito all’occhio come il comparto e-grocery abbia fatto segnare un balzo del +188% negli investimenti, catalizzando oltre un terzo degli investimenti totali, 18,5 miliardi di dollari su un totale di 51,7 investiti a livello globale nell’AgriFoodTech. Ancor più sorprendente il fatto che più del 5% del totale, 3 miliardi si riferisca ad un solo round, quello record della cinese Furong Xingsheng, che fa sembrare piccoli anche i 3 round da 1 miliardo ciascuno di Gorillas e Gopuff (1 miliardo + 1,15 miliardi di dollari raccolti). Di fronte a tali cifre è opportuno fare qualche riflessione, soprattutto se consideriamo che si tratta di un settore, quello del quick commerce, con una scalabilità e soprattutto una profittabilità ancora tutta da dimostrare. Eccessiva frenesia da hype? Probabile. Rischio bolla? Forse.
E il digital food guida anche gli investimenti in Italia. Dati alla mano, secondo il ‘Venture Capital Barometer 2021‘ pubblicato recentemente da EY, il foodtech italiano nel 2021, con 260 milioni di euro raccolti ha concentrato il 20% degli investimenti totali, pari a 1,243 miliardi. A guidare questa speciale classifica troviamo tre autentici pezzi da novanta del foodtech italiano: Everli (Round C da 100 milioni + 22 milioni chiusi nelle scorse settimane), Cortilia (Round da 34 milioni di euro) e Tannico (Round da 32 milioni di euro). Tre realtà che tengono alto l’onore del foodtech italiano il quale, se sicuramente al momento appare indietro nel campo delle proteine alternative (ma non tutto è perduto, anzi…) può dire certamente la sua nel digital food, con un numero considerevole di startup valide, che stanno plasmando i nuovi modelli di consumo.
Quali categorie per il Digital Food?
Un digital food che presenta al suo interno ovviamente diversi sub-comparti. Premesso che nessun possiede il verbo assoluto, elaborare una classificazione è impresa alquanto ardua, ma ci abbiamo provato ugualmente, arrivando a identificare tre macro categorie, ciascuna con diverse sottocategorie:
Grocery
– E-grocery
– D2C
– Quick Commerce
– Marketplace
Food
– Food delivery
– Virtual restaurants
– Meal Delivery
Speciali
– Digital Wine
– Digital fruit
– Mealkit
– Subscription box
Beninteso che tale categorizzazione non è da considerarsi così rigida e una startup può ricadere in più categorie. Ovviamente in questo caso critiche e suggerimenti sono ben accetti.
Nel segmento e-grocery troviamo il vero peso massimo e futuro unicorno del foodtech italiano, ovvero Everli, di cui ormai tutti sanno tutto. Spostando leggermente il tiro sui veri e propri supermercati online troviamo due interessanti realtà come Cicalia e Tulips.
Il D2C potrebbe venir banalmente considerato come l’evoluzione tecnologica del buon caro vecchio “Dal produttore al consumatore” molto in voga negli anni ‘80. E in tale segmento abbiamo un altro pezzo da novanta come Cortilia, che ha introdotto il trend in Italia. Da segnalare anche Foodbarrio, per tutti i gastronauti digitali, e Foodu, con un modello inedito e originale.
Il quick commerce, come abbiamo visto, è il trend del momento. Ma oltre i big mondiali, Gorillas e Getir su tutti, ma anche Blok, c’è anche l’Italia, degnamente rappresentata da Macai, che presenta comunque alcune interessanti peculiarità. Un “Full grocer in the quick commerce space”. Un outline che dice molto…
I marketplace del food formano un comparto sterminato, che avrebbe bisogno forse di un articolo dedicato. Ciò al quale si sta assistendo negli ultimi anni è una sorta di “corsa alla specializzazione” con la nascita di diversi marketplace “verticali”. Negli ultimi mesi è salito alla ribalta Orapesce, ma abbiamo ad esempio anche TiManzo per la carne, The Spiritual Machine per gli alcolici e molti altri, soprattutto nel settore dei freschissimi, come vedremo.
Food Delivery, basta la parola
Parlando di food delivery, l’associazione con i grandi colossi mondiale è pressoché automatica, ma non dobbiamo dimenticare che in Italia abbiamo realtà come Alfonsino, quotata da novembre su Euronext Growth Milan, Foodracers e MyMenu, acquisita l’anno scorso dal Gruppo Pellegrini, le quali, secondo quanto riportato nell’e-book restaurant-tech, nel 2021 hanno assorbito il 6,6% del mercato nazionale del food delivery. Non male.
Dark kitchen, virtual brand & co sono stati il leit motiv del mondo HoReCa durante la pandemia. Ma c’è anche un mondo che guarda direttamente al consumatore, con realtà ormai riconosciute e consolidate come KTCHN Lab e Foorban, ma anche OffLunch.
Quella del meal delivery è una partita che in Italia vede principalmente due squadre schierate. Quella di Vita Meals, focalizzata sulla nutrizione, fresca di round da 1,5m con CDP e quella di Nutribees, più legata al mondo gourmet, protagonista di una exit lo scorso settembre. Seguono a distanza realtà come Miomeal e Squat&Basilico.
Focus sul vino
Pioniere italiana (e forse europea), trend-maker che ha rivoluzionato i modelli consumo in campo alcolico, questo è molto altro è Tannico, vero fiore all’occhiello di foodtech italiano e punto di riferimento che quello che potrebbe definirsi “digital wine”. Un comparto che ha visto nascere diverse startup, come Winelivery, cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni, e Sommelier Wine Box, che al digital wine unisce il modello subscription (ne parliamo più avanti)
Altro trend in fortissima crescita è quello della frutta e verdura “digitali” con un numero considerevole di startup sulla scena italiana. Ricade certamente sotto più categorie e ne meriterebbe forse una tutta sua Babaco Market, che restituisce dignità a frutta e verdura imperfette e quindi non adatte alla grande distribuzione. C’è poi l’innovativo modello di Biorfarm, che permette di adottare un albero e poi goderne dei frutti, letteralmente, e marketplace come Fruttaweb, L’Orto di Jack, Orteat, e Biolaza.
Quello delle “ricette in scatola” è un mercato conteso a livello globale da due giganti come Blu Apron e Hellofresh, recentemente sbarcato anche in Italia. Ma si sa che #italiansdoitbetter e allora ecco Quomi e My Cooking Box, che ha attirato le attenzioni anche di due big come Ponti e Cameo.
Subscription Box, il paradiso dei Millennials
Le box in abbonamento sono un trend che promette di esplodere nei prossimi anni, considerato l’amore delle nuove generazioni per i servizi in sottoscrizione. Già menzionata Sommelier Wine Box, che permette di ricevere mensilmente una box con tre vini selezionati dai migliori sommelier, abbiamo Mica Tuca per il cibo etnico, Degusta Box, per il cibo più “tradizionale” ma anche The Gin Way, WeBeers, TeaTips senza dimenticare Plantabox, per il cibo plant-based.
In conclusione, abbiamo un’Italia del digital food che si difende egregiamente. E in alcuni casi domina.