L’ex premier italiano ed ex Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, è intervenuto di nuovo sul futuro dell’Europa con un discorso durante il Simposio Annuale del Centre for Economic Policy Research a Parigi. «Da qualche tempo, il mercato cinese è diventato meno favorevole per i produttori europei, poiché la crescita rallenta e gli operatori locali diventano più competitivi e salgono nella catena del valore. Il rallentamento ha aumentato la nostra dipendenza dal mercato statunitense». Nei mesi scorsi il rapporto Draghi sulla competitività dell’Ue è stato al centro di numerosi dibattiti e proposte a livello Ue.
Cosa ha detto Draghi su Usa e Cina
A poco più di un mese di distanza dall’avvio della presidenza Trump a Washington, sono diverse le incognite per Bruxelles secondo Mario Draghi. «La nuova amministrazione statunitense sembra poco disposta a fungere da nostro acquirente di ultima istanza – ha detto – Dovremo fare i conti con una deliberata strategia statunitense di sopprimere i surplus commerciali nei suoi principali partner commerciali».
Da tempo poi si discute del rapporto commerciale tra Ue e Cina. Bruxelles ha introdotto di recente i dazi sulle auto elettriche per contrastare gli aiuti di Stato elargiti da Pechino negli anni per sostenere la propria industria, che intanto ha invaso l’Europa con modelli a prezzi competitivi.
Draghi: cosa dovrebbe fare l’Ue per rimanere competitiva?
«Tutti vogliamo la società che l’Europa ci ha promesso, una società in cui possiamo sostenere i nostri valori indipendentemente da come cambia il mondo intorno a noi – ha avvertito l’ex premier -. Ma non abbiamo alcun diritto immutabile affinché la nostra società rimanga sempre come la desideriamo. Dovremo combattere per mantenerla».
«Se l’Ue – ha aggiunto Draghi – continua con il suo tasso medio di crescita della produttività del lavoro dal 2015, date le nostre società che invecchiano, l’economia tra 25 anni avrà le stesse dimensioni di oggi. Ciò significa un futuro di entrate fiscali stagnanti e surplus fiscali per impedire che i rapporti debito/Pil aumentino». L’ex numero 1 della Bce è poi tornato su un tema trattato nel corso degli ultimi anni.
«Se l’Unione Europea dovesse emettere debito comune potrebbe creare ulteriore spazio fiscale da utilizzare per limitare i periodi di crescita al di sotto del potenziale». Draghi ha poi argomentato: «Senza questo debito comune dovremo anche spostare la nostra azione politica dal cambiare l’orientamento della politica fiscale al miglioramento della sua composizione, aumentando gli investimenti pubblici, e alla coordinazione tra gli Stati membri».
«Questo – ha proseguito – crea anche spazio per aumentare la domanda. Soprattutto, sfruttare lo spazio fiscale all’interno delle nuove regole fiscali dell’UE creerebbe un ampio margine per aumentare gli investimenti. La Banca centrale europea stima che, se tutti i Paesi dovessero sfruttare appieno il periodo di aggiustamento di sette anni, sarebbero disponibili ulteriori 700 miliardi di euro per investimenti. Una quota significativa delle necessità di investimento pubblico richieste».