Le 367 startup, le associazioni, il caso Buzzoole, il centro sviluppo Apple: una fotografia dell’innovazione nella Regione
«Non sono l’assessore della ricerca o delle attività produttive, il mio compito è dare forma concreta all’innovazione». Così diceva un anno fa in un’intervista a StartupItalia.eu Valeria Fascione, assessore campano. Assessore alle startup. Una nomina unica, la prima nel suo genere in Italia. In Campania. Ma a cosa può servire un assessore alle startup? «A fare sistema». E in Campania ce n’è un gran bisogno. Capiremo perché.
Un miliardo a chi fa innovazione, entro il 2020
Il Por Campania 2014-2020 mette a disposizione quasi 1 miliardo di euro da investire in ricerca e innovazione. E poi ci sono i soldi del PON nazionale. Risorse utili, ferme. Come in troppe regioni del sud. Soldi che servono alle neoimprese campane. Per farle crescere e far ricadere l’impatto della loro crescita sul territorio. Che si tratti di soldi pubblici, non deve essere una cosa che crea disagio. La maggior parte delle innovazioni vengono da un’illuminata gestione dei fondi pubblici per creare centri di eccellenza. Di innovazione. Dalla California degli anni 60 ad oggi. Il pubblico è stato sempre il primo motore dell’innovazione. Anche se in alcuni paesi, come il nostro, può sembrare paradossale.
L’effetto, esaurito, del fondo HT per il Mezzogiorno
Il 23 marzo 2015 Giovanni De Caro, investitore e consulente di startup di lungo corso, lanciava un grido d’allarme su questo sito: «Meno 70% di investimenti in un anno: così lo Stato sta staccando la spina al Mezzogiorno». Non era un’esagerazione. I dati Aifi di quell’anno fotografavano una decrescita degli investimenti in startup a sud piuttosto allarmante. Erano finiti gli effetti del Fondo HT per il Mezzogiorno. E senza investimenti dal pubblico, purtroppo, non ci sono alternative per far crescere le aziende innovative che nascono a queste latitudini. L’Aifi parlava di un “caso” Fondo HT, di una esplosione degli investimenti nel Mezzogiorno per effetto delle circa 60 operazioni fatte da Principia, Vertis e Atlante Mezzogiorno, finanziate al 50% dalla Presidenza del Consiglio attraverso il Fondo HT; questo purtroppo ha smesso di investire il 31 dicembre 2013 e da allora i capitali istituzionali non si sono più visti al sud.
Gli occhi di chi fa innovazione in Campania
Eppure a Mezzogiorno, e in Campania in particolare, gli attori dell’innovazione non mancano certo. 367 startup, quasi la metà a Napoli, e in buona parte hanno cominciato a fatturare, in media 100mila euro all’anno secondo i dati del registro delle imprese. Non sono tantissimi, ma ricalcano la media italiana in tutto e per tutto. Nord compreso. Qui ci sono associazioni come NaStartup, incubatori come Digital Magics, quello che verrà con Talent Garden, il piccolo miracolo casertano di 012Factory, l’ecosistema creato a Città della Scienza, l’avventura ambiziosa di Giffoni Innovation Hub, creative agency che progetta e realizza idee per giovani talenti dell’innovazione. Solo per fare alcuni esempi. Sono tutti attori dell’ecosistema campano. Le energie non mancano. Sono tante e si organizzano.
Indietro nel 2012, quando startup era meno di una parola
Nel 2012 un progetto chiamato Vulcanicamente chiamò a Napoli uno dei volti più noti dell’ecosistema startup Italiano. Gianluca Dettori, ex Vitaminic, azienda che ha venduto a Buongiorno, founder di dpixel e da un annetto volto noto anche ai più grazie alla fortunata serie televisiva Shark Tank. Dettori investe in startup prima che queste possano dirsi startup. Dettori è uno che le startup le conosce, e bene. «Allora di startup a Napoli non ne sapeva niente nessuno». Quando arrivò in Campania pubblicò un post su Chefuturo! in cui scriveva a proposito dei ragazzi incontrati a Napoli:
La necessità di ricreare un legame tra innovatori e istituzioni
«Fin dai colloqui preliminari, conoscitivi, quello che mi ha colpito era la luce che si accendeva nei loro occhi. Quando? Quando si rendevano conto che li stavamo veramente ascoltando. Sul loro volto si disegnava un’espressione come di meraviglia. Come se stessero pensando: ma davvero tu mi stai ascoltando con attenzione? Davvero sei interessato a quello che ti sto dicendo? Davvero stai mentalmente valutando la validità della mia idea?». Ecco l’interesse. La voglia di essere ascoltati. Di realizzare l’idea che dall’altra parte c’è qualcuno disposti a valutare davvero le loro idee. E’ questo il senso forse più alto, e più politico, dell’economia digitale. Rompe gli schemi. Fa emergere talenti. Ma deve essere un processo rapido. Perché i talenti sfioriscono. E bisogna avere fiducia, e lungimiranza.
E quando la fiducia non si riesce a creare. Il caso Buzzoole
Volete sapere qual è la notizia più letta dell’anno su questo sito? Un piccolo caso. Emblematico. Quello di Buzzoole. E’ del 6 maggio. Fabrizio Perrone, il ceo, mi scrive su Facebook: «Vuoi sapere un fatto curioso? Mi hanno scritto da Sviluppo Campania dopo tre anni da quando ho chiesto un piccolo finanziamento da 25mila euro. E mi hanno detto che la nostra idea di business non è valida. Allora ne avevamo bisogno di quei soldi. Adesso puntiamo a fatturare 3 milioni entro l’anno». Loro la fiducia non l’hanno avuta. Ma il problema non è tanto quello. E’ che un’embrione di impresa, specie se fa innovazione, specie se è una startup, in 3 anni muore. Per fortuna non è stato il caso di Perrone e il team di Buzzoole che adesso conta una trentina di dipendenti. A Napoli.
Il magma dell’innovazione, da dove nascono le idee
Riprendo ancora un passo di quel post di Dettori. Perché in questa storia ci sono tutti gli elementi che lui aveva individuato. «In questa città trovi un’azienda di igiene urbana da ottomila dipendenti che non riesce a farla splendere e una università con il terzo miglior gruppo di robotica a livello mondiale. Trovi la filosofia del chiagni e fotti ma anche solidarietà, tolleranza, e tanta, troppa umanità. Non si dorme a Napoli e non si è mai veramente svegli. In questa città trovi gli spacciatori di dodici anni ma anche giovani, come quelli che ho conosciuto, che ti chiedono con gli occhi e con il cuore di dare loro una sola maledetta opportunità. E’ un magma. E nel magma tutti gli elementi sono lì, mischiati». E’ in quel magma però che possono nascere cose bellissime. E Napoli, la Campania, ha tutte le carte in regola per farlo.
Il centro sviluppo Apple, che partirà a ottobre
Ieri, 4 luglio, un’Ansa ha annunciato che a ottobre partiranno i corsi per i primi 100 sviluppatori di app iOS di quel centro di sviluppo app annunciato a gennaio e che avrà sede in diverse parti della città. Si partirà da San Giovanni a Teduccio. Un luogo simbolico. Difficile. Una delle aree cittadine a più alta densità criminale, dicono le cronache. Il simbolismo di quel luogo è un’augurio. Per i primi 100 nuovi sviluppatori. Diventeranno migliaia. Quel magma creativo prenderà forma.