“Investono meno ma in maniera più efficace” spiegano i ricercatori dell’ateneo orobico. Che hanno ospitato un convegno internazionale sul tema
Chi ha detto che le imprese familiari non investono in innovazione? A Bergamo c’è un think tank che studia le dinamiche di questa particolare tipologia aziendale, fortemente rappresentata in tutto il mondo, America e Medio Oriente in testa. Con una missione: smontare i falsi miti. “In realtà – spiega Mara Brumana, ricercatrice al Center for Young and Family Enterprise diretto da Tommaso Minola – gli studi mostrano un dato sorprendente: queste società investono meno risorse in R&D, ma sanno sfruttarle meglio”.
Quando famiglia fa rima con mercato
Il merito – rileva uno studio pubblicato sull’Academy of Management Journal – sarebbe di un miglior controllo esercitato proprio dalle famiglie, di una maggior concentrazione della ricchezza e, non ultima, della presenza di obiettivi non finanziari. Insomma, il business non è tutto.
“Familiare non significa necessariamente di piccole dimensioni, né aliena dal mercato – prosegue Brumana – Esistono non poche realtà di dimensioni considerevoli, e tra queste non manca chi ha deciso di rivolgersi al mercato in cerca di capitali”. Il controllo, però, resta saldo nelle mani di un nucleo legato da vincoli di parentela.
Del mondo del capitalismo familiare si è parlato nel corso della tre giorni di lavori organizzata da Ifera (International Family Enterprise Research Academy). Il meeting annuale è stato ospitato quest’anno dall’ateneo orobico con l’organizzazione di un team guidato dal professor Mario Salerno. L’interesse per questo ramo nasce dalla storia di un territorio ricco di tradizione imprenditoriale. Tante le realtà di valore che, nel corso degli anni, sono cresciute tra le valli. Come Grifal di Cologno al Serio, attiva nel settore del packaging, e premiata da Price Waterhouse Coopers a margine del convegno.
Grifal, l’azienda rinata dall’intuizione di una donna
Una storia che prende le mosse da una tragedia. “Mio marito morì, e mi trovsai sola a dover sfamare una famiglia – racconta la fondatrice, Annamaria Tisi, over 70 con l’energia di una ragazza – Così nel 1969 rilevai un piccolo scatolificio in crisi, e, dopo aver assunto le maestranze, ricominciammo a produrre in un capannone di mia proprietà”. Molti anni e 14 brevetti dopo, l’azienda della famiglia Gritti – che punta sull’economia circolare ed è una delle 31 al mondo certificate per fornire imballaggi ad Amazon – è approdata alla quotazione alla Borsa Italiana AIM. Ma le redini restano saldamente nelle mani del nucleo originario, con una quota aggregata che sfiora l’80%.
“Il vantaggio competitivo di Grifal – recita la motivazione del premio – è la capacità di produrre soluzioni di imballaggio con elevate prestazioni in termini di protezione ambientale, che consente la trasformazione, il processo e il riutilizzo delle materie prime, in modo sostenibile”.
Nel corso della serata di premiazione hanno raccontato la propria storia altri due imprenditori a capo di realtà a trazione familiare: Stefano Landi della Landi Renzo (attiva nel settore del Gpl e degli impianti a Gas) e Vito Pertosa, che dalla Puglia è diventato leader mondiale nel settore ferroviario. Un italiano con il “vizietto” dello spazio: la sua Sitael ha costruito uno dei satelliti messi in orbita dalla Space X di Elon Musk. Mica male, per uno che aveva cominciato costruendo rimorchi.