Una riflessione prima della Conferenza sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite prevista per dicembre a Parigi. Opportunità e previsioni di come il mutamento del clima potrà influire sull’economia (digitale) del prossimo futuro.
La conferenza dei presidenti dei parlamenti dell’Unione Europea arriva solo sette mesi prima della Conferenza sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite prevista per dicembre a Parigi. Questa Conferenza ruota attorno a una serie di parametri di riferimento, come l’aumento dell’efficienza energetica, la riduzione di emissioni di CO2 e di altri gas responsabili del riscaldamento globale, e un aumento delle energie rinnovabili. Ed è un’occasione per capire quanto il cambiamento climatico possa incidere sull’economia della società a costo marginale quasi zero.
Un nuovo paradigma economico
Tuttavia, senza una visione economica e un piano di sviluppo per la transizione delle nazioni in un’era post-carbonio, i governi sono riluttanti a impegnare i propri paesi per questi parametri di riferimento. Soprattutto in un periodo in cui il PIL sta rallentando, la produttività è in calo e la disoccupazione resta alta. In queste condizioni è molto probabile che tali parametri di riferimento vengano percepiti come punizioni che serviranno solo a restringere ulteriormente le loro economie.
Le nazioni del mondo sarebbero molto più propense a prendere impegni, in funzione degli obiettivi proposti dalla Conferenza dell’ONU sul clima, se questi fossero correlati a un nuovo paradigma economico. Un paradigma che può aumentare la produttività, creare nuove opportunità economiche e occupazione, garantire una società più vivace e sostenibile. Un nuovo sistema che permetta la transizione delle loro economie dall’energia fossile a base di carbonio verso le energie rinnovabili.
Questa visione ora sta prendendo piede in Germania e in altri paesi. In particolare in un’economia completamente digitalizzata. Un’economia dove la produttività estrema, innescata dalla ottimizzazione dell’efficienza energetica aggregata nella gestione delle attività economiche, nel loro approvvigionamento energetico e nella loro movimentazione, rende necessarie quantità inferiori di informazioni, energia, risorse materiali, manodopera e sforzi logistici necessari per produrre, immagazzinare, distribuire, consumare e riciclare beni e servizi economici a costo marginale quasi zero.
Il progressivo spostamento dalla proprietà all’accesso, all’interno della crescente sharing economy, significa anche che più persone condividono meno prodotti – la base della economia circolare – e significativamente questo contribuirà a ridurre il numero di nuovi prodotti venduti, con conseguente riduzione delle risorse utilizzate e della immissione in atmosfera terrestre di gas responsabili del riscaldamento globale.
Verso il “Costo Marginale Zero”
In altre parole, la spinta propulsiva verso una società costo marginale quasi zero e la condivisione di energia verde quasi gratuita e di prodotti riciclati e servizi ridistribuiti nella sharing economy permette di conseguire l’economia più ecologicamente efficiente possibile. La spinta verso il costo marginale zero è, altresì, il punto di riferimento fondamentale per la creazione di un futuro sostenibile per la razza umana sulla terra. Il paradigma della Terza Rivoluzione Industriale trasforma gli obiettivi della conferenza ONU sul clima di Parigi (la COP 21) da misure percepite come punitive a un percorso virtuoso verso un’era economica post-carbon più prospera e più sostenibile.
Jeremy Rifkin