Non solo Salvini. Le ruspe piacciono anche a Jeff Bezos, patron di Amazon. Ma per altri motivi. Giorni fa è saltato su un mezzo del genere per sollevare il primo mucchio di terra della sua nuova impresa: l’aeroporto di Amazon. “Se volete saperlo, è divertente” ha detto scendendo dal cingolato senza rilasciare altre dichiarazioni pubbliche. Come sarà divertente disporre di un proprio hub cargo per smistare la merce del suo “negozio del mondo” ai quattro angoli del pianeta. Davvero un’epopea, dagli inizi con i libri.
Dove nascerà lo scalo
Lo scalo da 1,5 miliardi di dollari (qui sopra e sotto un rendering) sarà costruito nei pressi di Cincinnati, in Ohio (in realtà in territorio del Kentucky, appena a Sud del fiume Ohio), su un’area di 900 acri (circa 39mila metri quadrati) presa in leasing per cinquant’anni dall’amministrazione del Cincinnati/Northern Kentucky International Airport già un paio di anni fa, nel 2017. Sarà appunto il quartier generale per la sua flotta di aerei Prime Air, che consentirà al colosso un controllo ancora più serrato sulle spedizioni facendo progressivamente a meno del supporto di corrieri internazionali come FedEx, Ups e Usps. Al contempo potenzierà il servizio di consegna in giornata o in un giorno per tutti i clienti Prime.
Bezos sulla ruspa (foto: The Enquirer/Chris Mayhew)
D’altronde Prime Air ha sede proprio a Hebron, nell’aeroporto internazionale, e dispone di 12 Boeing 767-200 e di 27 Boeing 767-300. Considerando altri 10 ordini, in termini di mezzi potrebbe già essere paragonata, con una flotta quarantina di apparecchi, a una medio-piccola compagnia aerea commerciale. Basti pensare che Alitalia dispone di 117 aerei.
Quando inizieranno i decolli
Lo scalo aprirà nel 2021 e dovrebbe creare circa 2mila posti di lavoro nell’area, creando un particolare ibrido fra centro di smistamento 8come quelli che abbiamo anche in Italia, per esempio a Castel San Giovanni, Piacenza, Vercelli o Passo Corese) e, appunto, aeroporto merci. Serviranno non solo addetti e magazzinieri ma anche piloti e tecnici, figure non proprio abbondanti sul mercato del lavoro internazionale. Insomma, secondo molti osservatori Amazon potrebbe lanciare una spietata campagna acquisti fra i comandanti e i primi ufficiali degli altri corrieri, un po’ come le compagnie private del Golfo Persico hanno fatto negli anni scorsi, quelli della loro crescita roboante, saccheggiando i vettori europei.
Strategia a 360 gradi
Droni, tir, aerei, robot autonomi (basti pensare a quelli a sei ruote Amazon Scouts che inizieranno i test proprio in questi giorni nella contea di Snohomish, stato di Washington), accordi con corrieri di ogni tipo: lo sforzo di Amazon per accorciare sempre di più i tempi di consegna dei prodotti – che parte in realtà dalla rapidità e dall’efficienza non senza polemiche con cui vengono organizzati i suoi centri di smistamento – è a 360 gradi. L’aeroporto, che come dimensioni si avvicina a quelle degli hub dei colossi cargo mondiali, è un’ulteriore tappa di questa strategia a tutto campo.
“Questo hub ci consentirà di consegnare i pacchi ai clienti più velocemente, e questa è una cosa fondamentale – ha spiegato Bezos alla WCpo-TV di Cincinnati nell’unica dichiarazione della giornata – passeremo dalla consegna in due giorni a quella in un giorno per i membri di Prime, e questo aeroporto giocherà un ruolo importante”.
Negli altri aeroporti statunitensi
Fra l’altro, Amazon continua a creare delle aree riservate alle sue operazioni in molti altri scali del Paese. In quello di Linder, in Florida, le autorità hanno per esempio appena approvato la costruzione di un nuovo terminal che sarà operativo l’anno prossimo dedicato al carico e scarico delle merci vendute tramite la piattaforma. Stesso discorso a Rockford, scalo vicino Chicago, dove appunto le operazioni vanno espandendosi. Lo sguardo è sempre agli scali medi o secondari, dove c’è più margine di sviluppo per nuovi capannoni e più spazio per gli aerei. Insomma, un percorso che al maxihub di Cincinnati unisce di fatto una serie di grosse facilities negli aeroporti nel resto degli Stati Uniti. E c’è da scommettere che qualcosa di simile, almeno in termini di hub, accadrà anche in Europa.