Aggiornamento 19 dicembre 2014: un annuncio pubblicato da iClarified mostra come Apple si stia organizzando con una uova sede Londra per portare Apple Pay in Europa. Nei piani anche l’espansione in Africa, India e Medio Oriente. Dettagli sulle tempistiche non ce ne sono, ma se ne dovrebbe parlare nel 2015. Negli Stati Uniti, a due mesi dal lancio, le carte supportate sono il 90% di quelle in circolazione.
Di Apple Pay, che debutta oggi negli Stati Uniti sappiamo già praticamente tutto. O quasi. Il servizio di pagamento che utilizza l’Nfc come tecnologia trasmissiva è disponibile su iPhone 6, 6 Plus, Apple Watch e sui nuovi iPad. Tutti dispositivi che contengono al loro interno l’elemento di sicurezza necessario per pagare strisciando lo smartphone su appositi Pos.
L’esperienza non potrebbe essere più semplice, in pieno stile Apple. C’è infatti la possibilità di associare ad Apple Pay le carte già registrate in iTunes o di associare altre carte con inserimento manuale dei dati o con acquisizione delle informazioni tramite fotocamera. Per rendere sicure le transazioni, Apple utilizza da un lato un sistema biometrico (il Touch ID) e dall’altro un servizio gestito dai circuiti nel quadro degli accordi stipulati da Apple con Visa, MasterCard e Amex. Dunque nel modello di Apple Pay i circuiti internazionali eccedono il tradizionale ruolo di garanzia di interoperabilità e assumono il ruolo di Token Service Provider, questo il termine tecnico, finendo così con l’essere coinvolti in tutte le transazioni.
Quello che forse non è così chiaro dall’Europa, che verrà coinvolta nei prossimi mesi, è che tutto ciò non avviene gratis. A pagare sono le banche che emettono gli strumenti di pagamento, le cosiddette banche issuer. Di fatto Apple Pay, con il modello di business scelto per entrare nel mercato, si inserisce nella catena del valore erodendo i ricavi degli issuer. Cupertino infatti riceverà una percentuale della comminissione interbancaria riconosciuta alle banche issuer dalle banche acquirer, quelle con cui è convenzionato l’esercente presso cui viene effettuato il pagamento. Percentuale che si aggira tra i 12 e i 15 basis point (la centesima parte di un punto percentuale).
Inoltre le banche issuer dovranno corrispondere una ulteriore commissione ai circuiti per il loro ruolo di Token Service Provider. Non si hanno ancora i dettagli sull’entità di questa seconda commissione. E non sappiamo ancora se, quando Apple Pay sbarcherà nel nostro continente, il modello di business utilizzato sarà il medesimo. Sul mercato europeo l’impatto potrebbe essere ancora superiore considerando i minori valori di commissioni tra banche che in Italia sono pari allo 0,55% a fronte dell’1,65% degli Stati Uniti e potrebbero ulteriormente ridursi nel caso di applicazione della proposta della Commissione europea (0,2% – 0,3% a transazione rispettivamente su carte di debito o credito). Soprattutto in questo secondo scenario le commissioni richieste agli issuer non sarebbero sostenibili. Staremo a vedere cosa si inventerà il gigante di Cupertino per rendere il suo modello vincente anche nel nostro Paese.