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Business della predizione: lo ha spiegato in un’intervista Cosimo Accoto, tech philosopher e cultural advisor che ha partecipato a OBE Summit
Si parla tanto di un nuovo business “predittivo”, in grado di conoscere sempre meglio bisogni e necessità dei consumatori. Nell’era dei big data, l’antropologia si incrocia con l’entertainment, le tecnologie sono sempre più immersive e continuano a crescere nelle loro capacità di intrattenimento, modificando le realtà di mercato. Come cambieranno, dunque, le logiche dei brand e che fine farà la libertà di scelta da parte dei consumatori? Ne abbiamo parlato con Cosimo Accoto, tech philosopher, cultural advisor e MIT fellow, che ha partecipato a OBE Summit 2021, l’appuntamento di OBE dedicato a imprese, PMI e startup che hanno a che fare quotidianamente con il branded entertainment.
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Dal business del feedback a quello del feedforward
Fino ad ora le aziende hanno lavorato nell’economia del “feedback”: il consumatore esplicita un bisogno a cui l’impresa va incontro. In un futuro prossimo, invece, l’economia sarà sempre più incentrata sul “feed forward”: ovvero l’azienda consegna qualcosa che sa che il cliente chiederà. Un business sempre più predittivo, all’interno del quale algoritmi, machine learning e intelligenza artificiale fanno da padroni anticipando bisogni e necessità. «Ci troviamo in mezzo a un cambio di civiltà e di economia profondo. Con una metafora, io dico che stiamo entrando nell’“era dell’oracolo” dopo aver vissuto nell’“era dell’archivio”: da business fondati su pochi dati, poca esperienza e pochi modelli stiamo passando a business guidati, invece, da sensori distribuiti ovunque; da dati in quantità, con qualità e velocità inimmaginabili; da algoritmi di apprendimento automatico e profondo dell’intelligenza artificiale, da infinite modellizzazioni e simulazioni probabilistiche che anticipano i nostri comportamenti, i nostri bisogni, i nostri desideri. Non si attende l’esplicitarsi di un bisogno o di un desiderio, ma lo si anticipa – dichiara Cosimo Accoto – Tutti i settori ne sono interessati: dalla medicina alla manifattura, dalla cyber-sicurezza alla mobilità, dalla finanza ai social media. Anche la industry dell’intrattenimento e i servizi connessi. Usando sensori, dati e algoritmi di intelligenza artificiale, le macchine possono modellare l’informazione dal/sul futuro e usarla per disegnare e progettare servizi e prodotti in modalità anticipatoria. Finora ci siamo preoccupati soprattutto di contrastare il sovraccarico informativo del presente (info overload), ma nei prossimi anni lavoreremo per ridurre l’incertezza informativa del futuro (world uncertainty). Come umani, infatti, abbiamo la necessità di gestire l’incertezza del futuro, non solo di gestire la pressione del presente. Qualche esempio? Non vogliamo ammalarci, non vogliamo trovare traffico in strada, non vogliamo che si rompa il macchinario in fabbrica, non vogliamo perder tempo per scegliere il prossimo film da vedere dal catalogo, e così via”.
Verso una nuova era della comunicazione
Se, finora, dunque, la comunicazione era antropocentrica, con la creazione di contenuti che vengono scambiati tra umani, un domani il target non sarà più soltanto l’essere umano ma anche le macchine, con un “marketing to machine” (non solo “marketing by machine”) da dover progettare. Così nasce anche una nuova sfida/alleanza tra marca e algoritmo. “In un contesto competitivo di mercato e nella comunicazione tra umani, la marca è, finora, servita come meccanismo di riduzione di incertezza e complessità, sia lato consumatore, sia lato azienda. Ha aiutato chi consuma a scegliere una specifica crema di nocciole in mezzo a tante possibilità proposte su uno scaffale. E ha aiutato chi produce nella capacità di distinguersi dentro la gara di mercato con i competitor – afferma Cosimo Accoto. Continuerà ancora così, ma nelle interazioni di mercato sempre più automatizzate: con bot, dati, software, sensori, intelligenza artificiale, personal assistant, il meccanismo di riduzione dell’incertezza diviene l’algoritmo. Algoritmi che selezionano, suggeriscono, anticipano, personalizzano servizi, applicazioni, esperienze. In questo senso dobbiamo iniziare a fare “marketing alle macchine”, e già adesso, in realtà lo stiamo facendo con la creazione di contenuti che lavorino sull’ottimizzazione da parte del motore di ricerca, rendendo attrattivo il contenuto online. Con l’internet delle cose e i virtual assistant questo nuovo business esploderà. Si sta lavorando per ridurre le incertezze sulla complessità del mondo e l’algoritmo rappresenta un riduttore di complessità. I brand dovranno imparare a gestire e valorizzare non solo il potere simbolico, ma anche la potenza dell’algoritmo”.
Che fine fa il concetto di “libertà”?
In questo contesto di predizione, anticipazione e marketing sempre più “tailor made”, che fine fa la libertà di scelta da parte del consumatore? Lo abbiamo chiesto a Cosimo Accoto che ha risposto: «Anticipare il futuro significa modellare o, secondo alcuni “manipolare”, i percorsi di vita e le decisioni che prendiamo. Naturalmente, non è che prima non ci fossero tecnologie e dinamiche condizionanti, anzi, ma certamente la pervasività e la potenza di scala delle nuove tecnologie e, tra queste, dell’intelligenza artificiale, sono un elemento nuovo che dobbiamo attenzionare. Dovremo sicuramente rinegoziare l’idea e la pratica della nostra libertà e autonomia contrastando abusi e violazioni. I problemi sono noti: discriminazioni algoritmiche, controlli pervasivi, asimmetrie informative, bolle filtranti, per citarne alcuni. Rispetto ai primi anni, però, ora la consapevolezza sta crescendo e sono molte le iniziative etiche, giuridiche, regolatorie che le istituzioni stanno mettendo in campo per mitigare, se non proprio eliminare, queste criticità. Certamente dobbiamo, però, far crescere anche la consapevolezza personale di ciascuno di noi, perché spesso siamo proprio noi a rendere visibili e condividere informazioni che un tempo avremmo ritenuto private. Come insegna criticamente il filosofo Foucault, non c’è solo la sorveglianza, ma anche la confessione da attenzionare”.
Come cambieranno marketing e business per PMI e aziende
Se tutto questo meccanismo, per certi lati molto complesso, viaggia alla velocità della luce, allo stesso tempo le aziende e le PMI italiane sono pronte ad affrontare questa enorme sfida tecnologica a cui si trovano di fronte? “Per le PMI, al di là delle vulnerabilità e potenzialità note, credo che la questione centrale sia avere una leadership e un management in grado di cogliere il senso della trasformazione in atto. Voglio essere positivo e vedere che segnali positivi in questo senso ci sono. Casi, ad esempio, di imprese metalmeccaniche che hanno deciso di inserire dei sensori nei propri pezzi per riuscire a catturare i dati relativi alle loro performance e criticità fisico-meccaniche. La sensorizzazione è il primo step verso la creazione del gemello digitale, verso la monetizzazione del dato e, più in generale, verso la nuova economia della predizione. La leadership serve non solo per avere visione, ma anche per capire che il percorso per arrivare alla profittabilità potrebbe essere lungo e difficile. E deve saperlo gestire nelle risorse economiche tanto quanto in quelle psicologiche che saranno necessarie. Come è accaduto in altre trasformazioni, prima di vedere incrementi e numeri positivi, potrebbero trascorrere anni in sofferenza. Per questo, gli economisti ritengono fondamentale il supporto degli investimenti, anche di matrice istituzionale e sovranazionale, per uno sforzo di innovazione e avanzamento che è epocale e non episodico. In questo senso, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza potrebbe costituire una grande occasione anche per le PMI: in esso sono già contenute e previste misure specifiche per le piccole e medie imprese, come, ad esempio, la riqualificazione manageriale sui temi tecnologici”, conclude il tech philosopher.