Una startup funziona quando risolve un problema. Sul fatto che Indabox abbia centrato il punto, a prescindere da come andrà il suo promettente percorso, non ci sono dubbi: mette a disposizione degli utenti una serie di luoghi in cui farsi recapitare gli oggetti acquistati online.
Quante volte vi è capitato di perdervi la visita del corriere, perdendo magari il bene acquistato? O, in quante occasioni avete rinunciato a comprare sui siti di e-commerce per l’impossibilità di organizzare la spedizione? Ecco, la piemontese Indabox fondata da Giovanni Riviera, Michele Calvo e Mariano Abbona ha deciso di trasformare i bar in una rete di appoggio a cui fare riferimento.
Il funzionamento è semplice: una volta acquistato il bene e indicato come indirizzo di spedizione il punto di ritiro di Indabox più comodo per le proprie esigenze non si deve fare altro che, attraverso il sito della startup, comunicare il bar la data del ritiro. All’utente il servizio costa 3 euro, di cui 1,5 vanno al bar e 1,5 alla startup. “Attualmente abbiamo 650 punti di ritiro disponibili sulla piattaforma, puntiamo a raggiungere quota 1.000 entro fine anno”, spiega a SmartMoney Riviera, classe 1980 e con un passato nel marketing di Seat Pagine Gialle. Sta contribuendo in modo sempre più consistente un accordo con Carrefour: “Abbiamo iniziato su Milano con 15 punti e dopo i buoni risultati ottenuti siamo passati a 40”, prosegue Riviera. Per la catena francese di supermercati si tratta del secondo accordo con una startup nostrana dopo quello siglato con RisparmioSuper (ne abbiamo parlato qui); una sensibilità che le fa onore. Tornando a Indabox, da circa un mese c’è anche la possibilità per chi gestisce un sito di e-commerce di integrare la soluzione all’interno della sua piattaforma. In questo modo l’utente organizza il ritiro particolare direttamente dalla pagina in cui sta completando l’acquisto, “nel giro di dieci minuti”. Sono già stati realizzati dei software per integrare Indabox i siti che girano su Prestashop e Magento.
L’idea della startup fin-tech piemontese è buona e sta procedendo in modo soddisfacente: lo dimostrano la decisione di lavorarci a tempo pieno di Riviera e Calvo, che si avvalgono per ora di un solo collaboratore per la gestione dei rapporti con i bar, e il supporto economico ottenuto dal Club degli investitori di Torino, 65mila euro in prima battuta e 350mila quanto la ruota ha iniziato a girare. “Contiamo di raggiungere il pareggio nel 2016”, afferma Riviera.
Giovanni Riviera, Michele Calvo e Mariano Abbona, co-fondatori di Indabox
All’orizzonte c’è una solo nuvola, che potrebbe però trasformarsi in un’opportunità. Amazon sta facendo qualcosa di molto simile a Londra, sfruttando gli armadietti della metropolitana. “Certo, quando arrivano loro spazzano via tutto”, ammette Riviera, “ma l’esempio della francese Kiala acquistata del 2012 da Ups ci fa ben sperare”. Isomma, l’idea di una exit, che si tratti di Seattle o di un altro colosso del settore, non lo spaventa e quella di continuare a fare “qualcosa che mi diverte e mi sta dando una soddisfazione costante” lo stimola altrettanto. Altro che nuvole…