Il segretario di Stato USA diede il via a un piano di ricostruzione europeo entrato nella storia
«Il piano Marshall arrivò due anni dopo la fine della seconda guerra mondiale: non abbiamo così tanto tempo questa volta». Questa dichiarazione del Commissario agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, è una delle più autorevoli che negli ultimi giorni citano uno dei progetti simbolo della ricostruzione europea dopo il secondo conflitto mondiale. Dal nome dell’allora segretario di Stato americano, George Marshall, l’operazione venne battezzata nel 1947 all’Università di Harvard, dove l’uomo chiave del Capo della Casa Bianca, Harry Truman, pronunciò un intervento destinato alla storia: l’America voleva sostenere la rinascita europea con un piano di investimenti. Meno di un secolo fa, gli Stati Uniti erano all’apice della loro potenza, accresciuta anche dal monopolio nucleare, e con quell’operazione confermarono il proprio ruolo di superpotenza e di paese guida dell’Occidente. La somma complessiva del Piano Marshall raggiunse i 17 miliardi di dollari, spalmati su un quadriennio.
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Piano Marshall: storia e numeri
La Guerra Fredda, il conflitto che occupò tutto il secondo Novecento fino al 1989, non si era ancora del tutto definita quando il Piano Marshall venne pensato e messo in atto. E infatti questa operazione targata USA era stata rivolta anche all’Unione Sovietica di Stalin, alleata fino a pochi anni prima nella lotta contro il nazifascismo in Europa. Il gigante russo però rifiutò. Per l’Italia gli anni immediatamente successivi alla fine della guerra furono drammatici, con una ricostruzione lenta, difficile e in un contesto politico spesso violento. Ecco perché diversi storici definiscono quelli come anni di piombo ante litteram.
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All’Italia, paese strategico nel quadro europeo, Washington destinò una delle prime somme per la ricostruzione. Nel 1947, quando ancora era in carica l’ultimo governo con una presenza di ministri del PCI, il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi ricevette dagli Stati Uniti un assegno in dollari per primo impulso alla ricostruzione. Erano quelle le prime battute del Piano Marshall, che dal 1948 avrebbe interessato tutta l’Europa Occidentale, compresa la Germania dell’Ovest. Gli aiuti non arrivarono soltanto sotto forma di dollari, ma anche di prodotti e beni di prima necessità, in un’Italia ancora lontana dal boom economico di fine anni Cinquanta. La sigla ERP (European Recovery Program) divenne sempre più famigliare per le famiglie che ricevevano cibo e tanti altri prodotti da Oltreoceano.
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Il Piano Marshall oggi
Il programma per la ricostruzione dell’Europa fu determinante per la rinascita dell’Italia. Nel 1952 la produzione industriale superava di un terzo quella dell’anteguerra, con un’industria siderurgica che produceva il 30% in più e quella chimica il 70%. L’Italia cambiava volto anche nelle città, con piani Casa che edificarono da zero interi quartieri, dando un nuovo tetto a milioni di famiglie. Il Piano Marshall fu il trampolino di lancio anche per il rafforzamento della rete stradale, con cento chilometri complessivi di nuovi ponti e milioni di automobili pronte a sfrecciare sulle nuove tratta autostradali (nel 1956 il primo mattone dell’A1 a San Donato Milanese). Insomma, l’Italia di allora usciva da un periodo buio, con milioni di morti, un paese in parte distrutto e il morale a terra. I paragoni in storia sono sempre rischiosi perché banalizzano le difficoltà del presente con soluzioni pronte (nel passato). Ma l’urgenza attuale imporrebbe che le misure messe in campo dall’Unione Europea aspirino ad avere un impatto simile se non maggiore a quello del Piano Marshall per una seconda ricostruzione continentale.