Tra nuove idee che ambiscono a diventare startup e rivendicazioni del grande Sud che fu, nella Reggia di Caserta si è tenuto uno Startup Weekend dove l’ecosistema campano si è contato. Un report
Quello di Caserta, stando alla voce degli organizzatori, è stato pensato come lo Startup Weekend che avrebbe dovuto riunire tutto l’ecosistema campano. Gli spazi della Reggia offrivano una cornice non solo unica, ma simbolicamente inarrivabile. Il palazzo dei Borbone. La casa reale del Sud.
Nei fatti l’operazione è riuscita, «si è formato un gruppo di coordinamento forte» dicono, anche se con qualche notevole eccezione. C’era Napoli, c’era Benevento, c’era Caserta ovviamente, e Salerno. 60 partecipanti, di cui la componente estera veniva da Spagna e Portogallo, Malta. 7 progetti, 2 mentor portoghesi, e gli altri da praticamente tutte le regioni del Sud.
«Il posto più pazzo dove sia stato fatto uno Startup Weekend»
Lì, tra i marmi rosa della Cappella Palatina e gli spazi messi a disposizione dalla Seconda Università di Napoli, le 56 ore di palestra d’impresa hanno goduto di scenari impossibili in nessuna altra parte del mondo. «Negli Stati Uniti l’hanno definito il posto più pazzo in cui si è fatto uno Startup Weekend. E lo abbiamo fatto a costi ridottissimi» ha detto al party finale Enzo Notaristefano, tarantino, imprenditore e partner per Puglia e Basilicata di Digital Magics, ma più di tutto facilitatore della tre giorni. Che alla fine ha riassunto così il senso di questo Startup Weekend, prima che pizze margherita e rotoli di frierielli arrivassero sul buffet: «La valle del silicio può essere ovunque, Intel lo ha dimostrato. E noi vogliamo farla ripartire da qui. Dal Sud. Da Caserta. Riprendiamoci quello che storicamente ci è stato tolto». Grandi applausi. Il simbolismo dei luoghi assume così un paio di toni in più.
Prigiobbo (NaStartup): «Qui prove tecniche di un coordinamento regionale»
La voglia di rivendicare attaccamento al Sud, alle sue radici, è forte. Il concetto di «startup» preso in senso lato diventa voglia di riscatto non solo di una generazione, ma di un intero territorio. Quasi manifesto politico. Un senso di appartenenza che si riverbera in ogni sviluppo della tre giorni. Dal coaching ai progetti. In 60 hanno provato a sviluppare soluzioni innovative per il mercato. «Siamo rimasti qui per due notti fino a mezzanotte» racconta Antonio Prigiobbo di NaStartup, che ha supportato l’evento organizzato da Giovanni Laffi, Mario di Girolamo, Federica Siano. «Non è facile, per rimanere qui fino a tardi siamo doppiamente scortati, dalla sicurezza della Reggia e da quella dell’Università». Negli spazi della Reggia, luogo di polemica qualche settimana fa per la super-produttività del nuovo direttore Mauro Felicori, un po’ a questi orari ci devono essere abituati ormai. «Ne abbiamo scherzato proprio con lui, il direttore felice che ci siano persone che lavorano fino a tardi».
Un’assicurazione da 2 milioni di euro
Due milioni di euro. Tanto era il valore dell’assicurazione (coperta da TechStars). Ma è andato tutto liscio, anche per la perseveranza di persone come Giovanni Laffi che fino a due giorni prima dall’evento hanno atteso e insistito per ottenere tutte le pratiche. Ma è così, gli Startup Weekend sono pura energia dal basso e a vedere le facce, stanche ma ancora accese dopo tre giorni, si capisce che niente avrebbe fermato questi ragazzi. «Noi vogliamo fare innovazione a Sud, è questa la nostra missione come associazione. Qui cerchiamo di creare gemmazioni che poi come Na Startup potremmo continuare a sviluppare» continua Prigiobbo.
Al di là delle questioni di bandiera, delle rivendicazioni, c’è una logica e una storia che forse in pochi conoscono ma che sostanzia le tesi di chi ha voluto dare un marchio «meridionalista» alla manifestazione. Per chi ha voglia, un piccolo excursus storico. Curiosità. Il main sponsor dell’evento è Funari, un concessionario d’auto, la cui pubblicità campeggiava in alto alla prima pagina de Il Mattino dopo il terremoto del 1980, quando il giornale chiedeva al Governo FATE PRESTO. Giusto per aggiungere ancora un simbolo.
Da queste parti si faceva innovazione prima che si sapesse esattamente cosa fosse. Lo raccontano le strutture, i poli che si sono sviluppati intorno alla Reggia. Un esempio è proprio a pochi chilometri dalla real dimora dei Borbone.
L’innovazione, dai Borbone alle startup passando dal modello Reggia
Anno 1778. Re Carlo di Borbone ordina la costruzione della Real Colonia di San Leucio, qualche chilometro da Caserta. Si tratta di un complesso industriale dove, nelle intenzioni del regnante, un circolo virtuoso di imprenditoria e formazione avrebbero dovuto creare un’eccellenza nel campo del tessile. Ci riuscì. A Caserta si venne a creare una comunità di sarti, artigiani, studenti provenienti da ogni parte del mondo. Un ecosistema di maestranze specifiche che portarono quei tessuti a diventare i preferiti dei regnanti di mezza Europa. Se ne innamorano anche alla Casa Bianca, dove alcuni drappi sono ancora presenti. L’utopia del «despota illuminato» creò qualcosa di unico. La sua idea di mettere in un unico luogo produzione, competenze e formazione, basate sulla parità dei rapporti umani e sulla ricerca dell’eccellenza in un campo specifico fecero la fortuna di San Leucio e dei suoi artigiani. Innovazione continua, in ecosistemi chiusi. Quello che è stato fatto anche a Capodimonte con la porcellana, o a Portici. Un modello che qui ricordano bene e al quale è stato dedicato un intero panel di spiegazione mentre i giudici votavano i progetti.
I primi tre premiati, due su tre sul food
I premiati. Lo Startup Weekend lo ha vinto Regina Polpetta, che vuole creare una catena di negozi di polpette fatte come quelle delle nonne. Per convincere giuria e pubblico hanno pensato bene di servire alla sala una prova di quello che venderebbero ai clienti. Porta a casa 1000 euro da spendere in un Talent Garden. Il secondo posto è andato a MyWine che ha elaborato un sistema di tracciabilità del vino basato su QRcode. Niente assaggio qui. Il terzo a Splosh, un Aibnb delle lavatrici.